Test Gibernau-Ducati al Mugello : the day after
Con i dati a disposizione, non è facile fare una analisi approfondita e completa sui tanto attesi test (a porte chiuse) di Gibernau al Mugello con la Ducati factory.
Prima considerazione. C’è un elemento significativo che sembra emergere: non è vero ciò che da mesi si pensa, si dice e si scrive. Non è vero cioè che la Desmosedici è uno moto inguidabile per tutti, tranne che per Stoner. Non è vero che la D16 è fatta solo per Casey e che solo lui può renderla competitiva. Anche se chi scrive queste note resta convinto che difficilmente oggi un altro pilota riesca a portare così al limite la rossa e raggiungere le performances dell’australiano.
Comunque, in condizioni non ottimali per la lunga assenza dalla guida di una MotoGP e su un circuito difficile e completo, Gibernau ha dimostrato di poter girare su tempi di rilievo: 1.50”5 sul giro veloce e 1.51 basso sul passo. Ovviamente sulla GP8 e con gomme da gara. Tempi che, lavorando ancora sui settaggi e migliorando il feeling, possono scendere.
Per la cronaca ricordiamo i tempi di Stoner nel recente GP d’Italia: 1.48”.375 in qualifica e 1.50”364 nelle FP3. I tempi di Melandri: 1.50”465 in qualifica e 1.52”419 nelle FP3.
Va fatto notare che da allora la rossa di Borgo Panigale è migliorata, per le note modifiche al software ecc. Miglioramenti significativi che, su un tracciato come quello toscano, sembrano poter far abbassare il tempo sul giro di almeno un secondo .
Le corse non si fanno con i se. Però si può pensare che con questi parametri, se ad Assen ci fosse stato Gibernau al posto di Melandri, Rossi non avrebbe potuto raggiungere e scavalcare la seconda Ducati. Non è un dato di poco conto. Perché se così fosse, (non solo per Assen, ovvio) la classifica iridata sarebbe diversa, più ben più favorevole per Stoner e soprattutto per la Casa bolognese.
La Ducati (e anche Gibernau) escono quindi dal Mugello con il sorriso. Spiace, sia umanamente che sportivamente, per Melandri, che a questo punto non può che prendere atto di questo nuovo “verdetto”. Marco non si è mai “incontrato” con la D16 (non si è solo perso nei settaggi) e si è smarrito gara dopo gara, diventando l’ombra di se stesso, con prestazioni e risultati non degni di un pilota che è stato campione del Mondo.
Ci auguriamo che Suppo abbia ragione nel dire che il test di Sete “sia di stimolo per Marco”. Ma temiamo invece che il test dello spagnolo sia il colpo di grazia (in questa delicata fase) per il pilota ravennate, cui non servono altre due gare da “via crucis”.
La seconda considerazione. Non è vero che, (pur con l’avvento sempre più “invasivo” di elettronica, gomme super e preziosità tecniche e tecnologiche) il pilota non conta. Le
MotoGP di oggi sono per un verso più facili da guidare (Tc ecc.) ma allo stesso più difficili da portare al limite, tant’è che spesso, anche gli “dei” cadono.
Ma nel motociclismo è sempre stato così, fin dai tempi di Nuvolari. C’è sempre stato il pilota che ha saputo interpretare il nuovo e adattarsi, e chi no. Ogni epoca ha avuto le sue tecnologie. E sempre sono seguite le stesse polemiche di oggi. Ma sempre sono sempre emersi i piloti migliori.
Terza considerazione. Dispiace davvero che il “nodo” Melandri-Ducati non si sciolga ancora solo per questioni economiche, cioè contrattuali, cioè legali. Soldi. Le due parti (e i relativi supporters: avvocati, managers, sponsor, amici ecc.) tirano la corda per cercare di perdere meno possibile e guadagnare il più possibile. Il rischio è che entrambi perdano anche la faccia. E quindi il rispetto e la dignità, valori più difficili da raggiungere e mantenere di un titolo mondiale.
Andando avanti così la Ducati, pur con il grande sforzo di Stoner, rischia di perdere il mondiale e Melandri di “sputtanarsi” completamente. In mezzo a questo ginepraio, dove di sport non c’è niente, c’è solo da auspicare un guizzo del “buon senso”. C’è chi giura che il “miracolo” è vicino: già dal Sachsenring!