Su la visiera: Michel Fabrizio, l'uragano si è abbattuto sulla Superbike
La differenza tra un pilota qualunque ed un vero campione? Il primo si limita a correre, a difendersi, il secondo non subisce la gara, la modella, la plasma, la piega al suo volere. Campioni non si diventa, si nasce. E’ uno stato mentale che si ha nel DNA e del quale ti rendi conto fin dai primi anni dell’infanzia.
Quando resti da solo in camera per giorni a studiare i segreti dei tuoi idoli sportivi, quando giochi col pallone sotto casa e sei disposto a prolungare la partita oltre il tramonto pur di ribaltare il risultato. Quando cresci e invecchi, la musica non cambia. Se per una volta perdi una birra a scopone scientifico, esci dal bar bestemmiando con in mano il bignami del perfetto giocatore di carte.
Se nasce una disputa sulla nazionalità di Doohan, tu hai ragione anche se sostieni che il mitico Mick è di Cerignola. Perchè è così, punto e basta. Le parole “sconfitta”, “resa”, non esistono e se esistessero dovrebbero essere eliminate definitivamente dal vocabolario. Bene, questo era Carl Fogarty, questo è Valentino Rossi, questo è Michel Fabrizio. Accostamento scomodo? Sicuramente.
Ma qui stiamo parlando di testa, di attitudine. Michel, fin dalle sue prime gare internazionali ha dimostrato una freddezza, una lucidità fuori dal comune. Un titolo Superstock 1000 a 19 anni strappato con i denti dalle fauci del più “anziano” ed esperto Lorenzo Lanzi.
Pochi mesi dopo un esordio in MotoGP su una WCM che è riuscito a portare a punti in svariate occasioni. Nessun timore reverenziale nei confronti dei mostri sacri. Michel lotta, conquista bei piazzamenti, scruta, memorizza, impara. Una piccola pausa prima della Supersport. Un anno ricco di podi che lo prepara al salto di categoria.
Due stagioni con il Team DFXtreme (5 podi) poi qualcuno lo nota in Ducati. Quel ragazzino deve aver fatto colpo ai piani alti di Borgo Panigale, ma anche in quelli “bassi”, nei box per essere precisi. Troy Bayliss lo stima, lo guida, gli insegna i segreti della 1098 F08.
Michel segue il maestro, da il 110%, migliora giorno dopo giorno nell’interpretazione della Superpole e nella partenza, due sue vecchie lacune. Ancora non è al meglio a causa di un problema all’avambraccio destro, ma nonostante tutto conquista un terzo posto a Phillip Island.
L’intervento chirurgico di fasciotomia rallenta inizialmente il lavoro di Uragano Mich, ma alla lunga lo rilancia tra i top rider delle derivate. Doppio podio al Miller Motorsports Park, qualche buon risultato per giungere allo spettacolo di Brno.
Fabrizio ama il tracciato della Repubblica Ceca e lo dimostra sin dalle prime tornate. Che davanti ci sia Kiyonari, Biaggi o Haga, per lui non fa differenza. Il romano è un martello pneumatico. Punta, attacca e passa. In gara 1 supera nelle battute finali Biaggi, in gara 2 fa segnare il record della pista a pochi chilometri dalla bandiera a scacchi e di nuovo sorpasso su Max che gli vale il secondo gradino del podio.
“Bisognerà farlo partire con gomme usate” – dichiarerà Chili. Mich è felice, forse come mai lo era stato nella sua giovane carriera sportiva, ma ancora più emozionato sembra quel Davide Tardozzi che su di lui ha scommesso: “Michel è un pilota umile che sta crescendo e ci sta regalando grandi soddisfazioni. Quando lo abbiamo preso ci credevamo veramente, sapevamo che avrebbe potuto fare un buon lavoro e adesso puntiamo su di lui.”
Una rivelazione? Uno scoop? Il contratto del capitolino scade a fine anno, poi si vedrà. Ancora cinque round, dieci manches per portare a casa qualche buon risultato e chissà, una bella vittoria, magari a Campagnano nella sua Vallelunga.
L’Uragano Mich si è abbattuto sulla Superbike, fermarlo sarà un’impresa davvero ardua…