Test Yamaha YZF-R1 2009: Via... con il motore dei sogni

Di Lorenzo Baroni
Pubblicato il 6 apr 2009
Test Yamaha YZF-R1 2009: Via... con il motore dei sogni


L’R1 2009 irrompe nel segmento delle supersportive con la prima grande variante tecnica introdotta nello schema del motore quattro cilindri in linea: gli scoppi irregolari. Sound ed erogazione da bicilindrico ma performance e allungo da quattro cilindri, si uniscono a un controllo del gas e della ruota posteriore mai visto prima d’ora.

Scordatevi il suono sibilante dei quattro cilindri in linea conosciuti fino ad oggi. Quegli scarichi rombanti che risuonavano agli alti e bassi regimi come flauti spinti alle alte frequenze sono solo un ricordo. La nuova Yamaha R1 ’09 si incanala sulla strada delle moderne MotoGP e ne ripercorre le scelte tecniche più evidenti, come il motore a scoppi irregolari che trasforma in modo tanto evidente la tipica sonorità di scarico.

Il motore è rauco anche quando si viaggia al di sopra dei 10.000 giri/min indicati, mentre al minimo alla voce grossa e tuonante si aggiunge un’evidente irregolarità di risposta tipica dei grossi bicilindrici di casa nostra. Ma il futuro sembra ormai inequivocabilmente delineato e quella del motore a scoppi irregolari diventa la scelta tecnica di riferimento che non possiamo non sposare e sottoscrivere già dopo pochi giri sullo storico tracciato di Eastern Creek, a poche decine di chilometri da Sidney, in Australia.

Test Yamaha YZF-R1 2009 ad Eastern Creek
Test Yamaha YZF-R1 2009 ad Eastern Creek
Test Yamaha YZF-R1 2009 ad Eastern Creek
Test Yamaha YZF-R1 2009 ad Eastern Creek

Seppur con vesti meno autorevoli e più umane rispetto a quelle del caro Valentino, anche noi ci facciamo convincere dalla più efficiente gestione della potenza regalata da questo tipo di motore. Non a caso sua maestà Rossi, dopo averlo provato la prima volta, optò subito per il motore a scoppi irregolari in luogo di quello a scoppi convenzionali, allora chiamato “screamer”, che garantiva però una potenza massima ben superiore. Se quindi il beneficio, in termini di trazione e dosabilità del gas, è avvertito da un pilota mondiale che certamente non difetta in sensibilità di guida e controllo della moto, un giovamento ancora maggiore verrà avvertito da quanti come noi, onesti lavoratori dei semimanubri, non abbiamo dalla nostra un cotanto nobile movimento del “polso destro”.

Aerodinamica e stile
Uno dei cambiamenti più evidenti della nuova YZF-R1 è il cupolino completamente ridisegnato, che si adatta perfettamente al doppio faro con prese d’aria integrate. Il look inconfondibile delle serie R è facilmente riconoscibile, ma su questa ultima versione viene esasperato da una linea estremamente affilata che fende l’aria. All’accensione degli anabbaglianti si attiva un dispositivo che oscura parte dei fari.

Quando il pilota seleziona gli abbaglianti si ritrae, consentendo la completa proiezione del fascio luminoso. Il design innovativo dei proiettori comprende anche il commutatore abbaglianti/anabbaglianti a solenoide, utilizzato per la prima volta su una moto destinata alla produzione di serie. Anche la strumentazione è stata rinnovata: il nuovo display multifunzione è dotato di tachimetro, contachilometri, termometro del liquido di raffreddamento, indicatore temperatura aria aspirata, due contachilometri parziali, indicatore livello carburante, orologio, cronometro, indicatore di cambiata, indicatore marcia inserita e indicatore mappa motore attiva. Una novità del modello 2009 è il telaio di colore rosso, disponibile solo per la YZF-R1 “white”, che conferisce alla moto un look unico, enfatizzando così il nuovo design.

Test Yamaha YZF-R1 2009 ad Eastern Creek
Test Yamaha YZF-R1 2009 ad Eastern Creek
Test Yamaha YZF-R1 2009 ad Eastern Creek

Concentrato di tecnologia
L’elemento tecnologico più significativo di questo nuovo motore compatto ad alte prestazioni è l’albero “a croce” di derivazione racing, che garantisce una coppia eccezionalmente lineare e gestibile ed elevati livelli di trazione. Quando un motore produce una determinata coppia, in realtà sviluppa ciò che gli ingegneri Yamaha definiscono “coppia composita”, ovvero una combinazione tra la quella prodotta dalla combustione e la quella inerziale risultante dalla rotazione dell’albero motore.

Nonostante il livello di coppia generato dalla combustione sia proporzionale nonché diretto risultato del comando impartito dal pilota sull’acceleratore, la coppia inerziale è invece frutto delle variazioni prodotte dalla rotazione del motore sulla forza di inerzia (resistenza dell’albero motore alla rotazione). Pertanto il fattore della coppia composita non è direttamente e immediatamente controllabile dal pilota, in quanto esso varia al variare del regime motore, indipendentemente dal comando impartito sull’acceleratore.

Per poter offrire un controllo più lineare è quindi necessario creare un motore che consenta di minimizzare la coppia inerziale e di ottimizzare quella composita. In un 4 cilindri uno dei modi più efficaci per farlo consiste nell’adottare un albero “a croce”, con i perni di biella disposti in modo da ottenere intervalli di accensione di 270º, 180º, 90º, 180º, del tutto diversi rispetto alla sequenza 180º, 180º, 180º, 180º di un motore a 4 cilindri tradizionale. Questa geometria consente di minimizzare la coppia inerziale creata dalle masse in movimento alterno e di ottenere un’ottima spinta ai regimi bassi e medi e un’eccellente linearità di erogazione a qualsiasi regime.

E al fine di ottimizzare ulteriormente le forze di combustione del nuovo motore asimmetrico, la mappatura elettronica del sistema di alimentazione prevede una iniezione del carburante e una fasatura dell’accensione distinte per ogni cilindro. Inoltre il perno dell’albero motore è di diametro maggiorato, pari a 36 mm (rispetto ai 32 mm di diametro della YZF-R1 modello 2008), più adatto alle nuove caratteristiche dell’albero a croce. Le quote caratteristiche del motore sono di 78,0 x 52,2 mm, con uno schema a corsa corta che determina l’alesaggio più elevato mai registrato su un motore supersportivo Yamaha da 1.000 cc.

Fa il debutto su questa moto anche la centralina con sistema “D-mode” che prevede tre diverse modalità per la mappatura del motore: Standard, A e B, selezionabili dal pilota in base alle condizioni di guida tramite l’apposito comando sul semimanubrio destro. La modalità Standard è mappata per offrire prestazioni complessive ottimali, la modalità A garantisce una risposta più pronta del motore, mentre la B fornisce un feedback più dolce ai comandi impartiti dal pilota sull’acceleratore.

Questa versione 2009 è un compendio di tutti i più sofisticati sistemi di gestione elettronica progettati da Yamaha, è presente infatti il comando del gas a controllo elettronico YCC-T (Yamaha Chip-Controlled Throttle), il sistema di iniezione elettronica con iniettori secondari, la valvola parzializzatrice allo scarico Exup e il sistema che varia la lunghezza dei condotti di aspirazione YCC-I (Yamaha Chip-Controlled Intake) per ottimizzare la respirazione del motore ai diversi regimi di rotazione. Pistoni presso fusi, bielle cementate e nuove tubazioni del liquido di raffreddamento dotate di anima flottante, completano il quadro tecnico di questa nuova, affascinante R1 2009.

Test Yamaha YZF-R1 2009 ad Eastern Creek
Test Yamaha YZF-R1 2009 ad Eastern Creek
Test Yamaha YZF-R1 2009 ad Eastern Creek

Ciclistica da corsa
Per la sua nuova R1 Yamaha ha sviluppato un inedito telaio Deltabox. Oltre alla forma e alle dimensioni, anche il tipo di alluminio utilizzato e il bilanciamento complessivo della rigidità sono diversi su questo modello 2009. I componenti fusi per gravità sono utilizzati per la zona del cannotto di sterzo, per i supporti del motore e per l’ancoraggio del forcellone, mentre le parti centrali sotto il serbatoio sono realizzate all’esterno in alluminio pressofuso a riempimento controllato, che consente di realizzare pareti maggiormente sottili, mentre all’interno sono realizzate in alluminio estruso.

Il motore diventa elemento stressato e dei suoi rigidi supporti due sono posti superiormente, due inferiormente al carter e due sulle estremità destra e sinistra della testa. Le parti fuse per gravità sono estremamente rigide, mentre quelle fuse ed estruse che le collegano sono più flessibili. Il nuovo motore è stato avanzato di 12 mm e ruotato 9° più in verticale rispetto al modello precedente, mentre i cilindri sono inclinati in avanti di 31°. La nuova R1 è più rigida verticalmente per migliorare la stabilità in accelerazione e frenata e mentre vede ridurre la rigidità torsionale per migliorare maneggevolezza e trazione. Interessante infine il complesso telaietto posteriore realizzato in magnesio.

La sospensione posteriore “bottom link” è stata sviluppata per sfruttare al massimo la corsa di 120 mm, migliorando la funzionalità dell’ammortizzatore e la stabilità della moto. La risposta alle sollecitazioni è migliorata grazie all’utilizzo del nuovo snodo sferico ed è stato adottato un dispositivo di regolazione del precarico di tipo idraulico per semplificare la taratura, mentre restano le regolazioni separate per alte e basse velocità.

Completamente nuovo il funzionamento della forcella dove compressione ed estensione funzionano ora in modo indipendente: lo stelo sinistro contiene l’idraulica per la compressione, quello di destra per l’estensione, una soluzione che offre numerosi vantaggi, compresa la semplificazione delle valvole e del circuito dell’olio, la riduzione al minimo del fenomeno della cavitazione durante le escursioni ripetute e la semplicità della taratura. La separazione delle funzioni ha consentito di aumentare il diametro dei pistoni interni per stabilizzare le variazioni di pressione.

Rivisto infine il già ottimo impianto frenante con l’adozione di dischi da 310 mm più leggeri dei precedenti per diminuire l’effetto giroscopico. Importantissima infine l’adozione del nuovo pneumatico posteriore con misura 190/55-17 in luogo del precedente /50, più adatto all’uso in pista e alla ricerca del massimo grip in curva.

Test Yamaha YZF-R1 2009 ad Eastern Creek
Test Yamaha YZF-R1 2009 ad Eastern Creek
Test Yamaha YZF-R1 2009 ad Eastern Creek

IN PISTA …UN ROMBO CHE SPINGE AVANTI
Inebriante sin dai primi chilometri in pista grazie all’erogazione piena e infinita, coinvolgente grazie al rombo sconosciuto a qualsiasi altro motore a 4 cilindri, impressionante per la spinta inesauribile. La nuova R1, fa strada… molta strada.
Sarà questo rombo insolito e fuori dal comune del suo nuovo quattro cilindri o quel tiro pieno e sempre disponibile ad ogni regime, ma la nuova R1 è la tipica moto che in pista non strattona e non impressiona con botte improvvise di coppia, perché il motore ha un’erogazione fenomenale e sorprende per le prestazioni complessive.

Senza dubbio questo nuovo propulsore si propone come la più valida e rivoluzionaria innovazione tecnica introdotta su una moto sportiva negli ultimi decenni. Derivata strettamente dalle esperienze in Moto GP e dallo sviluppo eseguito con successo negli ultimi anni sulla M1 di Valentino la R1 si pone nettamente sopra la concorrenza sotto l’aspetto meccanico e motoristico. Regolare e molto potente anche dai bassissimi regimi, incisivo e molto efficace già a partire dai 5.500 giri per mostrare un allungo agli alti regimi superiore al vecchio modello. Delle tre mappature la più gestibile è quella standard, già piuttosto rapida e aggressiva nelle fasi di accelerazione.

La mappa A regala un motore più reattivo e una maggiore e più rapida apertura delle farfalle alla rotazione dell’acceleratore, una risposta che può aiutare con una moto perfettamente a punto, sia nelle gomme che nelle sospensioni, e quando si è già al limite di rendimento o sui circuiti dai curvoni veloci. Per il resto la mappa standard fa più che bene il suo lavoro e può mettere decisamente a proprio agio anche i più smaliziati dei piloti. La mappa B invece è forse quella che ci è piaciuta di più, perché offre una reattività fantastica nelle parzializzazioni del gas e una grande modulabilità dell’erogazione, che permette di gestire in modo efficace anche eventuali derapate e sbandate in accelerazione senza indurre patemi d’animo o violente scodate del posteriore.

Ovviamente in pista la mappa B risulta anche la più efficace quando si utilizza la moto con taratura standard delle sospensioni e soprattutto con pneumatici non in mescola. I Michelin Pilot Power di primo equipaggiamento infatti faticano non poco a trasferire a terra i cavalli della nuova R1, soprattutto nelle accelerazioni a moto piegata; in questi casi è fondamentale utilizzare la mappa B, onde evitare continue sbandate che fanno inevitabilmente perdere tempo. È interessante notare come le tre mappature, a differenza di quanto avviene su alcune dirette concorrenti, offrano grandissime performance, con differenze minime che diventano però importanti nell’uso in pista a cui è destinata questa moto.

Sull’impegnativo tracciato di Eastern Creek abbiamo testato la moto anche con pneumatici specifici come i nuovi Pilot Power One, che consentono di saggiare appieno le grandi doti ciclistiche della nuova R1. In particolare si fa apprezzare la gestibilità della trazione, con la ruota posteriore che non tende mai a scappare via in modo netto e improvviso, nemmeno esagerando con il gas a moto piegata. Ottimo anche il connubio gas motore, estremamente diretto e bidirezionale. E perfetta, come già lo era in passato, la frenata, praticamente infaticabile e sempre ben modulabile. Ottimo anche il comportamento delle nuove sospensioni, senza dubbio le più professionali e sofisticate tra le moto supersportive giapponesi oggi sul mercato.

Se la trazione è il suo punto forte qualche appunto lo merita invece la maneggevolezza che non appare ai massimi livelli soprattutto nei tratti più stretti e tortuosi percorsi con le marce basse, situazione in cui si nota una lieve durezza in inserimento, legata in parte al peso non troppo contenuto, in parte alla grande solidità dell’anteriore e in parte alla presenza degli scarichi alti che spostano una quota del peso in alto e lontano dal baricentro. Un contributo a questo aspetto del comportamento dinamico arriva probabilmente anche dal nuovo albero motore, più pesante e voluminoso del precedente, protagonista così di una maggiore inerzia giroscopica. Impressionante infine il tiro del motore, che spinge con forza già da soli 4.000 giri per continuare senza eccessive variazioni di spinta in modo lineare fino agli oltre 14.000 giri indicati dal contagiri.

Anche il doppio scarico alto non contribuisce alla leggerezza legata anche alla solidità delle strutture e al buon assemblaggio e finiture. Nell’uso stradale il peso ovviamente è totalmente ininfluente si apprezza invece la solidità e la qualità globale e il comfort che è più che accettabile per una supersportiva. Se invece l’obbiettivo è quello di scontrarsi con i risultati del cronometro in pista basta una carena ed uno scarico leggero per far scendere drasticamente il peso ed godere con la massima efficacia di questo fantastico motore e della sua possibilità di scaricare a terra la grande potenza anche nelle condizioni più difficili, come sembra insegnare il velocissimo Ben Spies.

Chiave di lettura
La massima espressione tecnologica delle moto di serie. Non manca nulla sulla nuova R1, per far impazzire anche il più ostinato dei suoi detrattori. Il prezzo è superiore alla concorrenza ma ampiamente giustificato dalla dotazione tecnica.

Highlights
YCC-I (Yamaha Chip Controlled Intake)
YCC-T (Yamaha Chip-Controlled Throttle)
Sistema d’iniezione con iniettori secondari
Centralina con 3 mappature
Telaietto posteriore in magnesio
Albero motore a croce
Frizione antisaltellamento
Pistoni forgiati

Sensazioni onboard
Posizione di guida più avanzata rispetto al modello precedente ma sempre ben integrata nella moto e non troppo affaticante nell’uso intenso. Oltre alla grande guidabilità, si apprezza da subito la stabilità dell’anteriore unita al sound del tutto inedito del nuovo propulsore e alla sua coppia generosa ad ogni regime

Focus Tecnico

L’ALBERO A CROCE
L’albero motore delle nuova R1 2009 è completamente diverso dal precedente poiché la distribuzione dei perni di manovella è sfalsata rispetto a un motore normale. Su un quattro cilindri convenzionale i quattro perni di manovella sono tutti sullo stesso piano, poiché sfalsati tra loro sempre di 180°. Infatti quando due pistoni omologhi (ad esempio primo e terzo cilindro) si trovano al punto morto superiore, gli altri due si trovano al punto morto inferiore. L’albero motore della nuova R1 si definisce invece “a croce” perché la distanza relativa tra un perno di manovella e gli altri contigui è di 90°, quindi osservando l’albero dal volano i quattro perni appaiono disposti a X, vale a dire ai quattro lati opposti di uno stesso cerchio, da qui la definizione “a croce”.

Fino ad oggi, l’albero motore a croce è stato utilizzato esclusivamente su moto da competizione, sia per la forma complessa dei perni di biella e dei componenti dell’albero stesso, sia a causa di altri fattori, quali l’oscillazione della pressione della coppia generata dalla combustione e i livelli di vibrazione. Sul lato sinistro del motore vi è infatti un secondo piccolo volano che migliora la stabilità di rotazione dell’albero motore. Questo schema è lo stesso utilizzato sulla M1 MotoGP sulla quale però il senso di rotazione dell’albero è invertito rispetto a quello della moto standard.

Pregi
Prestazioni motore
Frenata
Coppia e motricità
Tecnologia e innovazione
Qualità globale

Difetti
Peso e maneggevolezza migliorabili

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