100° Benelli: quando il rombo della 250 "quattro" svegliò Pesaro

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 10 gen 2011
100° Benelli: quando il rombo della 250


In certi casi, come per la Benelli, 100 anni valgono molto di più di un secolo. Per lo storico marchio pesarese, infatti, il 2011 non rappresenta solo una ricorrenza straordinaria, ma l’attimo “fuggente” per una riflessione di una realtà industriale e sportiva divenuta un mito fuori dal tempo. Amarcord tornerà più volte e da diverse angolazioni sull’epopea della Casa del Leoncino iniziando da questo pezzo che ricorda momenti indimenticabili.

Stavolta partiamo dal 1958, quando sette anni dopo il doloroso forfait per la tragedia di Albi e la perdita del campione del Mondo Dario Ambrosini, la Benelli ritorna ufficialmente alle corse Grand Prix – nel frattempo si era cimentata vittoriosamente tra le “sport” e nelle Gran fondo con il mitico Leoncino 125 a due tempi – con una nuova monocilindrica 250 su cui saliranno, oltre a Silvio Grassetti (belle lotte contro Provini-Morini) anche Mike Hailwood (vittorie in Inghilterra e Sud Africa), Geoff Duke (gran vittoria a Locarno) e Dik Dale.

Ma a Pesaro si guarda oltre e si prepara in gran segreto la inedita 250 quattro cilindri. Nell’inverno 1959-1960, per molte ore, specie di notte, la città ode per la prima volta le “note” del nuovo motore che gira senza sosta sul banco prova. E’ l’inizio di un sogno collettivo. Per molte volte al giorno si formano spontaneamente capannelli di aficionados e curiosi (compreso l’estensore di queste note, all’epoca coi calzoni corti ..), che stazionano davanti i cancelli d’ingresso di Viale Mameli. Ai primi di febbraio, il … “miracolo”.

In un fine pomeriggio nebbioso la fortuna premia chi (sottoscritto compreso) non aveva mai mollato la postazione: un giovanissimo Silvio Grassetti, attorniato dall’intero staff capeggiato dal direttore sportivo Paolo Benelli (figlio del grande pilota Tonino) esce dal capannone del reparto corse in sella al nuovo bolide senza carenatura. Una spinta e, per la prima volta, l’urlo rabbioso del nuovo motore si fa sentire tra gli applausi e gli urrà dei presenti. Solo pochi giri nell’anello (con curva rialzata) interno della fabbrica, ma quanto basta per bloccare il traffico della adiacente strada nazionale.

La Benelli, in piena guerra, nel 1940, si era già cimentata nella quarto di litro, con il quattro cilindri col compressore (210 cavalli/litro!). Stavolta erano scesi in campo i giapponesi e la moto era in assoluto la più innovativa e promettente dell’industria italiana ed europea. Il prototipo fu presentato ufficialmente a Pesaro, con la stampa internazionale sportiva e non, nel giugno 1960. Fu il primo “evento” in cui il motociclismo divenne anche show. Servizi e interviste furono pubblicati in Italia e nel mondo, alimentando un interesse che sbloccò lo stato di difficoltà delle corse.

Silvio Grassetti su Benelli
Silvio Grassetti su Benelli
Silvio Grassetti su Benelli
Silvio Grassetti su Benelli

La macchina, vista da vicino, esprimeva un senso di potenza e incuteva davvero timore. Il rombo prodotto dai quattro megafoni fatti a mano col martello da una lastra piana, era unico ed entusiasmante. Anche tecnicamente era molto accattivante.

Invertendo la tradizione corrente, i quattro cilindri (ognuno alesaggio e corsa di mm 44 x 49,6 = 246,9 cc) sono con asse verticale, raffreddamento ad aria. Tutto è fuso in lega leggera speciale. La distribuzione a due alberi in testa, con due valvole inclinate per cilindro e molle valvole elicoidali, è comandata da un treno di ingranaggi centrali, la trasmissione primaria è affidata a una coppia di ingranaggi con il minore posto sull’albero a gomiti fra il primo e il secondo cilindro di sinistra.

Frizione a secco, cambio a sei marce, alimentazione con quattro carburatori Dell’Orto da 20 mm., accensione a batterie con quattro bobine e ruttore quadruplo, lubrificazione a carter secco e serbatoio dell’olio separato. Il telaio è in tubi a culla doppia inferiore, freni integrali in lega con l’anteriore a quattro ganasce e doppia leva di comando, pneumatici da 2,50 x 18” davanti e 2,75 x 18” dietro. Peso della moto di 122 kg. Potenza di questo primo propulsore: 40 CV a 13.000 giri, velocità con carenatura oltre 230 kmh: quindi top mondiale per la categoria.

Macchina complessa, gestazione difficile: debutto nella primavera successiva: il 25 aprile 1962 alla Coppa d’Oro Shell di Imola (alcuni giri di Grassetti al comando, poi stop per banale guasto elettrico) e il successivo primo maggio il trionfo in volata di Silvio a Cesenatico (moto stupenda passata dal rosso al verde e grigio metalizzati) davanti al campione del mondo Tom Phillis (Honda 4 cilindri) e a Tarquinio Provini (Morini mono).

Fu l’apoteosi. Con invasione di pista (io c’ero …) e gran festa, poi, per tutta Pesaro.

Quella moto, riveduta più volte e poi completamente rifatta, fu sempre protagonista, ma solo sette anni dopo, nel 1969 (anno in cui Grassetti è vice campione del mondo della 350 con la Jawa 4 cilindri ufficiale dietro ad Agostini MV Agusta), con l’australiano Kel Carruthers, conquistò il titolo di campione del Mondo della 250.

Furono, da quel 1962 al 1969, anni infuocati: la 250 era la categoria top del mondiale e la quattro cilindri pesarese, (altri discorsi faremo per le sorelle maggiori di 350 e 500) portata in pista da fior di piloti: in primis Silvio Grassetti (cui va l’onere e l’onore del debutto e dello sviluppo della plurifrazionata pesarese nel triennio 1961-62-63), Tarquinio Provini (il più innovatore e sfortunato con l’incidente del 25 agosto 1966 al TT inglese), Renzo Pasolini (il più vittorioso), Walter Villa, Eugenio Lazzarini, Amilcare Ballestrieri, Angelo Bergamonti, Remo Venturi, Gilberto Parlotti, Phil Read e Kel Carruthers, si è conquistata un posto d’onore nell’olimpo dei mezzi da competizione più significativi di tutti i tempi. Scusate se è poco.

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