Pasolini e Saarinen sempre con noi! A 40 anni dalla tragedia di Monza

In 65 anni di motomondiale (tralasciando le corse non iridate dei decenni precedenti al 1949) il calendario è stato più volte listato a lutto per le tragedie di uno sport affascinante quanto implacabile. Quella di 40 anni fa, esattamente il 20 maggio 1973, è una data indimenticabile, fra le più tristi del motociclismo.

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 20 mag 2013
Pasolini e Saarinen sempre con noi! A 40 anni dalla tragedia di Monza

Alle 15,31 di una calda giornata primaverile sull’autodromo di Monza, il “tempio della velocità”, scende la cappa della tragedia e una grande festa si trasforma in una terribile catastrofe. In un sol colpo, in pochi attimi, causa una spaventosa caduta dopo la partenza, alla “curva grande” – 14 piloti coinvolti – il motociclismo precipita nel dramma, perdendo Renzo Pasolini (35 anni) e Jarno Saarinen (28 anni), due fra i piloti più forti e amati di tutti i tempi.

A chi scrive queste note, all’epoca inviato di un quotidiano nazionale, la scena si ripresenta come allora, inesorabile. Silenzio assoluto. S’abbassa la bandiera a scacchi e un sibilo fuso in un boato, scuote l’aria. Il gruppone della 250 GP giunge compatto alla fine del rettifilo, a manetta. Settecento metri di lancio con partenza da fermo spingono i bolidi a oltre 200 kmh all’ingresso del curvone. Il serpentone punta sul bordo di sinistra, poi “vira” tutto sulla destra per tagliare la curva e “risalire” ancora a sinistra. Mi passano a pochi metri, gomito a terra, a velocità incredibile. Da dietro, lo spettacolo è superbo. Il cuore da appassionato impazzisce. La scena toglie il respiro. Poi un attimo lungo una vita.

Sgomento. Assisti impietrito e impotente. Come una grande orchestra cui in pochi millesimi uno ad uno vengono “spenti” gli strumenti. Un filmato scolorito e senza più audio. Scene fuori dal tempo che svaniscono in uno spazio senza più confini. Sull’asfalto è una danza impazzita di ruote, pezzi di moto, tute nere che volano come birilli. Cala, fino a spegnersi, l’intensità della melodia. E rimbombano stridori, tonfi, lamenti e grida di disperazione. Sale un fumo cupo, denso, presagio di morte. Il fuoco delle balle di paglia corre lungo la lama del guard-rail assassino. La “vecchia signora” incassa il suo credito e copre l’autodromo con il suo manto di lutto. A piedi, molti piloti, chi indenne chi zoppicante e sanguinante, tornano indietro, verso i box. Tutti piangono. Tutti scuotono la testa. La tragedia si è consumata. Non vogliamo ripetere qui quanto scritto più volte sulla dinamica dell’incidente e sulle cause dell’accaduto. Rivediamo ancora il papà di Renzo, Massimo, in attesa impietrito davanti al pronto soccorso dell’autodromo. Così come la bella e pallida Soili, moglie di Jarno, chiusa nella sua disperazione.

Scrivemmo tempo fa su Motoblog: “Renzo, l’antidivo dal sorriso mesto sotto gli occhialoni da tartaruga e Jarno, funambolo sul ghiaccio, ingegnere meccanico e titolare di una azienda di pompe funebri a Turku, il più forte pilota degli anni ’70, se ne andavano così. Per amore di quel motociclismo che divorava i suoi figli migliori. Per l’insipienza e l’arroganza di chi quello sport dirigeva”. Chi erano Pasolini e Saarinen?

Nato a Rimini il 18 luglio 1938, sposato e con due figli, l’occhialuto (dalla visiera gialla) campione romagnolo dai lunghi capelli scompigliati, con la sigaretta appiccicata in bocca, figlio d’arte (papà Massimo fu anche recordman mondiale con l’Aermacchi), ex pugile ed ex motocrossista di livello, dal 1964, in 10 anni di carriera fra i seniores, era diventato uno dei protagonisti assoluti del motociclismo, l’antagonista di Giacomo Agostini.

Chi, come l’estensore di queste note, ha seguito da vicino quella fase affascinante e travagliata delle corse, non può avere dubbi sulle qualità tecnico-agonistiche (oltre che umane) di Renzo, campione a tutto tondo, umile, pacato, dal sorriso mite e ironico, rispettoso fuori dalle piste quanto irruento e indomabile in corsa, capace di inventarsi una staccata impossibile all’ultima curva per andare a vincere una gara già persa. Dopo l’apprendistato positivo con l’Aermacchi monocilindrica di 250 e 350 cc è con la Benelli che Renzo – chiamato a sostituire a fine 1966 l’infortunato “big” Tarquinio Provini – diventa il “Paso”, piegando Agostini e la Mv Agusta addirittura al debutto nella chiusura tricolore di Vallelunga con la inedita 500 4 cilindri pesarese e concedendo il bis nella successiva rivincita di Modena, prima tricolore internazionale del 1967.

Da lì le indimenticabili sfide Ago-Paso diventano epopea, infiammando e dividendo le tifoserie che affollano ovunque i circuiti. I titoli iridati contano e pesano, ma in questo caso, se da una parte dimostrano la statura di un fuoriclasse come Agostini, dall’altra non collocano Pasolini dove dovrebbe stare, cioè nell’olimpo dei grandi di questo sport, anche statisticamente, nell’albo d’oro. Pasolini, pilota e uomo indimenticabile, resta vivo nel cuore degli sportivi. Voleva vincere il mondiale (sarà “solo” secondo con la Benelli nel mondiale 350 del 1968, ancora vice iridato della 250 con l’HD nel 1972 e ne mancherà altri solo per sfortuna) e non mollava. Poi Monza.

Era laureato in ingegneria meccanica e mandava avanti un’azienda di pompe funebri, Jarno Saarinen, finlandese di Turku, classe 1945. Amava le corse su ghiaccio e poi fu preso dalla passione della velocità e dal motomondiale che gli permetteva, da pilota, di girare il mondo. Ma voleva diventare “vecchio” in fretta, per progettare motori da corsa, godersi la famiglia. Il destino ha voluto diversamente.

Jarno è stato un pilota inconfondibile, unico nella messa a punto, temerario in corsa, un fuoriclasse. Ma solo una meteora, pur se immortale nel firmamento del motociclismo.
Non raccolse quanto avrebbe meritato perché non ne ebbe il tempo. Biondo, con gli occhi sempre in cerca di meraviglie, agile come un felino, Jarno rimase sempre un ragazzo alla mano, disponibile, aperto, col sorriso luminoso. Era il tipico corridore del Continental Circus, “zingaro” della moto. Furgone (con branda per la notte), poi in roulotte, due Yamaha bicilindriche 250 e 350 2 T private, la bellissima biondissima dolcissima moglie Soili in qualità di manager, meccanico, cronometrista, cuoca, tuttofare.Era lei che alla partenza gli teneva l’ombrello quando pioveva. Era lei che gli reggeva la moto quando Jarno cambiava le due candele del motore. Era lei che saliva con il marito sul podio. “Senza Soli – ripeteva Jarno – sarei come Sansone senza capelli”.

Arrivò così, povero in canna, nel “mondiale” del 1969, debuttando con un quarto posto al Salzburgring (52 corridori al via!) nella quarto di litro. Come non notarlo?
Antesignano per lo stile di guida “tutto avanti, tutto dentro, gambe aperte nei curvoni, manubrio inclinatissimo”, per come lasciava scivolare e svirgolare la moto, per l’irruenza al di là di ogni regola. Inventava il sorpasso, il percorso, l’attacco decisivo, conquistando le folle, ovunque nel mondo.

Se il punto di riferimento è Giacomo Agostini, Saarinen incontrò “tardi” il pilota italiano, nel 1971. Quell’anno il finlandese della Yamaha factory battè il campionissimo della MV Agusta solo a Brno e a Monza, arrivando tre volte secondo e due volte terzo e vincendo anche la 250 a Jarama. Nel 1972 la musica cambia, con Jarno cinque volte sul gradino più alto del podio (Nurburgring 350, Clermont Ferrant 350, Brno 350, e la mitica tripletta a Pesaro Villa Fastiggi 350 e 500 con la nuova Benelli 4 cilindri 4 T e 250 Yamaha), tre volte secondo (Assen 350, Anderstorp 350), tre volte terzo (Modena 350, Imola 350, Imatra 350), una volta quarto (Salzburgring 350), due ritiri (Abbazia e Sachsenring).

Poi subito l’epilogo assassino, nel 1973, con Jarno dominatore con cinque vittorie consecutive (Modena 350, Le Castellet 500, Salzburgring 500 e soprattutto al Nurburgring dove piegò Ago dopo una straordinaria rimonta ),oltre i due ritiri quando stava comandando la 500 a Imola e a Hockenheim. Prima del tragico rogo di Monza stava dominando nelle classi 250 e 500 pregustando oramai la conquista dei due nuovi titoli iridati.

Sembra davvero ieri. E sono invece passati 40 anni da quel 20 maggio 1973. Definire Renzo Pasolini e Jarno Saarinen “leggende” del motociclismo è semplicemente verità.

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