Quella 200 Miglia di Imola fatale per Guido Paci

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 29 apr 2008
Quella 200 Miglia di Imola fatale per Guido Paci


Il drammatico incidente di sabato scorso a Magione che ha causato la morte del 24enne potentino Giovanni Olivieri ripropone il tema della sicurezza e più in generale del rischio delle corse motoristiche. La questione va affrontata a testa alta e senza ipocrisie.

Negli ultimi anni la sicurezza è enormemente aumentata (sui mezzi e sui tracciati) ma, purtroppo, gli incidenti non sono eliminabili. Restano una componente del motociclismo. Gli appassionati di Motoblog sono intervenuti sul tema criticando anche la decisione degli organizzatori (con i piloti concordi) di non sospendere e non rinviare la competizione.

Non è la prima volta che succede. Ma in altre occasioni, proprio nel rispetto e per onorare la memoria di chi era deceduto, almeno questo “strappo” era stato evitato. Motoblog rende ancora onore al giovane sfortunato caduto e si associa al dolore della famiglia e degli amici. E rispetta le opinioni dei lettori, sia di chi ritiene che in certi casi bisogna spegnere il motore e scendere dalla moto e chi dice che il miglior modo di porgere l’ultimo saluto è proseguire nella passione per la quale un altro collega e avversario ha perso la vita.

Gli uni e gli altri amano la moto, le corse e rispettano chi a Magione ha voluto prendere una decisione piuttosto che un’altra. Non correre è un segno simbolico. Ma può esserlo anche correre.

Il dilemma resta sempre lo stesso: “correre o non correre”. Non dopo un incidente. Sempre. E gli appassionati sanno bene qual è la risposta. In questo Amarcord vogliamo ricordare un pilota caduto nello stesso mese di aprile, ma di…25 anni fa. Sembra ieri. Quella radiosa giornata primaverile del 1983 all’autodromo di Imola in occasione della favolosa 200 Miglia per moto da Gran Premio di 750 cc.

Guido Paci
Guido Paci
Guido Paci

Il prologo tricolore del sabato aveva riportato alla vittoria Marco Lucchinelli. La 200 Miglia si correva come oggi la SBK, in due manche. 80 mila spettatori avevano salutato il successo nella corsa uno del marziano Kenny Roberts sulla formidabile quattro cilindri 2 tempi Yamaha.
I nostri Marco Lucchinelli, Franco Uncini e Guido Paci avevano dato spettacolo ma contro “King” Kenny non c’era niente da fare.

Seconda manche. Il californiano riprende la testa della corsa. Lucchinelli, Haslam, Uncini, Paci non intendono mollarlo. Al quarto giro Paci tenta l’impossibile per agguantare la seconda posizione. Perde il controllo della sua Honda nel curvone “Villeneuve” e ad altissima velocità sbatte contro le balle di paglia a protezione del guard rail.

Ai medici della Clinica Mobile si presenta subito una scena disperata. Tentano il miracolo. Ma la grande cavalcata terrena di Guido finisce lì, tra la folla ammutolita che dalla “Tosa” ha vissuto la tragedia. Chi scrive gli era amico ed era lì, in quel curvone più volte fatale.

Guido Paci
Guido Paci
Guido Paci

Guido Paci era un gentleman 33enne marchigiano trapiantato a Milano, con due baffi imponenti, rasato come Yul Brinner o il tenente Kojak, pilota dell’aeronautica militare, cercava emozioni e gloria con le moto da corsa. Nelle corse era entrato tardi, nel 1976. Nel 1979 fu campione italiano junior e nel 1981 era terminato undicesimo nel mondiale 500 (all’epoca correvano in 40, non in …18). Era un personaggio, conosciuto e ammirato come il pilota “privato” più veloce del mondo. Quel 1983 Yamaha e Honda si stavano interessando a Guido e sembrava oramai certo il suo ingresso in una delle due Case ufficiali.

Chiuse per sempre gli occhi fra le braccia della sua amata Helene, bellissima ed elegantissima donna tedesca. Una coppia inconfondibile, la più affascinante nel paddok del motomondiale di quei primi magici e tragici anni 80.

Non era il primo, Guido, a chiudere gli occhi in riva al Santerno. E, purtroppo, non è stato l’ultimo. Oggi il motociclismo è cambiato. Ma non la grande compagnia di ventura dei cavalieri del rischio.

foto | mucchioselvaggio

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