Ducati Corse: 100GP tra successi e leggenda
Ducati. Azienda di uomini e passione, lo dicono tutti e tutti lo continueranno a dire. Perchè è questa l’essenza dello spirito che vive a Borgo Panigale, praticamente Bologna, là dove nascono le rosse bolognesi più amate del mondo. Piccola azienda rispetto a quello che su cui possono contare i rivali Giapponesi, figli più o meno diretti di multinazionali che si chiamano come Honda Motor Co., Kawasaki Heavy Industries e via dicendo.
E negli anni a noi che siamo italiani, e quindi patriottici per eccellenza, ci è piaciuto vedere la lotta tra Ducati e i colossi giapponesi come quella di Davide contro Golia. Lotta che dalla strada si è spostata anche alle piste, dove Ducati anche lì ha saputo vincere. Un paragone oggi scontato, ma quanto mai perfetto per raccontare una storia che ha del magico.
Non sembrerebbe esistere in fondo altra spiegazione per dire perchè una piccola azienda come Ducati possa avere fatto tanto contro simili colossi della moto. Ma chiudere il tutto parlando di magia sarebbe riduttivo per chi la Ducati la fa ogni giorno, o la ha fatta.
Perchè in realtà è tutto ben chiaro: dietro cose come la vittoria di un titolo MotoGP contro tuto quel popò di tecnologia Jap c’è tanta sostanza: fatta di tanto metodo giapponese (eh si quello ci vuole anche qui), il famoso genio italico, ed una sconfinata passione che rende quello di Borgo Panigale più che un reparto corse di tecnici, un gruppo di artisti dei motori.
Ed i risultati sono quelli, stratosferici, che abbiamo visto in questi 100 gran premi di passione sulle piste. E fa nulla se quest’anno il mondiale è tornato a quel Valentino Rossi troppo cannibale: c’è sempre la Superbike per consolarsi – con quel terzo titolo di Troy Bayliss dal gusto agrodolce, insieme a quello Marche (e siamo a 13 e 15 in 21 anni) – e la bella vittoria di Phillip Island di Casey.
Che ha regalato il modo più bello di festeggiare il 100esimo GP disputato dal 2003: anno d’ingresso nella classe regina con il progetto Desmosedici. Poesia su 2 ruote scritta con la forza di un fabbro. La stessa che ha da sempre il 4 cilindri che la muove.
Moto che ha in cantiere qualcosa come 23 vittorie – 15 Stoner, 7 Capirossi e 1 di Bayliss – e altri 35 podi (pure con Elias, Xaus e Barros). E ancora 22 pole (13 Stoner, 8 Capirossi e 1 Gibernau) e il doppio titolo 2007.
Progetto uscito subito forte e sano come pochi, tanto da permettersi all’esordio a Suzuka – in casa della Honda, gara tragica per l’incidente a Daijiro Kato – con Loris Capirossi al debutto con le 4 tempi di presentò col miglior crono al venerdì, per poi mettersi sul podio la domenica. Dietro Valentino Rossi e Max Biaggi che guidavano Honda ben più collaudate.
Storia continuata in crescendo, quando a Jerez arrivò la prima pole di Capirossi (alla 3ª gara dell’anno!) e sempre in Spagna, a Barcellona, la prima vittoria, ancora con Loris. Che sembrava l’unico insieme a Troy Bayliss in grado di poterla veramente guidare allora: la rossa era cattiva come nessun altra. Con un motore tutto nitroglicerina che solo due duri come Loris e Troy per guidarla.
Così che a fine stagione il biglietto da visita complessivo dice già 1 vittoria, 8 podi (3 dell’australiano), 3 pole, il 2° posto nella classifica costruttori e il 4° per Capirossi tra i piloti. Roba da migliori auspici. Ma invece il 2004 è un disastro: solo 3 podi e moto che pare inguidabile, ma anche i piloti sono messi in discussione.
Alla fine resta Capirossi, mai troppo amato (era la terza scelta dopo che Rossi e Biaggi avevano declinato), e viene licenziato con mille polemiche dei tifosi Bayliss per Carlos Checa. Ma soprattutto, un po’ per lungimiranza, un po’ per avere una giustificazione in caso di nuovi cattivi risultati, vengono scelte le gomme Bridgestone.
Che accompagnano la rinascita della Desmosedici: le coperture giapponesi hanno alti e bassi, ma quando vanno sono un portento. In 2 anni arrivano 5 vittorie con Capirossi e 9 podi (2 con Checa), 6 pole, 1 con Gibernau, ingaggiato senza troppa fortuna nel 2006. Proprio l’incidente innescato dallo spagnolo a Barcellona priva Capirossi, coinvolto nel botto, della possibilità di lottare per il titolo.
Ma c’è il podio iridato sia per i piloti, sia tra le marche, e l’emozionante doppietta finale a Valencia, con Bayliss, sostituto di Gibernau, davanti a Loris. E siamo così al 2007 che è storia recente. Il destino vuole che complice un po’ di fortuna arrivi il giovane Stoner: Gibernau litiga sull’ingaggio, Melandri è bloccato dal Team Gresini, Hayden preferisce la Honda e così rimane lui.
Che smette di essere Rolling e si veste da campione. Il resto è leggenda.
via | Gazzetta