Rossi e la Yamaha esultano. Stoner e la Ducati... riflettono
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Così è saltato anche il leit motiv su cui da molti mesi si è retta una non esaltante MotoGP. Indianapolis ha dimostrato che non si vive solo dello “scontro” Rossi-Stoner e che la classe regina ha una certezza (Rossi) e delle variabili (gli avversari del pesarese).
Insomma sul podio più alto ci resta, oramai quasi abbonato, l’alfiere della portentosa Yamaha. Sugli altri gradini c’è rotazione. Di fatto, a Rossi non importa un fico secco chi fa secondo o terzo.
Anche perché, classifica e record a parte (quarta vittoria consecutiva, 69esimo successo nella classe regina superando Giacomo Agostini a quota 68, ottavo titolo iridato quasi in tasca), il “fenomeno” di Tavullia resta tale nei fatti. Dimostrando la calma dei forti, la tattica dei vincenti, la potenza (e la prepotenza) del fuoriclasse.
Anche ieri nell’insidiosa situazione determinatasi a Indy, al limite del caos, Rossi ha messo in scena uno dei suoi migliori show, a dimostrazione di una netta superiorità del pacchetto pilota-moto-gomme.
Tanto di cappello davanti a un superbo, ammirevolissimo Hayden cuor di leone e a un superissimo Dovizioso e a un ritrovato Lorenzo Ma Valentino ha dosato il ritmo di corsa in funzione delle condizioni, delle esigenze e delle necessità. Non ha giocato a gatto col topo: ha vinto sapendo di non poter commettere errori. E non ne ha commessi.
Ci fosse stato Stoner, magari al posto di Hayden, per Valentino sarebbe stata l’apoteosi. Perché il “canguro” era, resta e sarà ancora in futuro l’anti Rossi per eccellenza.
La corsa quasi scialba fatta ieri dall’australiano campione del mondo in carico (quasi mezzo minuto di distacco dal vincitore!) è frutto di diversi fattori. Ci sono anche problemi di natura fisica al polso e anche alla spalla, dopo l’ultima caduta di venerdì a Indy. Ci sono anche problemi di natura psicologica (si può continuare a dire che non è vero, ma i fatti sono fatti) dopo le ripetute cadute dovute alla “pressione” di Rossi e alla delusione di vedersi via via sfilare il titolo. Ci sono anche problemi legati alla strategia: fino a Indy fatta di attacchi alla baionetta per l’intero week end e da Indy più elastica, meno arrembante.
Ma si vede che è ancora una strategia non definita, una via di mezzo lasciata un po’ al caso. Che però non ha pagato e non è convincente. Sulle qualità di Stoner pilota non si discute. E’ un fuoriclasse. E il tempo lo dimostrerà ulteriormente. Ma due limiti sembrano evidenti. Il primo legato al “carattere” del “canguro”, forse meno reattivo di Rossi nel recuperare le batoste e i momenti no. Il secondo legato al Team. La Ducati ha dimostrato di saper reggere il confronto alla “pari” con i colossi giapponesi. E già questo vale di per sé il mondiale “ad honorem”.
Ma sul piano della gestione interna (legata ai piloti: addirittura “scandaloso” il protrarsi del rapporto con Marco Melandri, ben peggio che da separati in casa …, una zavorra che pesa negativamente sui risultati della Casa di Borgo Panigale e sulla sua immagine) e sul piano della gestione esterna (l’immagine e la comunicazione: eccessiva esaltazione nei momenti “alti” e “depressione”, linguaggio politichese nelle fasi di “magra”. Nonché l’errore di “coprire” le attuali difficoltà fisiche di Casey perché “se diciamo che gli fa male la mano, si pensa alle scuse”).
Fino a ieri, mancavano ancora cinque gare alla fine di questo mondiale. E non si può dire che si corre pensando al prossimo. Alla Rossa serve una svolta. Anche maggior serenità e umiltà nel fare una riflessione del perché questo mondiale si è perso. Con onore, ma sconfitti. Quando ancora la partita era tutta aperta.
Per fortuna buone notizie giungono dalla formazione delle squadre 2009, con Stoner e Hayden, Canepa e Kallio, forse Gibernau. Se è così, un bel segnale. Ma forse non basta.
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