SBK, così si spegne come una candela
Le gare di Portimao svolte nel distacco generale di media e appassionati. SBK: i motivi di una crisi.
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Rea fa la differenza (i risultati del suo compagno di squadra Sykes lo dimostrano), evidentemente non ha rivali in grado di contrastarlo. Non si può “accusare” il nordirlandese per essere… troppo bravo, comunque una spanna sopra gli altri piloti in Sbk. Kawasaki è oggi l’unica Casa impegnata al 100% in questo mondiale. Ci prova la Ducati, ma lavorare su due fronti (Motomondiale e Sbk) non pare produca sinergie vincenti. Nel 2019 non sarà facile rendere subito competitivo e vincente il nuovo V4 della Rossa.
Aprilia ha scelto (fin qui con scarsi risultati) la MotoGP, restando in Sbk per onore di firma, addirittura indecisa se mollare tutto a fine stagione. Idem, più o meno, la MV Agusta. BMW fa finta di correre. Honda pure. Yamaha pare insistere, pur se con alterne fortuna e convinzione. Per alcune Case c’è una questione di budget. Per altre una questione di priorità. In questo quadro da “addio alle armi” il mercato delle supersportive non aiuta, anzi – in forte crisi – spinge le Case al disimpegno, se non al forfait.
C’è anche il tema piloti: la Sbk è vista e considerata quale “cimitero degli elefanti” o, comunque, una scelta di ripiego per chi non trova una sella in MotoGP. Manca anche il pilota-star e carismatico, un Valentino Rossi per intenderci, capace di allargare il perimetro stretto degli appassionati. Qui siamo. La Sbk non ha più una propria “identità”, non è più – insomma – né carne né pesce. Nè una MotoGP per … “poveri”, nè una vera derivata di serie. Un “ibrido”, appunto.
Il “vero” motociclista non riconosce più la “sua” moto come ai bei tempi quando il lunedì poteva correre in concessionaria e acquistare la moto che aveva vinto in circuito il giorno prima. E’ venuto a mancare il rapporto diretto dell’utente con la moto e la marca. Tanto meno c’è il rapporto di chi –poco interessato alle nostre corse – sta davanti alla Tv chiedendosi se… Rossi corre.
Dorna (il promoter – di fatto il padrone – del mondiale Sbk, del Motomondiale, del Cev) pare poco interessata a prendere il toro per le corna, limitandosi a modifiche regolamentari – palliativi spesso dal sapore di beffa – che non hanno di fatto frenato la malattia, giunta a uno stato di gravità non curabile con l’aspirina.
Adesso serve il bisturi. Non è chiaro se Dorna non intende usarlo per disorientamento sulla via da prendere o se perché a patron Ezpeleta&C va bene così, interessati a rendere il mondiale Sbk un campionato “minore” per lasciare nel firmamento iridato solo la MotoGP, l’unica stella che brilla al centro, la gallina dalle uova d’oro. Fatto sta che la Sbk, così, brucia le sue ultime risorse e si spegne come una candela.
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