Yamaha, la 200° grazie a Lorenzo. Nel 1964 il primo “iride” con Read

Grazie a Jorge Lorenzo la Yamaha ha ottenuto a Motegi la 200a vittoria. La prima fu di Phil Read e...

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 29 ott 2013
Yamaha, la 200° grazie a Lorenzo. Nel 1964 il primo “iride” con Read

A Motegi, proprio in casa Honda, la Yamaha ha conquistato con Jorge Lorenzo la 200esima vittoria iridata nella classe regina con la YZR-M1, moto estremamente raffinata e competitiva, con motore a 4 cilindri di 1000 cc sui 250 CV di potenza.

Sono trascorsi 58 anni dal debutto della Yamaha nelle corse, (con una 125 due tempi monocilindrica ispirata alla tedesca DKW RT 125) quando si aggiudicò nel luglio del 1955 la cronoscalata del Monte Fuji. La casa dei tre diapason dimostrava così, sul nascere come fabbrica di moto, di credere nelle corse, un impegno poi costante in tutte le cilindrate, con moto all’altezza dei tempi, con le mitiche livree prima rosso-arancione (erano così gli aerei militari) e poi bianco-rosse (aka-tombo, libellula rossa), fino all’avvento dei colori imposti, come è oggi, dagli sponsor.

Come noto, fu la connazionale/rivale Honda a fare da apripista per il gran salto nel Continente europeo – debutto al TT inglese nel 1959 con la bicilindrica 125 4 t. affidate a Taniguki, G. Suzuki, Tanaka e A. Suzuki rispettivamente settimo, settimo, ottavo, undicesimo, gara vinta da Tarquinio Provini (MV Agusta) davanti a Luigi Taveri (MZ) e a Mike Hailwood (Ducati) – e così anche la Yamaha prova poco dopo a misurarsi con i bolidi dell’industria europea esordendo con la RD 48 2 cilindri 2 t. nella 250 il 21 maggio 1961 al GP di Francia di Clermont-Ferrand con il funambolico “duro” Fumio Ito e l’acerbo Tanahara Noguchi.

Erano gli anni in cui le moto Grand Prix inglesi e tedesche (MZ a parte) accusavano il peso degli anni ma le Case italiane, pur con il grave forfait del 1957 di Guzzi, Gilera, Mondial, erano ancora molto competitive quando non ai vertici assoluti con MV Agusta, Morini, Benelli, Ducati, Bianchi, Aermacchi ecc. Tant’è che nel mondiale 1963 la Morini perde per un soffio con Provini il titolo delle 250 proprio nell’ultima gara in Giappone e la MV domina ancora la 500. In Italia non mancavano moto ma una strategia d’attacco (industriale e politica) capace di contrastare la marea gialla in espansione.

Così dopo i successi Honda, nel 1964, giunge l’exploit trionfale della Yamaha, con il suo primo titolo iridato della 250 del fuoriclasse inglese Phil Read affiancato dal tenace canadese Mike Duff. La mitica filante 250 RD56, semplice quanto efficace, con un sibilante e fumoso bicilindrico 2 t. raffreddato ad aria – già in ginocchio le bicilindriche 4 t. della MV Agusta – è contrastata a più riprese dalla monocilindrica Morini 4 t. (prima Provini, poi Agostini e Grassetti), e dalla Benelli (prima Grassetti con la bialbero monocilindrica 4 t. e la inedita 4 cilindri, poi Provini con la rinnovata 4 cilindri pesarese, in seguito Pasolini e Carruthers finalmente iridato nel ‘69), lotta soprattutto con le Honda 2 e 4 cilindri 4 t. e anche con le aggressive MZ tedesche dell’Est bic. 2 t.

Mentre in Europa e in Italia le fabbriche di moto tiravano la cinta – quando non le cuoia – con un mercato in crisi per l’avvento dell’auto e per …. mancanza di idee, le Case del Sol Levante producevano a fine 1963 quasi due milioni di moto, cercando subito lo sbocco dei mercati internazionali, in Europa e Usa.

Da lì la scelta convinta delle corse quale veicolo promozionale in quanto la moto da competizione crea identità, accende il cuore della gente e costituisce l’iceberg delle qualità del prodotto di serie. Copiando la precedente startegia commerciale e (anche) la tecnica delle moto degli italiani, governo e industria del Sol Levante puntano sulle corse (motomondiale in primis) con ingenti investimenti e indubbie capacità, dominando via via nello sport e nei mercati.

Il ko dell’industria italiana ed europea tocca il culmine proprio nel 1964, la prima stagione del primo titolo mondiale della Yamaha nella cilindrata all’epoca di maggior prestigio. Honda, Yamaha, Suzuki in quei primi anni scelgono piloti non italiani perché l’Italia delle moto resisteva ancora di fronte al boom dell’invasione gialla.

La Yamaha fa davvero un salto da gigante: solo una vittoria nel 1963 e poi il titolo nel ’64 con quella storica quarto di litro bicilindrica 2 t. a dischi rotanti, raffreddamento ad aria, 105 kg di peso totale, dal rombo stridulo e con una cavalleria all’epoca stupefacente vicina ai 50 HP oltre i 12.000 giri, delicata per le bizze della carburazione, scorbutica ai bassi regimi, ma imprendibile per le sue brucianti accelerazioni e per i suoi 240 Kmh. Delle italiane resistettero solo Morini e Benelli, la Honda corse ai ripari prima con la 4 e infine con la poderosa 6 cilindri di Hailwood, Redman, Graham, Bryans.

La Casa dei tre diapason risponderà subito con la strabiliante 4 cilindri 2 t a dischi rotanti (anche nella 125), tornando poi alle 250-350 bicilindriche di nuova generazione. Quindi il gran salto nella massima cilindrata con le 4 cilindri, prima due tempi, poi le 4 tempi nell’era MotoGP.

Ma quella è un’altra storia: il solco fu tracciato nel 1964 con quella formidabile 250 (diventerà, sempre rinnovata, la moto per antonomasia di quasi tutti i partecipanti al motomondiale 250 e 350) che lanciò il “duro” Phil Read e anche il “fantino” Bill Ivy nel firmamento mondiale. Yamaha passa così dalle note melodiose dei suoi pianoforti a quelle sibilanti dei suoi bolidi biancorossi.

In seguito, dal 1965 in poi, arriveranno, a pioggia, i titoli mondiali con Read, Ivy (1967-1968), Kent Andersson (1973-1974), l’era straordinaria e tragicamente interrotta della meteora Jarno Saarinen. Quindi i titoli nella 500, il primo italiano su una moto giapponese, la Yamaha, con l’iride nella classe regina nel 1975 con Giacomo Agostini, poi Kenny Roberts (1978-79-80), Eddie Lawson (1984, 86, 88), Wayne Rainey (1990, 91, 92). In seguito, 2001, a Biaggi sfugge il titolo andato a Rossi (Honda), passato in Yamaha dal 2004 al 2009. Su su in una girandola dove Yamaha è sempre ai vertici, fino al 2008, quando Rossi porta a 37 i titoli mondiali costruttori della Casa dei tre diapason, che fa il sorpasso storico sulla MV Agusta.

Il resto è cronaca e tutti la conoscono, fino al 2013 di Lorenzo e Rossi, con il maiorchino tutt’ora in lotta per il titolo a una gara dal termine.
I più grandi piloti hanno corso con Yamaha, meno due: Mike Hailwood e Casey Stoner. Pensando a Marc Marquez…

Ultime notizie