L'assolo della MotoGP o l'orchestra della WSBK?
Mentre il patron della Dorna Carmelo Ezpeleta si arrampica sugli specchi e si aggira col lanternino vagheggiando di una MotoGP … 2012 con 22 partenti (a proposito, chi sono i “nuovi”?), i dati dell’audience della passata stagione della WSBK dimostrano la crescita costante del mondiale delle derivate.
Qui non riprendiamo i dati, già riportati nel precedente post di Gianluca. Paolo Flammini, CEO di Infront Motor Sports gongola con un linguaggio fra il politichese e il marketing sofisticato. Il dato di fondo, semplicemente, è che la WSBK produce numeri sempre più positivi e pesanti, sia sotto l’aspetto quantitativo che qualitativo, a dimostrazione della validità del progetto.
Con l’aria che tira non è il caso di riattizzare vecchie e nuove polemiche fra i fans della MotoGP e quelli della WSBK. Non per un malcelato senso di “quieto vivere”, bensì per comprendere che non di “guerra” c’è bisogno fra le due massime categorie della velocità, ma, caso mai, di visione unitaria, sfruttando il valore aggiunto l’una dell’altra.
Allo stato attuale, le specificità che caratterizzano la MotoGP e la WSBK non interferiscono (ancora) in negativo. Anche se la Moto 2 ha portato nubi pesanti e la prospettiva dei motori derivati di serie in MotoGP sarebbe una jattura.
E’ giunta l’ora non solo di accontentarsi di un tacito armistizio quanto di mettere all’incasso il valore “globale” delle due categorie. Questo, lo ripetiamo, senza intaccarne le singole peculiarità.
Il problema non riguarda solo le caratteristiche tecniche delle moto e dei regolamenti, ma come le due categorie interpretano e gestiscono il “concetto” delle corse, i contenuti tecnici e agonistici, l’intero complesso dell’evento in quanto show.
Mentre la MotoGP gira sostanzialmente attorno alla stella (che mette in moto l’intera galassia del Circus) di un solo pilota, la WSBK (pur non priva di stelle singole, nel 2010 Biaggi docet…) fa dell’intera orchestra il proprio punto di forza. Da una parte l’assolo, dall’altra il coro.
Forse una via di mezzo farebbe fare un ulteriore salto di qualità al motociclismo da competizione. E finirebbe anche l’angosciante dilemma: che succederà quando Valentino attaccherà il casco al chiodo?