TEST: Harley Davidson XR1200X Trophy Replica

Di Stefano Marzola
Pubblicato il 19 apr 2010
TEST: Harley Davidson XR1200X Trophy Replica


In effetti pensare ad una Harley Davidson in pista è un po’ strano… ma non impossibile! Della XR 1200X ve ne abbiamo già parlato qualche giorno fa, ora, invece, vi vogliamo raccontare di come sia guidare in pista la sua declinazione Trophy Replica. Sostanzialmente, la base è la XR1200X (o anche la versione standard) con un kit apposito che Harley Davidson offre agli acquirenti a 2.400 euro: silenziatori Termignoni omologati con fodero in carbonio e dbkiller estraibile.

Ammortizzatori Öhlins, pedane sportive Valter Moto, puntale inferiore Plastic Bike, due paracalore in fibra di carbonio da applicare al collettore originale e grafica del codino monoposto. Inoltre, il comparto freni è dotato di dischi anteriori flottanti a 9 nottolini con pastiglie freno racing e tubatura idraulica in treccia e disco posteriore in acciaio con profili Wave.

Insomma, dalla strada alla pista in poche, semplici mosse. La XR1200X, ovviamente, è una moto nata per fare altro: passeggiate, gite fuori porta, weekend in coppia. Ma non le manca una certa grinta che, su tornanti di montagna o – perchè no – in pista, consente di divertirsi. Con il kit ci si ritrova con un’impronta più sportiva, con sospensioni capaci di gestire anche il peso di 250 kg a secco (particolare da non trascurare, fra i cordoli), freni più performanti e un sound molto più corposo e agguerrito. Le “scarpe” sono le Dunlop Qualifier, che ben conosciamo. E allora entriamo in circuito!

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La posizione in sella è abbastanza eretta e la protezione aerodinamica inesistente, caratteristica che in un circuito più veloce di quello di Franciacorta (dove abbiamo girato) potrebbe creare qualche prblema. Gambe raccolte che consentono di stringere per bene la moto fra le cosce anche se i più alti (direi dai 180 centrimenti in su) si troveranno un po’ costretti, ma niente di grave.

La sella (morbida) lascia il giusto spazio per muoversi avanti e indietro, anche se ad un certo punto il codino monoposto tenta di bloccare questa traslazione che in pista può essere necessaria per impostare qualche curvone veloce. Il manubrio è insolitamente largo, considerando la media dei mezzi che girano in pista ma si dimostra comodo per controllare meglio la moto quando si vada a cercare una guida più “sporca”.

Avviato il motore, si nota subito la diversa “voce” dovuta ai Termignoni mentre il motore gira inconfondibile, “frullando” come gli altri bicilindrici della famiglia Sportster. Frizione in mano, marcia inserita e si parte verso la fine della corsia box. Il cambio non è certo morbido e non ha nessuna intenzione di piegarsi alle esigenze del pilota: non serve a niente raccontargli che ci si trova in una pista e non c’è tempo di badare ai dettagli… vuole essere innestato come si deve e così bisogna fare. Pena farsi sverniciare in pieno rettilineo perchè non si è infilata la marcia giusta.

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In compenso, al gas gli si possono dare manate senza ritegno (complice la corsa lunga), anche se i 90 cavalli e 100 Newtonmetri di coppia non sono pochi da scaricare in uscita di curva, se a farlo è un grosso bicilindrico. Certo, in pista va guidata con un po’ di anticipo, ad esempio scegliendo bene il rapporto da inserire prima di una curva: l’allungo non è da 4 cilindri, perciò si rischia di dover innestare un’altra marcia quando ci si trova in piena uscita di curva e non sempre è possibile, specialmente quando – ancora in piega – le pedane stanno a pochi millimetri da terra.

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Ma, poichè c’è sempre il rovescio della medaglia, se si entra con una marcia di troppo il bicilindrico, tutt’altro che scorbutico, reagisce senza un lamento e comincia a salire di giri fino al limitatore (il cui intervento, peraltro, è blando e non invasivo). Un appunto va fatto alla frenata: di potenza ce n’è ma sulla leva bisogna agire con molta decisione per non arrivare lunghi in pista. Perciò, se avete il vizio di frenare con un solo dito, meglio dedicare un po’ più di impegno, nel caso di staccate impegnative.

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La XR1200X in pista richiede una guida decisa, di corpo: i chili sono tanti e la luce a terra, invece, scarseggia perciò bisogna mettersi completamente fuori dalla moto e tirarla giù fino a dove possibile. I collettori degli scarichi, infatti, toccano l’asfalto e il rischio di fare perno non è remoto. Ma, vi assicuriamo: non appena si è imparato a gestire l’esuberanza e l’estrosità di questa Harley ci si diverte davvero. Anche in pista.

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