MotoGP Jerez, lezione trionfale del “maestrino” Pedrosa. E Marquez infilza Lorenzo
Fra dottori (Rossi), matadores (Marquez) e finisseur (Lorenzo), il “maestrino” Dani Pedrosa s’infila zitto zitto in cattedra concedendo sull’infido misto veloce di Jerez una lezione trionfale – un inequivocabile barba e capelli con shampoo - che entra nei manuali della storia del motomondiale.
Chi vince ha ragione e oggi è Pedrosa, superbo ghiaccio bollente nel domare la sua Honda imbufalita, a far inchinare tutti, nessuno escluso. Certo, il corpo a corpo con baionetta in canna e bomba a mano in bocca, è altrove, dove l’irriverente Marquez si inventa traiettorie, divora erba e scalini sui cordoli, gira col cuore in mano e lo sbatte letteralmente in faccia a Lorenzo, bruciandolo nell’ultima curva che vale molto di più di una incandescente piazza d’onore.
Tutto regolare? Sì, perfettamente dentro i canoni del motociclismo che ricorda quello de “ I giorni del coraggio”, quando era la pista – nel fuoco di duelli memorabili – a incoronare i migliori e non le chiacchiere perditempo dei salotti televisivi.
Jerez, terza tappa di un motomondiale certamente aperto a ogni prospettiva per la vittoria finale, restringe però il ventaglio dei papabili per il titolo: dall’auspicato poker d’assi si passa più realisticamente ai tre moschettieri (Pedrosa, Marquez, Lorenzo o viceversa), con Rossi outsider di lusso, ma non più di un outsider. I quasi nove secondi di gap (+8.914) su un tracciato “amico” come questo di Jerez possono illudere chi vive ancora di speranze, ma restano un muro invalicabile per una vittoria di là da venire. Lo smalto del nove campione del mondo non si cancella, ma là davanti, gli altri colpiscono duro, fanno un altro mestiere.
E il resto? Poco da dire. I sorrisi del box Ducati contrastano con la dura realtà dove le rosse di Borgo Panigale restano irrimediabilmente fuori gioco. Iannone ci prova ma si ritrova ancora nella polvere; Hayden, settimo, si prende il … lusso (+25.632!) di mettersi dietro Dovizioso (+41.881), il quale chiude il we peggio di come l’aveva aperto. Ad majora.