MotoGP, Rossi c’è. Ma Lorenzo, Marquez, Pedrosa sono di un altro pianeta

Valentino Rossi non sta facendo male in MotoGP. Ma obiettivamente è l'ultimo dei fantastici quattro. Si riprenderà?

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 17 set 2013
MotoGP, Rossi c’è. Ma Lorenzo, Marquez, Pedrosa sono di un altro pianeta


Non gli sono serviti né la presenza della bella fidanzata Linda ai box né il nuovo cambio seamless della Yamaha a Valentino Rossi per tornare vincente sul circuito di casa, a Misano. Chiamando le cose per nome non si può non dire che l’ennesimo quarto posto per il campione pesarese non sia una delusione e che dopo 13 gare il bilancio non sia deludente.

Visto dalla parte del bicchiere mezzo vuoto il bottino è peggiore del biennio Ducati perché sulle “Rosse” c’era un evidente gap strutturale del mezzo mentre qui la Yamaha (ma con in sella Lorenzo) è altamente competitiva, con cinque vittorie del maiorchino, in lotta per il titolo iridato.

Visto con il bicchiere mezzo pieno ci si aggrappa al trionfo di Assen (dove però il tris dei toreri spagnoli era acciaccato) e a qualche sprazzo, poco perché non si sta parlando di un outsider ma di un 9 volte campione del mondo, con il massimo di supporto sotto ogni profilo.

Infatti una rondine non fa primavera e il GP d’Olanda è stata l’unica ciliegina su una torta non certo dolce e appetitosa come il ritorno alla Yamaha faceva presagire. Intendiamoci, Valentino non è diventato un brocco, resta un signor pilota, un manico di altissimo livello, dal palmares da incorniciare, il pilota di straordinario carisma, il più amato degli ultimi quindi anni.

Il ritorno del grande pubblico sugli spalti del circuito di Misano è dovuto prevalentemente a Valentino: un tributo a uno dei più grandi campioni del motociclismo di tutti i tempi, cui ci si deve sempre levare il cappello.

Ma, prove libere dopo prove libere, qualifiche dopo qualifiche, gara dopo gara, si deve prendere atto della realtà, non drammatica, ma amara per il fuoriclasse pesarese, inesorabilmente non più sullo stesso livello di chi lotta oggi per la vittoria, a cominciare dal compagno di squadra con la sua stessa moto, quel Lorenzo che anche a Misano ha dimostrato di saper condurre la Yamaha alla vittoria e martellare cronometro e avversari, pilota completo di straordinaria maturità, capace di modificare e sviluppare se stesso sul piano tecnico e agonistico, di interpretare con grande efficacia le evoluzioni della moto e delle nuove tecnologie, in grado di arginare spesso l’onda d’urto del “lanciafiamme” Marquez, di tenere a bada le rincorse del mito italiano, di frenare i tentativi di rivincita di un signor pilota come Pedrosa.

Poi, si sa, da sempre il campione che dagli altari scende nella polvere e passa dai continui trionfi ai ripetuti piazzamenti, non accetta la realtà, incolpa il mezzo meccanico, accampa scuse, rinvia la riscossa a data da destinarsi. Non è un delitto e fa parte della natura umana, specie nello sport.

Ma la realtà va accettata: come per anni il nome di Valentino Rossi è stato scritto sugli albi d’oro dei mondiali, da tre anni quel nome è diventato una stella senza più la luce potente di prima e vive di luce riflessa. Senza i guai degli avversari, il “Dottore” fatica a rimanere addirittura nel poker d’assi e, a questo punto, nella lotta per il titolo non è neppure un valido al suo compagno Lorenzo. Tali considerazioni sono ancora più amare perché Rossi resta il pilota italiano non solo più carismatico, ma ancora il più competitivo, grazie anche alla Yamaha super ufficiale e a tutti gli annessi e connessi di cui dispone.

Dov’è il nuovo Rossi? C’è, ma porta il nome spagnolo: Marc Marquez, 20 anni, l’impertinente, il fenomeno. Ci vorrà tempo perché la scuola italiana metta in campo un fuoriclasse come Valentino, una macchina da guerra come Marquez, un campione completo come Lorenzo.

A tal proposito, il “flop” (perché di flop si tratta, con il 28esimo tempo in qualifica e la caduta alla prima curva dopo lo start, da solo in ultima posizione) del debutto di Luca Marini, il fratello di Vale, dimostra che in Italia i media pompano avventatamente e strumentalmente uomini e situazioni solo per fare audience, lettori, cioè cassetta. E’ un malvezzo tutto italiano che va ben al di là del motociclismo e di cui il giovanissimo pesarese – c’è da giurarlo – non ha alcuna colpa.

Per Luca, un 16enne serio e intelligente e anche un pilotino niente male, l’amaro debutto di Misano deve dimostrargli quanto è importante procedere per gradi, quanto è difficile conquistarsi autonomamente in pista il proprio spazio. Nello sport e nella vita tanti hanno fallito al debutto e poi, strada facendo, sono diventati vincenti e famosi. Luca non è (ancora) un fenomeno, ma è un pilota fra i più promettenti del nuovo vivaio italiano. Ha tutto il tempo per rifarsi, senza bisogno di emulare Valentino il grande.

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