Quando Agostini, Hailwood, Pasolini ... A proposito dei "test" della Ducati di Kallio, Fabrizio, Pasini ecc.

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 18 ago 2009

Chi si contenta … gode. Vale anche nel motociclismo. O così pare, sentendo i commenti sulle prestazioni fatte nel lungo week end di Brno dai piloti della Ducati, rimasta a “secco” di Stoner.

I risultati degli “esperimenti” fatti con Kallio, Fabrizio, Pasini (test differenti fra loro, anche rispetto agli obiettivi) non sono stati all’altezza delle aspettative, sia rispetto alla classifica di gara, sia rispetto ai tempi.

Nel motociclismo, sempre si sono fatti questi “tentativi” e non sempre la ciambella è riuscita col buco. I tempi sono diversi ma le difficoltà (di salire per la prima volta su una moto ufficiale e fare bene) erano e sono le stesse, ieri come oggi.

La differenza è che adesso si rimane contenti di prestazioni che a dire scialbe è un … regalo.

Qualche esempio? La prima volta che Giacomo Agostini salì su una Moto da Gran Premio, la Morini 250 bialbero (Monza, settembre 1963), girò subito come il “grande capo” Tarquinio Provini e in gara fu fermato per l’allentamento del tubo di scarico quando guidava il carosello iridato. Mino si ripete al debutto in 500, con la MV Agusta 4 cilindri gira a Modena e a Monza sui tempi del “maestro” Mike Hailwood.

Quest’ultimo, chiamato a fine 1961 dal Conte Agusta per … dare una mano al mitico Gary Hocking, ringrazia per l’invito vincendo al debutto in 500 con i bolidi di Cascina Costa.

Ancor prima, siamo nel 1956, John Surtees (l’unico a vincere mondiali in moto, 7 con la MV e in Formula uno, su Ferrari), pilota della NSU (88 corse disputate , settantasette vinte, otto volte secondo, tre volte terzo!), passa alla MV Agusta e sempre a Monza, al debutto sulla 4 cilindri, sbaraglia tutti e vince.

Ancora? 25 agosto 1966, al TT inglese, Tarquinio Provini chiude la sua fulgida carriera per un gran volo sulla Benelli 250 quattro. La Casa pesarese è costretta a cercare il sostituto e, cronometro alla mano, sceglie il più veloce dei sette piloti provati a Modena e Monza: Renzo Pasolini.

L’occhialuto riminese debutta e vince sia in 250 che in 350 e compie un doppio capolavoro vincendo con la inedita Benelli 500, ai danni di Agostini, l’ultima corsa delle mezzo litro della stagione e la prima corsa della stagione successiva. A fine ’67 la doccia fredda per Paso, in difficoltà a Monza nella 500. La Benelli chiede l’aiuto di Hailwood che aveva appena abbandonato la MV per difficoltà di coabitazione con Ago.

L’inglese, sale per la prima volta sulla stessa moto di Pasolini a cui i meccanici cambiano numero e inclinazione di manubri e pedane (Mike era più alto di Renzo e aveva una guida diversa) e dopo poche tornate gira sopra i 207 kmh di media, battendo di oltre un secondo e mezzo il record personale di Paso, da tempo su quella moto.

L’elenco è molto lungo e si potrebbe arrivare ai giorni nostri. Non lo facciamo, almeno per ora, per evitare di gettare altra benzina sul fuoco.

La morale? Il fuoriclasse, se è davvero tale, dà subito i segnali giusti e in brevissimo tempo dimostra in pista ciò che vale, con qualsiasi (buona) moto. I piloti sopra menzionati “parlavano” con i tempi sul giro, con le vittorie di gare e titoli iridati.

Forse in Ducati, e non solo lì, è tempo di riflessione.

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