MotoGP, Rossi c'è o non c'è?

Come Paganini col suo celebre violino, anche Valentino Rossi “non ripete” al Sachsenring (solo 3°) dopo la vittoria di Assen. Cosa manca 9 volte campione del mondo?

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 16 lug 2013
MotoGP, Rossi c'è o non c'è?

Come Paganini col suo celebre violino, anche Valentino Rossi “non ripete”, solo terzo al Sachsenring, così che la vittoria di Assen resta per ora l’unica ciliegina su una torta cui manca sempre qualcosa per lievitare.

Nel GP dei grandi assenti (Lorenzo e Pedrosa out per tremende cadute in prova) l’illusione di un nuovo trionfo del “Dottore” è durata poco, infilzato da due sorpassi da antologia, prima per opera del rookie Marc Marquez – nel toboga tedesco debuttante in MotoGP e dominatore della corsa – e poi per opera di Cal Crutchlow, considerato pilota di serie B dai soloni della tv e non “pericoloso” dallo stesso pesarese, alla fine gran secondo.

Fino alla nausea ripetiamo che Rossi è un fuoriclasse fra i più fulgidi del firmamento del motociclismo di tutti i tempi, oggi unico italiano in grado di far sventolare il tricolore sul pennone della MotoGP, una icona, un campione-star, le cui vittorie fanno bene al motociclismo tutto e all’Italia. Ma Valentino non è la … Croce Rossa di cui è vietata anche la più piccola critica è non è … “immortale”: come tutti i grandi assi dello sport, ha la sua parabola ascendente e anche quella discendente.

Bisogna quindi chiamare le cose per nome e dire che il terzo posto di Valentino al GP di Germania è una delusione (una delusione anche la sua annunciatissima video intervista di ieri sera, autopromozione mediatica da minestra riscaldata più che uno scoop), una secchiata d’acqua gelida sul fuoco delle nuove speranze alimentate dopo l’Olanda: qui non si sta parlando di un comprimario di basso livello con moto rappezzata e un team da quattro amici al bar cui un podio sarebbe manna dal cielo, un miracolo.

Ma di un 9 volte campione del Mondo. su cui ruotano investimenti milionari in euro e dollari, con la moto più completa e forse più competitiva del lotto (lo dimostrano i tempi sul giro e le prime sette gare del coequiper Lorenzo), che dopo il GP d’Olanda aveva nel mirino l’obiettivo dichiarato del bis di due settimane prima per dimostrare l’inconsistenza della critica di chi lo ritiene oramai “finito” e confermare invece tutte intatte le chances per vincere ancora corse e puntare pure al decimo titolo iridato.

Così scrivemmo del successo di Rossi ad Assen: “… tornato alla vittoria dopo quasi tre anni di astinenza. Una vittoria bella, meritata, senza sbavature né ombre“. Ma aggiungemmo: “Torniamo ad Assen, alla inconfutabile vittoria di Valentino, cui non si possono addossare le colpe per le .. cadute altrui. Ma, vivaddio, solo un somaro non capisce che con Lorenzo e Marquez al 100% la musica in pista sarebbe stata un’altra. O no? Fra due settimane, la nuova puntata”.

La nuova puntata, quella del Sachsenring, appunto, si presentava come su un piatto d’argento per l’italiano della Yamaha, con addirittura i primi due in classifica generale, fuori corsa. Valentino non è stato in grado di approfittare di una situazione così “straordinaria” perché dal confronto con Marquez e Crutclow è uscito perdente.

Non è la fine del campionato, apertissimo, tanto meno è la fine del mondo, ma questi sono i fatti, sanciti dall’andamento della corsa di domenica, dai tempi sul giro, dalla classifica finale e anche di quella generale del campionato, classifica che traduce fin qui non la debacle di un pilota bollito, ma la competitività tutt’altro che travolgente, di un pilota che non dimostra assolutamente di avere quel secondino in più nel manico.

Valentino guida da gran signore, ma senza più l’acuto del passato, quando nei momenti cruciali tirava fuori gli artigli con zampata micidiale, adesso lancia il ruggito come un leone, ma poi non succede niente e il re della foresta torna – contento lo stesso – nella sua tana.

Le ruote sono tonde e tutto può cambiare. Ma l’andazzo è chiaro: Rossi resta competitivo ma oggi non ha nessuna marcia in più nei confronti dei suoi avversari. Anzi, da (stratosferico) attaccante è passato troppo spesso nel ruolo di (non sempre brillante) difensore, a dimostrazione che il passato conta e non si cancella, ma vale sempre il detto di Esopo: “hic Rhodus, hic salta”.

E il futuro (che è già oggi) ha un nome: non è quello di Valentino Rossi ma quello di Marc Marquez. Ironizzava ieri sera Valentino (video): “Sono un vecchietto ruspante”! Se lo dice lui…

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