SBK: due o tre cose su Max Biaggi
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Se chi vince ha sempre ragione, non c’è dubbio che l’ottavo round della Sbk di Misano mette i due vincitori di gara 1 e gara 2, Neukirchner e Xaus, sopra tutti gli altri. Perché no? Il tedesco e lo spagnolo, piloti completamente diversi fra loro, hanno centrato due splendide vittorie, meritandole ampiamente dopo corse alla baionetta.
Abbiamo già detto in altre occasioni, che la sfortuna altrui, quando c’è, non può essere messa sul conto del … fortunato. Ma capita a volte che il “protagonista” di una gara non sia necessariamente chi taglia per primo il traguardo. La corsa al Santamonica, in caso di ennesima piega storta, avrebbe rappresentato la classica goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso. Ci riferiamo a Max Biaggi.
Martellato dalla sfortuna, coinvolto suo malgrado in una spirale di sterili e malefiche polemiche, il campione romano da mesi sembrava via via perdere lo smalto e le motivazioni per dare battaglia e lottare per il podio. Max era oramai a un passo dalla spirale che trasforma un campione in un comprimario.
Ma anche i più incalliti detrattori del quattro volte campione del Mondo o i più distratti “appassionati” di corse non potranno non ammettere che uno come Biaggi lascia il segno, non è una meteora, è un pilota carismatico di altissimo livello, sempre ai vertici da parecchi lustri. E’ quella particolarità che prende il nome di “classe”, che fa la differenza fra un buon pilota e un campione.
Nella storia del motociclismo, chi ha vinto diversi titoli mondiali (quattro sono un buon bottino) è stato un campione. E, a costo di gettare benzina sul fuoco, la storia dice che ci sono stati titoli “facili” nella classe regina e difficili nelle altre cilindrate, anche nella 125 e nella 50. Perché non è la stessa cosa avere come avversari grandi piloti o piloti di medio/basso livello.
Ecco, Biaggi a Misano non è stato travolto dagli eventi. Non ha consentito, in pista, che la goccia traboccasse e che per lui si aprisse inesorabile il viale del tramonto, appendendo a fine anno il casco al chiodo. Addirittura falciato (cose che capitano) dal numero due della Ducati “factory” in gara 1, Max ha saputo rialzare la testa, dimostrando in gara 2 di non essere un corridore finito. Anzi! Parafrasando il grido che s’ode in tv per la MotoGP: Biaggi c’è! Sì, Biaggi c’è.
Si può spaccare il capello se la sua moto è all’altezza o no delle Ducati “factory”, se il suo passo è costante o meno, se la sua zampata vincente s’è appannata: di tutto si può discutere ma non che Biaggi sia un “inciampo” in mezzo alla pista.E chi scrive, ne ha visti di piloti, anche campioni, diventati in pista, fastidiosi birilli, patetiche controfigure di se stessi.
Biaggi non è ancora il Biaggi degli acuti delle giornate di gloria. Forse quegli acuti il “corsaro”, come un tenore in discesa, non è più in grado di farli. Ma Pavarotti era sempre Pavarotti, meritandosi l’applauso anche nella stecca. Comunque richiamando sempre il rispetto.
E ieri Max ha ritrovato se stesso, meritandosi il rispetto. Tutto qui. Niente di eroico. Niente di storico. Ma degno di un campione. Anche i suoi non tifosi dovrebbero rendergli onore. Perchè Biaggi è una risorsa. Per la Ducati e per il motociclismo.
Come i valori genuini, il “corsaro” è “delicato”, va maneggiato con cura. Poi ricambia ciò che riceve. Spesso anche con gli interessi. La verità è che Biaggi è ancora oggi uno dei pochi piloti che in pista non teme nessuno.
Presto, molto presto, forse già a Brno, Max potrebbe regalare ai suoi tifosi, alla Sterilgarda, alla Ducati, al motociclismo italiano, una gara capolavoro riallacciandosi ai suoi grandi acuti di un tempo che pare l’altro ieri, ma è solamente ieri.
Perché non concedere a Max quella fiducia che viene concessa a chi non ha mai vinto niente di “pesante”? In fondo si tratta di aspettare ancora un po’. La classe non è acqua. E’ l’acqua che non diventa vino.