Garelli 90 anni fa: fra sommergibili e Raid
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Eh sì, è cambiato il mondo! Una volta nelle corse si faceva tutto (o quasi) in silenzio. Nessuna notizia. Poi esplodeva la bomba: Torna la Benelli, a Monza i bolidi di Ambrosini! Riecco la Gilera, una bomba sul Santerno! Si rivede una Guzzi nei Gran Premi! Solo per citare tre esempi (ma se ne potrebbero fare decine). Così succedeva, quando una Casa uscita di scena dalle corse, all’improvviso, a volte dopo molti anni, tornava in pista con nuovi mezzi. Insomma, vigeva una regola: prima i fatti, poi la notizia.
Adesso è l’opposto. Paolo Berlusconi e il nuovo management Garelli visitano il paddock del Mugello in occasione del recente GP d’Italia e via, subito a lanciare il gran ritorno della Garelli alle corse! Come se si trattasse di fare una pagnotta di pane. E’ la legge del marketing. Annunciare, guadagnare spazio, far parlare di sé. Poi si vedrà. Appunto.
Un fatto è certo: la Garelli fra pochi mesi compie 90 anni. Una storia esaltante anche se spesso altalenante, fra picchi elevati e dolorose cadute. In pista come sul mercato. Amarcord di questa settimana non vuole ripercorrere la storia della Casa lombarda. Ma rendere onore al suo fondatore, quell’ingegner Adalberto Garelli, dipendente FIAT prima dello scoppio della Grande Guerra 1915-’18 nella divisione motori marini, impegnato nei motori dei … sommergibili.
Che c’azzecca con le moto, direte voi! I sommergibili non navigano sempre sott’acqua ma anche in superficie. In quel caso, 90 anni fa, non venivano mossi da motori ausiliari ma da grossi motori due tempi con due cilindri contrapposti. Motori abbastanza robusti, affidabili, silenziosi.
Da lì partì il progetto dell’Ing. Garelli, disegnando e realizzando un “2 T” bicilindrico, una mini copia dei grossi propulsori dei sommergibili, da applicare a una motocicletta. Non che all’epoca non ci fossero motori di moto a 2 tempi (su tutti brillava il monocilindrico inglese Villiers). Però i difetti superavano i pregi: problemi di accensione per la miscela ad altissima percentuale d’olio, minor potenza rispetto al 4 tempi, alti consumi ecc.
Il colpo di genio di Garelli, dopo studi e prove fatti rigorosamente in gran segreto e da solo, fu di realizzare un motore (prima di 500cc e poi portato a 350cc) a 2 tempi con due cilindri separati e camera di scoppio unica (biella singola e corta con un lungo spinotto di collegamento alla base dei due pistoni in acciaio al nickel-cromo). In pratica fece ruotare di 180° uno dei due lunghi cilindri contrapposti (alesaggio e corsa 50x89mm, cilindrata unitaria 174,6 cc, complessiva 349,2 cc) affiancandolo sull’albero motore trasversale.
I due pistoni si muovevano ovviamente in contemporanea. C’era un solo carburatore (miscela sul 20 per cento!). Trasmissione primaria ad ingranaggi, frizione a dischi multipli, cambio in blocco a due velocità con comando a mano con leva. Telaio in tubi, a culla aperta, rigido dietro, forcella a parallelogramma deformabile con doppie molle laterali. Ruota anteriore senza freno e quella dietro con freno a espansione con ceppi incrociati e doppia camma con comandi a pedale. Il motore dava sui 10 Cv. La moto completa pesava i 100 kg, snella, morigerata: con un litro di miscela riuscì a percorrere … 70 km!
Il primo motore e la prima moto furono realizzati proprio nel periodo bellico ma il debutto avvenne solo nell’ottobre 1919 (con lo slogan “la moto senza valvole”) nel primo raid Milano-Napoli di 865 Km, una corsa disegnata dal “diavolo”, massacrante, con 29 partecipanti disposti a tutto.
Fu una avventura senza precedenti, segnò un’epoca, nacque un’epopea, i corridori furono innalzati a guisa di eroi. Strade polverose o fangose, segnaletica inesistente, moto con telaio rigido, senza illuminazione, piloti lasciati in balìa degli eventi, a caccia di pezzi di ricambio, di cibo, con cadute continue, gente dispersa, moto rotte.
Al loro passaggio, i preti alzavano il crocefisso al cielo, i bambini gridavano, le donne piangevano, i contadini imprecavano, i cani inseguivano i malcapitati centauri. Altro che Parigi-Dakar! Tagliarono il traguardo in cinque. Ma nessuno di loro sapeva dov’era e tanto meno la posizione in classifica.
Fu il trionfo per la piccola, inedita Garelli, condotta alla vittoria da Ettore Girardi, corridore preso all’ultimo momento per sostituirne un altro che diede forfait poco prima della partenza. Girardi era lì, fu “convinto” con la promessa che alla fine gli avrebbero regalato la moto .. in caso di vittoria. Coriaceo meccanico padovano, collaudatore nei reparti motorizzati dell’esercito,
Girardi fece il segno della croce e scomparve senza sapere dove andava. Guadò persino fiumi. Perse gli occhialoni, arrivò gonfio in viso, con gli occhi che sembrava un pugile. Ruzzolò almeno una decina di volte. Aveva alcune costole fratturate. Alla fine non credette di aver tagliato il traguardo. Non voleva spegnare il motore. O il motore non ne voleva sapere di spegnersi. Poi svenne. Stramazzò al suolo, alzando un nugolo di polvere. E si pensò al peggio.
Lo sdraiarono sulla panca di una chiesa. Il parroco benedì tutti e suonò le campane. Il campione rinvenne, addentò pane e formaggio, si attaccò a una bottiglia di vino. E fa gran festa. L’Ing Garelli e il suo pilota piansero a lungo. Girardi dedicò la vittoria alla … Patria! Il premio? Una stretta di mano e una pergamena. E la moto. Poi il racconto del pilota, come la traccia di un film: più volte cadde, più volte perdette la strada, più volte rimise in sesto il motore che non ne voleva più.
Vinse, dopo 865 chilometri di inferno, con il tempo di 21 ore, 56 minuti, 2 secondi alla bella media di Kmh … 38,296! Il nome Garelli passò di bocca in bocca, valicò le Alpi, percorse l’Europa, sbarcò in America.
Poi arriverà, due anni dopo, da Sesto San Giovanni, la vera prima Garelli 350 da corsa, arriverà un grande campione come il ticinese Ernesto Gnesa, spunterà gente del calibro di Tazio Nuvolari e Achille Varzi. Volerà la Garelli, trionfo dopo trionfo, in Italia e in Europa, gare e record mondiali. Infine la luce si spense.
Si riaccenderà più avanti, molti anni dopo. Toccherà, negli anni 80, alle bicilindriche 125, con nuovi successi e nuovi titoli iridati. E’ un’altra storia. Un filo spezzato. Chi saprà riannodarlo?
foto | Wikipedia
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