Amarcord: Ducati Scrambler

Sbarcato in Europa alla fine degli anni Sessanta, lo Scrambler Ducati venne realizzato per il mercato americano

Di Lorenzo Rinaldi
Pubblicato il 6 mar 2013
Amarcord: Ducati Scrambler


Da un po’ di anni sta tornando di moda il fenomeno delle scrambler (dall’inglese "to scamble", mischiare), moto che, a differenza delle enduro professionali, non sono nate esclusivamente per il fuoristrada, ma presentano elementi che le consentono di percorrere anche alcuni tratti non asfaltati. Questo fenomeno nacque negli Stati Uniti verso la seconda metà degli anni Cinquanta, spinta dallo spirito di libertà e indipendenza dei giovani dell’epoca, che cercavano un mezzo per il tempo libero, che fosse fruibile non solo sulle strade asfaltate. All’inizio si trattava più che altro di trasformare modelli da strada con piccolo accorgimenti.

Ducati anticipò tutti già nel 1960 quando per soddisfare il mercato americano, su richiesta dell’importatore Berliner Motor Corporation che domandava la realizzazione di una moto stradale ma adatta anche ad affrontare tratti sterrati, presentò un prototipo derivato dal modello Diana che venne messo in vendita due anni dopo, nel 1962. A dire il vero i primi Scrambler erano derivati dal modello Diana Mark 3 Super Sport e si dovette aspettare fino alla fine degli anni Sessanta per vedere i primi veri e propri modelli denominati Scrambler, e soprattutto vederli commercializzati in Italia.

Tralasciando i mercato americano dove, dopo la prima OHC 250, vennero commercializzate negli anni versioni differenti come la 125 (venduta anche in Italia), la 250 Road con pneumatici stradali, la 350 SSS (Street Sport Scrambler) o la Desmo R/T 450 (Road/Track), in Italia lo Scrambler fece il suo debutto nel 1968, con le versioni a “carter largo” e distribuzione desmodromica progettate da Fabio Taglioni nelle cilindrate 250 e 350, per poi arrivare a 450 nel 1969. Esteticamente si presentava nelle colorazioni arancio e giallo con cromature sui lati del serbatoio da 11 litri, parafanghi bassi in tinta con la carrozzeria, pneumatici moderatamente tassellati, manubrio largo e comoda sella a due posti.

La monocilindrica tuttofare Ducati nata per il mercato USA
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Il motore era un monocilindrico di 246,8 cc (340,23 sulla 350 e 436 sulla 450) alimentato da un carburatore Dell’Orto da 27mm (Amal 930 per la 350 e Dell’Orto VHB 29AB per la 450) con 25 CV a 9000 giri (27 CV a 7800 giri e altrettanti a 6500 giri rispettivamente per 350 e 450) e la velocità massima era di 120 km/h (130 e 135 per 350 e 450). Il cambio a 5 marce su tutte le versioni. La ciclistica era molto simile, con un telaio Simplex tubolare monotrave a culla aperta e forcella Marzocchi da 35 mm e cerchi da 3.00×19” e 3.40×19” sulla 250, mentre la 350 e la 450 utilizzavano l’accoppiata 3.50×19” e 4.00×18”.

Nel 1972 lo Scrambler subì un leggero restyling, che anticipava l’arrivo della seconda serie del 1973. Questa versione si riconosce esteticamente per la sella con cuciture a righe (prima era liscia), mentre dal punto di vista motoristico si segnala l’introduzione dell’accensione elettronica. Alla fine del ’73 venne presentata invece la seconda serie.

Rispetto alla prima serie aveva, oltre a nuove colorazioni, il fanale piatto cromato (invece che nero a goccia), la forcella senza soffietti, sulle 350 e 450 il freno anteriore Grimeca sempre a tamburo ma a doppia camma e quattro ganasce da 180 mm e con cavo sdoppiato, i cerchi Borrani in alluminio(sulla prima serie in acciaio), così come anche la piastra inferiore di sterzo in alluminio, la strumentazione Smiths (invece di CEV) e i fianchetti in vetroresina che sostituivano la borsa in similpelle della prima serie. Dal punto di vista motoristico, la seconda serie continuò ad adottare l’accensione elettronica Motoplat in luogo di quella a puntine e il filtro in carta invece di quello a reticella d’acciaio.

La monocilindrica tuttofare Ducati nata per il mercato USA
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Il Ducati Scrambler ebbe un certo successo in Europa. Complessivamente ne vennero prodotti circa 35.000 esemplari tra il ‘68 e il ’76 (qualcuno afferma 50.000, i dati come sempre non sono precisi). Anche se la produzione era cessata ufficialmente due anni prima, nel 1976 vennero assemblati gli ultimi 40 esemplari.

Oggi è piuttosto facile reperire uno Scrambler sul mercato dell’usato, difficile è invece trovarne un esemplare in ottimo stato. I primi modelli con accensione elettronica (fine prima serie) hanno dato parecchi problemi, tanto che la prassi tra i collezionisti è quella di sostituirla con la cara e vecchia accensione a puntine. Numerosi poi sono i “cloni” realizzati sulle più svariate basi, a dimostrazione del gradimento verso questo modello.

Tra le immagini che abbiamo trovato in rete, anche quelle splendide realizzate dallo studio francese di Tolosa Guerry & Prat di un modello Scrambler 350, mentre tra le sue apparizioni cinematografiche non si può non ricordare il mitico Altrimenti ci arrabbiamo e la scena della sfida in moto tra Bud Spencer, su un rarissimo Motozodiaco Tuareg, e Terence Hill su una Ossa 250 da regolarità, che si scontrano con gli ultimi due “cattivi” rimasti, entrambi su Ducati Scrambler, quella arancione sembra essere un fine prima serie, mentre la gialla è senza dubbio un seconda serie, riconoscibile dal faro cromato e dalla forcella senza soffietti.

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