ASAPS: studio belga approfondisce le cause degli incidenti in moto

L'Associazione Sostenitori Amici Polizia Stradale evidenzia uno studio condotto in Belgio sulle cause della mortalità per i motocilisti dai risultati decisamente interesanti.

Di Adriano Bestetti
Pubblicato il 5 lug 2013
ASAPS: studio belga approfondisce le cause degli incidenti in moto

La prima edizione del “Motac” (MOTorcycle Accident Causation) uno studio recentemente condotto a Bruxelles dagli esperti dell’IBSR (Istituto Belga per la Sicurezza Stradale) e interamente dedicato ai motocicli, ha rivelato che in Belgio il rischio di farsi male in strada con un mezzo a due ruote è 12 volte superiore a quello delle auto: nel 2012 infatti più di 100 motocilisti hanno infatti perso la vita nel piccolo stato federale, mentre il numero dei feriti ha superato quota 500.

Il “Motac”, cofinanziato da SPF Mobilité et Transports – un’agenzia pubblica che in stile “Enac” – ha analizzato ogni aspetto della mobilità del paese con la collaborazione un pool di esperti, selezionati tra engineering, law-enforcement e il soccorso sanitario e tecnico. Lo studio ha anche preso in considerazione un dossier di 200 fascicoli giudiziari relativi a sinistri mortali o gravi avvenuti in Belgio tra il 2009 e il 2010, e tutti consegnati per l’analisi dagli uffici dei pubblici ministeri.

Lo scopo dello studio era determinare le cause o i fattori di aggravio nei sinistri motociclistici e stabilire una serie di possibili interventi a riguardo, e i risultati hanno offerto spunti ritenuti ‘interessantissimi’ per le autorità locali in materia di strategia di contrasto alla mortalità stradale. Lo studio belga ha preso in considerazione le caratteristiche delle vittime e dei veicoli condotti come l’età, la professione, il grado di abilità quando accertabile e il tipo di moto, secondo un’inedita ripartizione in sei categorie: sportive, stradali, basiche, leggere e scooter, custom e fuoristrada. L’uniformità dei rilievi effettuati dalla polizia – che nel 30% dei casi sono stati integrati da perizie di esperti nominati dalle autorità giudiziarie – ha fatto sì che il campione dei 200 casi analizzati fosse sufficientemente rappresentativo per lo studio.

Passando quindi all’analisi dei risultati, ne è uscito che il 35% degli incidenti dei motocilisti è autonomo, senza il coinvolgimento di altri veicoli, mentre nel 90% dei casi il sinistro è stato “provocato” dal motociclista stesso, con il restante 10% che non è risultato attribuibile ad alcuna causa precisa. Più della metà dei sinistri autonomi – il 58% – è avvenuto in curva (21 a sinistra e 16 a destra), mentre un solo incidente di questa tipologia è avvenuto in prossimità di un incrocio (con causa sconosciuta).

Il 65% degli incidenti motociclistici è risultato costituito da collisioni con altri veicoli: nel 17% dei casi è avvenuto all’uscita del veicolo antagonista da una proprietà privata; nel 42% i rilievi sono stati effettuati a un incrocio; mentre solo il 13% è avvenuto in una curva (2 su 3 in una curva a destra). Parlando di incidenti stradali tra veicoli, ci si riferisce al prodotto di una somma di cause che inizia con la condotta di uno dei conducenti che trasforma una situazione di normalità in una di crisi: con la stessa logica possiamo definire corresponsabile in un incidente anche il conducente la cui condotta non possa dirsi idonea ad evitare la dinamica d’impatto generata dall’altro.

Un dato piuttosto interessante emerso dal “Motac” dice che il 62% degli incidenti tra moto e altri veicoli sono stati sicuramente scatenati dalla controparte, ma con elementi di corresponsabilità dei centauri in almeno in 1 caso su 3: lo stesso rapporto (1:3) è stato rilevato nei casi di incidente tra auto e altri veicoli nei quali sia stato invece il motociclista a innescare l’urto (il 38%).

Queste le cause d’incidente pricipali dichiarate o accertate dai conducenti dei veicoli venuti a impatto con una moto: non hanno visto il motociclista (54%) e hanno sottostimato la velocità con cui la moto sopraggiungeva (10%). Dal canto loro, i bikers hanno effettuato una manovra senza segnalarla con anticipo (52%), hanno compiuto un sorpasso vietato o tenuto una velocità eccessiva in curva (15%) o semplicemente non hanno visto la controparte (11%).

La maggior parte dei sinistri con moto avviene fuori dell’agglomerato urbano (65%) e su strade senza incrocio, mentre il numero di incidenti in prossimità di crocevia è sostanzialmente identico tra aree urbane e extraurbane. Per andare in moto occorre il bel tempo, e infatti il 62% degli incidenti si verifica infatti tra la primavera e la piena estate e quasi sempre in assenza di precipitazioni atmosferiche (92%).

Tra i 200 incidenti presi in esame, ci sono 108 vittime (102 motociclisti o passeggeri della moto, 5 ciclisti o pedoni, 1 automobilista) e 101 feriti gravi (98 motociclisti o passeggeri della moto e 3 altri utenti): il 98% dei centauri uccisi sulla strada sono di sesso maschile, con solo 4 fascicoli analizzati che hanno visto una donna come protagonista. Gli esperti tengono comunque a sottolineare che in tutti e quattro questi casi, le motocicliste sono state vittima di scontri pluriveicolari con responsabilità ascrivibile alla controparte.

L’età media dei biker coinvolti in incidenti è di 40 anni, ma proiezioni più approfondite rivelano che la fascia anagrafica tra i 25 e i 34 anni è quella più a rischio morte e che i neopatentati, nonostante rappresentino solo l’8% della categoria, sono pesantemente coinvolti nei sinistri con lesioni o morte.

Il 36% dei centauri feriti o uccisi viaggiava troppo forte, ma nel 44% dei casi non è stato possibile stabilire con esattezza la velocità precisa: è stato stimato che circa 1 centauro su due viaggiasse troppo forte. Il rischio legato alla velocità è perfettamente delineato nel numero dei casi in cui la velocità è risultata il fattore decisivo (di causa o concausa): il 21% dei motociclisti feriti gravemente viaggiava troppo forte, ma tra quelli uccisi la percentuale sale al 50%. Da segnalare inoltre che nel 20% dei casi presi in esame i motociclisti sottoposti a test alcolemico dopo un incidente è stato trovato positivo.

Molto intelligentemente – a differenza degli studi ‘classici’ che vengono spessso citati in Italia – lo studio belga prende anche in considerazione le diverse tipologie di moto (sportive, stradali, basiche, leggere e scooter, custom e fuoristrada), ma in Italia, dove non si distingue in realtà nemmeno tra feriti e feriti gravi, dueruote sono dueruote e basta, e nessuno si sogna, nemmeno su studi specifici, di operare differenze. A dirla tutta, nemmeno l’ISTAT (che continua a non annotare i dati relativi alle ebbrezze) fornisce i dati regionali divisi per categorie di veicoli.

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