E Rossi passa all'incasso. Ma il futuro è di Stoner

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 1 set 2008

Se, anche nel motociclismo, chi vince ha sempre ragione, il discorso è già chiuso. Ha ragione Valentino Rossi. Non tanto per la straordinaria carriera (con sette titoli mondiali vinti e l’ottavo ipotecato e con 68 centri iridati nella massima cilindrata, come il mitico Giacomo Agostini) ma più semplicemente riferito all’attualità: specificatamente a questo campionato 2008 e al trittico delle ultime gare di Laguna Seca, Brno, Misano.

Senza tanto girarci attorno è successo che Rossi e la Yamaha sono stati capaci di invertire una situazione tornando ad essere vincenti dopo una fase difficile che li aveva sfibrati e portati al limite del disorientamento.

In certi casi la sfortuna altrui aiuta ma può non bastare. In questo caso pilota e team non si sono fatti travolgere, hanno lavorato bene e hanno poi saputo trarre profitto dalla situazione.

Ma non hanno vinto solamente grazie agli errori di Stoner. Inoltre Rossi non è stato certo “ininfluente” rispetto alle tre cadute consecutive del pilota australiano. Il pesarese a Laguna Seca stava guidando la corsa, a Brno e a Misano stava soffiando forte sul collo del “canguro” quando questi è caduto: dopo sette giri sul circuito ceco e dopo otto giri sul tracciato romagnolo.

Ma è fuori dubbio che, quanto meno nella fase comprendente queste tre gare, il binomio Stoner/Ducati sia stato più “veloce” (vedi anche le sette pole consecutive ) di quello Rossi/Yamaha. Anche se a vincere è stato poi quest’ultimo.

Non è facile, razionalmente, rispondere alla domanda: allora perché Stoner è caduto? Se si guarda al passato, si vedrà che per lo più a cadere è stato il pilota che inseguiva e non il battistrada. Ruzzolavano a terra Pasolini o Saarinen quando inseguivano Agostini. E finiva a terra (raramente) Ago quando davanti c’era Hailwood.

Perché qui è accaduto l’opposto? Semplicisticamente si potrebbe incolpare Rossi a Laguna Seca per la sua guida che “chiudeva” l’avversario, incolpare la gomma a Brno, incolpare il dolore della rifrattura dello scafoide sinistro a Misano. E non è detto che questi tre elementi non abbiano inciso.

Ma a Stoner non servono scuse: bisogna andare al cuore del problema. Ducati e Yamaha, pur così diverse fra loro, sostanzialmente si “equivalgono”, anche se la prima è ben più difficile da guidare della seconda. Così come Rossi e Stoner sono due fuoriclasse con temperamenti opposti.

Il primo, dotato di carisma ed esperienza dati anche dai risultati e dall’età, corre “divertendosi”, però se non vince non scappa, cerca nuove soluzioni per essere sempre il primo, non stressa il team, gioca con se stesso e con gli altri, realizza tutto, anche la gag, in funzione del risultato: costruisce la vittoria ben prima di scendere in pista, lancia sempre segnali-trappola: è una macchina da guerra delicata ma “dedicata” per il successo.

Il secondo “introverso”, dai tratti glaciali, capace di estraniarsi ma corre in stato di “alta tensione” e tiene il team in allarme permanente, è dotato di eccezionale talento, ma è (ancora) “acerbo” e meno “accorto” (che non significa ingenuo) nella tattica di gara e nella gestione della stessa, un purosangue scalpitante che qualche volta “rompe” ma che segnerà pesantemente in futuro con il proprio nome l’albo d’oro del campionato del mondo. E’ l’avversario più forte incontrato da Rossi.

Stoner, con i suoi errori, ha buttato via un mondiale. Non è un male leggero. Ma non è una “offesa” arrivare secondo in un mondiale con un Rossi in queste condizioni (anche di fortuna). Non lo è anche quando si è campione del mondo in carica. Importante è ammettere (a se stesso) l’errore e trarre lezione dagli eventi.

Rossi pilota è al top, ha raggiunto la maturità e (per fortuna dei suoi avversari) non ha margini di … miglioramento. Stoner è già il pilota più veloce: al contrario di Rossi, ha il potenziale per crescere e … dettar legge.

Alla fin fine le cadute possono essere il frutto di diverse circostanze e più limiti. Fra le tante pesano, va ribadito, la forte pressione psicologica (questa frase fa infuriare molti, ma è così) accomunata da una forte smania (legittima) di vittoria. Tanti altri grandi campioni hanno sbagliato, perdendo gare e titoli. Poi, i campioni veri hanno recuperato, vincendo gare e campionati.

A Borgo Panigale hanno fatto miracoli e anche errori. Tutta la responsabilità del risultato è piombata sempre e solo su Stoner, che adesso deve saper guardare avanti: il futuro può essere suo.

La Ducati deve dargli una mano. Non di più, ma meglio.

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