TEST: Ducati Multistrada 1200
La Ducati Multistrada 1200 è arrivata nelle concessionarie di tutta Italia ed è anche disponibile per le vostre prove per capire se vi piace o meno, per scoprire se è fatta per voi o no. Dopo il faccia a faccia con le risposte alle vostre domande e il video test, qui trovate le nostre impressioni di guida e che sia per voi anche uno spazio in cui confrontarvi dopo averla guidata.
Già il nome – Multistrada – anticipa la versatilità di questa moto, già dal nome si capisce che è un mezzo con diverse anime. Insomma, una moto non facile da raccontare proprio per questa sua molteplicità. Quindi, riuscito l’intento di Ducati che voleva riunire in una sola due ruote diverse possibilità e modalità di utilizzo: Sport, Touring, Urban ed Enduro.
Saltiamo quest’ultima, con la Multistrada l’enduro è precluso, non serve nemmeno guidarla per poterlo dire: 189 kg a secco (217 in ordine di marcia con il serbatoio pieno al 90%) sono un ottimo peso (rispetto alle rivali di segmento) ma rappresentano un limite invalicabile nel momento in cui finisce l’asfalto; le ruote da 17” consentono serenamente di percorrere lo sterrato per raggiungere la spiaggia ma non si va molto oltre.
Non solo il diametro ma anche la sezione delle ruote (con un posteriore da 190) limita l’utilizzo in offroad dove è fondamentale potersi insinuare fra sassi e asperità varie per fare “grip” sul terreno il più possibile; infine, particolare non meno importante, in fuoristrada ci si stende spesso (anche se mai volentieri), buttare a terra una moto da qualche migliaio di euro è accettabile, non una Ducati da 15.000 (a partire da…).
Comunque, anche se l’aspetto è quello di una enduro stradale (850mm, altezza sella da terra),le ruote (da 17” con un posteriore da 190) esprimono subito la vocazione “tutt’asfalto” di questa Multistrada. L’approccio iniziale è intuitivo: la posizione in sella è più da naked che da enduro, con il busto leggermente reclinato in avanti e il manubrio bello largo si ha la sensazione di poter dominare la Multistrada, aggrappandosi con le cosce sui fianchi del serbatoio.
La sella è comoda (non provoca indolenzimenti, nemmeno dopo un paio di centinaia di chilometri) e larga ma non offre molte possibilità di movimento in senso longitudinale. Lo sbalzo rispetto alla posizione del passeggero è notevole ma in compenso offre al pilota un po’ di appoggio quando si deve resistere all’inerzia di una brusca accelerazione. La prima pecca la si riscontra quando si cerca la posizione migliore per i piedi: arretrando si incontrano le pedane del passeggero mentre spingendo verso il basso con il tacco dello stivale si cozza contro il cavalletto centrale (è un optional).
L’elettronica si fa notare subito, ancora prima di avviare il bicilindrico: la chiave, infatti, resta in tasca e l’impulso all’impianto elettrico arriva tramite transponder. Con lo stesso principio anche il funzionamento del bloccasterzo, meccanico ma ad azionamento elettrico. Il quadro strumenti è da vera superbike, con un grande display centrale, mentre a lato ci sono un elemento circolare ed una serie di spie.
Inizialmente bisogna farci un po’ l’occhio, le informazioni nel display sono molte e si fatica a districarsi con lo sguardo fra tutte quelle indicazioni. Man mano che ci si abitua, però, si apprezza la possibilità di avere tutti quei dettagli sotto controllo senza dover intervenire sui comandi. Non comodissimo il pulsante di avviamento ma la cosa importante è che in un momento il Testastretta 11° si accende e inizia a rombare.
Tutta la moto nasce intorno al bicilindrico da 1198cc ed è pensata per imbrigliarne e gestire le ottime potenzialità che è capace di esprimere (150 cavalli la potenza e 12,1 kgm la coppia). Prima di partire per la presentazione stampa ero prevenuto, mi chiedevo come l’elettronica avrebbe saputo trasformare un motore nato per una Superbike in un propulsore capace di essere docile nel turismo o nei trasferimenti quotidiani in città. Vediamo.
Devo dire che, con i Riding Mode, i tecnici Ducati sono riusciti a fare un ottimo lavoro. Viene gestita la potenza (disponibile in due powerstep, 100 e 150 cavalli), l’erogazione (che può essere brusca o controllata), le sospensioni (che si regolano nel precarico e nell’idraulica) e il controllo di trazione (che può essere più o meno permissivo, a seconda della modalità inserita).
Quindi, in Urban si avranno 100 cavalli a disposizione, controllo di trazione su livello 6 e sospensioni morbide: già in questa modalità (che personalmente ho apprezzato con il precarico del posteriore un po’ aumentato rispetto al setting standard), su un percorso misto ci si diverte alla grande, in sella ad una moto svelta negli inserimenti e sveltissima nei cambi di direzione. In questa modalità, le Ohlins sono meno pronte a rispondere alle esigenze ma, finché la velocità non è sostenuta, non si avverte il bisogno di un lavoro diverso da parte dell’idraulica.
In modalità Touring, i cavalli salgono a 150 mentre scende il DTC di un livello, l’erogazione è rotonda, le sospensioni sono un po’ più rigide mentre il precarico al posteriore aumenta, potendo scegliere in funzione della presenza o meno di bagagli e passeggero. Se con i 100 cavalli in posizione Urban ci si divertiva, qui non si può che restare entusiasti: il motore non finisce mai, capace di allunghi impressionanti con la ruota anteriore che galleggia sull’asfalto e le marce che si lasciano snocciolare una dietro l’altra, a patto di intervenire sulla leva del cambio con una certa precisione per non rischiare sfollate o mancati inserimenti.
In Sport, la bestia che risiede nel Testastretta viene completamente liberata e ci si ricorda immediatamente da dove viene questo motore. L’erogazione è brutale, l’anteriore non scende a terra fino alla terza marcia e le sospensioni ti fanno avvertire ogni minima imperfezione dell’asfalto, oltre che consentire una precisione di guida sconosciuta alle moto di questo segmento. La velocità cresce e ci vuole ben poco a superare i 200 chilometri orari, anche in quarta e con ancora qualche grado di margine sul contagiri prima del limitatore.
La modalità Enduro, invece, riporta a 100 cavalli la potenza, le sospensioni burrose con il precarico che alza di un paio di centrimentri la moto mentre il controllo di trazione diventa impietoso, tagliando fette di coppia ad ogni minimo slittamento della ruota posteriore. Come detto, meglio restare in strada: qualche tratto fuori dall’asfalto è consentito ma niente di più.
Complessivamente, ne emerge una moto davvero versatile e capace di esperienze molto diverse. Ma va ricordato che in Ducati sono bravi a fare le sportive e il vizio gli resta, non si può contrastare una naturale tendenza. Perciò, la Multistrada è sì capace di diventare una tourer ma sarà sempre sportiva: le prese a 12 volt (per il navigatore o l’abbigliamento riscaldato) non bastano per far dimenticare l’aggressività dell’impianto frenante che è di quelli “tutto e subito”. O ancora, la possibilità di addolcire l’erogazione non potrà mai eliminare i sussulti e le rimostranze del motore quando si cercherà di spalancare il gas al di sotto dei 2.000 giri.
Chiudiamo con un pregio e un difetto: a 120 km/h si riescono a percorrere 20 chilometri con un litro di benzina ma è incompleta la protezione aerodinamica, che lascia in balìa delle turbolenze le spalle e la testa del pilota. Insomma: non vogliamo illudervi che avrete quattro moto al prezzo (abbondante) di una ma di certo avrete un mezzo capace di adattarsi ottimamente a molte situazioni ed esigenze. Per chi in sella vuole divertirsi pur facendo molte migliaia di chilometri all’anno, è un pregio che non ha prezzo.