Monza: tempio della velocità o cattedrale nel deserto?

Parcheggi insufficienti e allagati, pochi servizi e prezzi alti sia per il pubblico che per gli addetti ai lavori. E le tribune sono semivuote.

Di Francesco
Pubblicato il 13 mag 2013
Monza: tempio della velocità o cattedrale nel deserto?

Quella che vedete nell’immagine è la tribuna prospiciente al rettilineo dell’Autodromo di Monza, scattata dalla sala stampa mentre si correva la prima delle manche (vinta da Marco Melandri su BMW) del 4° round del Mondiale Superbike. Nonostante splendesse un bel sole non si può certo dire che folle oceaniche abbiano assaltato il circuito. Colpa della crisi, sicuramente.

Ma l’impressione generale, lo scorso week end, è anche quella di una macchina organizzativa ferruginosa e nonostante lo spettacolo offerto in pista (in tutte le categorie) sia stato di altissimo livello, le debolezze e le carenze a livello di servizi erano evidenti. Il diario della nostra epopea parte ovviamente dal raggiungimento del circuito, con partenza all’alba da Milano per farsi accreditare e non rimanere imbottigliati nel traffico. A causa della pioggia caduta abbondantemente il venerdì i parcheggi si erano trasformati in paludi da guadare con cautela (eppure il nubifragio dell’anno scorso avrebbe potuto essere d’avvertimento) e in parecchi si lottava per cercare un posto vicino alla strada, onde evitare di rimanere impantanati.

Arrivati in sala stampa la gradita sorpresa del solito dazio per usufruire del collegamento wii fii (che sabato talvolta si bloccava): 40 euro per il week end, quando ad esempio nel Mondiale Motocross è sempre gratuito. La situazione pass era il solito caleidoscopio cromatico da decifrare e nel quale siamo rimasti impelagati: lex ignorantia non excusat, avremmo dovuto richiedere (ci è stato detto) molto prima pass migliori, che ci consentissero di scendere nei box (cosa che poi abbiamo comunque fatto grazie alla cortesia del team Aprilia), di assistere alla Superpole, o di scendere in corsia box a scattare foto del podio.

Per quanto riguarda le altre “facilities” la situazione rispecchiava lo stato del paese: servizi igienici piuttosto scarsi, pochi bar e punti di ristoro, quasi tutti all’esterno del paddock. L’unico bar all’interno dell’edificio domenica all’ora di pranzo è stato utilizzato per un pranzo privato e quindi l’unica possibilità di conquistare qualcosa di commestibile è stata uscire e lottare, con una conseguente e immaginabile perdita di tempo. A fine giornata, sia sabato che domenica, dopo aver guadato nuovamente la palude, tutti insieme appassionatamente in un’unica coda per il ritorno a casa.

Questo non vuol essere lo sfogo puntiglioso di chi ha la pretesa di essere trattato da “Vip” solo perché accreditato come stampa: semplicemente chi come noi offre un servizio che cerca di essere immediato e a puntuale al pubblico vorrebbe essere messo nelle condizioni di non dover investire metà del week end di gare a risolvere problemi banali quali trovare una bottiglietta d’acqua (un “boccione” presente in tutta la sala stampa che una volta terminato veniva poi sostituito non proprio celermente) oppure esibirsi in acrobazie per scattare una foto a Melandri che alza il trofeo.

Per quanto riguarda il pubblico la situazione deve essere stata, come sempre, peggiore: solite scene di accampamenti improvvisati, persone alla disperata ricerca di un francobollo d’ombra sull’asfalto del Village, code per prendere un panino, code per il bagno, mancanza di maxi-schermi nei punti strategici cui i più ingegnosi hanno sopperito guardando le gare sugli smartphone e magari all’uscita trovare il finestrino dell’auto infranto da un ladro (ieri sono state almeno dieci le auto rapinate, secondo un quotidiano locale).

Il Tempio della velocità è un circuito fenomenale, dalla tradizione quasi secolare: sul tracciato di Monza sono state scritte alcune delle pagine più emozionanti degli sport a motore. Ma a un passo dalla pista la situazione è ben diversa e questo rischia di essere l’ultimo anno di SBK all’Autodromo.

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