Diretta giovani 2014: il mondo delle moto incontra le scuole
Parte da Gubbio il primo talk show del motociclismo dedicato ai giovanissimi che porta campioni e uomini di azienda a diretto contatto con le scuole italiane
Venerdì 24 gennaio, nella sala Europa del Park Hotel ai Cappuccini, a Gubbio in concomitanza con il battesimo del Liceo Scientifico Sportivo, si è svolto il primo evento Diretta Giovani. Un format inedito, un nuovo strumento di comunicazione, che ha l’obiettivo di raccontare ai giovani il motociclismo attraverso le storie di vita dei piloti, degli ingegneri e di tutte quelle persone che lavorano nel settore delle due ruote. Diretta Giovani, in sostanza, è un talk show dove si parla di moto ma gli argomenti trattati non sono quelli noti. Infatti, gli aneddoti prendono il posto della cronaca sportiva, le idee prendono il posto dei numeri di vendita, il funzionamento dei centri stile e dei reparti di ricerca e sviluppo prendono il posto delle teorie micro e macro economiche.
IL format Diretta Giovani è stato ideato da Riccardo Piergentili, giornalista della Conti Editore, con lo scopo di spiegare ai giovani che la moto non è sinonimo di pericolosità ma è soprattutto passione, emozione ed anche possibilità lavorative. Già, perché l’Italia, insieme al Giappone, è lo stato più ricco di aziende che lavorano nel settore delle due ruote. Proprio una di queste aziende, Aprilia, ha preso parte all’evento. La Casa di Noale è stata rappresentata da Marco Melandri, il pilota che nel 2014 avrà il compito di portare la RSV4 al vertice del Mondiale Superbike, e Romano Albesiano, responsabile del settore racing e del Centro Tecnico Moto di Piaggio.
All’evento era presente anche Giampiero Sacchi, umbro DOC, capo del Team Iodaracing, che a breve, proprio con Aprilia, potrebbe siglare un accordo per utilizzare le ART in MotoGP e sviluppare le soluzioni da utilizzare sulla moto con cui Aprilia rientrerà ufficialmente nel mondiale prototipi. L’evento ha attirato anche l’attenzione delle istituzioni, presenti con Rocco Girlanda, sottosegretario al Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, Domenico Petruzzo, Direttore Regionale dell’Ufficio Scolastico Regionale dell’Umbria, Andrea Smacchi e Manlio Mariotti, Consiglieri Regionali, Donatella Porzi, Assessore all’Istruzione della Provincia di Perugia.
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GLI ospiti, per approfondire il più possibile gli argomenti sportivi (come ad esempio la vita di un pilota al di fuori delle competizioni, oppure come un campione del mondo convive con la paura di guidare al limite una moto da oltre 200 CV), quelli tecnici e quelli riguardanti la filosofia che sta alla base di un progetto, hanno commentato video e foto ma soprattutto hanno scelto di usare un linguaggio comprensibile dai giovani, quello che di norma non viene utilizzato in eventi pubblici.
Diretta giovani è stato condotto da Riccardo Piergentili, che si è avvalso della collaborazione di Enrico Borghi, inviato di Motosprint alla MotoGP, Massimo Boccucci, direttore dell’agenzia di stampa Infopress e Giacomo Marinelli Andreoli, direttore di Trg Network, che ha assicurato anche la diretta streaming dell’evento nelle scuole: tra gli studenti in aula (circa 450) e quelli negli istituti, Diretta Giovani ha coinvolto circa 2000 ragazzi. Il talk show è stato aperto da Luca Colaiacovo, presidente di Santa Monica SpA, società che gestisce il Misano World Circuit Marco Simoncelli. Colaiacovo ha rimarcato come “lo sport è scuola di vita e passione, oltre a gesto agonistico e genialità creativa. È parte della nostra storia, del nostro presente e del nostro futuro”.
AL termine dell’intervento di Luca Colaiacovo, l’attenzione si è subito spostata verso Melandri, applauditissimo a scena aperta dai giovani in sala:
“Poco tempo fa, quando ho dovuto rinnovare la carta d’identità, mi hanno fatto notare che non ho più i capelli castani ma brizzolati! Ho 31 anni, corro in moto da sempre, però mi sento ancora giovane. Nel motociclismo, a differenza di quanto si pensa, bisogna essere dei veri atleti per emergere, perché, esattamente come nella vita, il talento non basta. Occorrono serietà, dedizione al lavoro e rispetto del prossimo. Io sono cambiato negli anni, perché ho capito di essere un ragazzo fortunato e che non tutto mi è dovuto. Non è sempre facile avere questa consapevolezza, soprattutto quando in giovanissima età diventi un campione del mondo e tutti ti cercano. L’essere famosi o meno, però, non cambia quello che siamo davvero, in gara come nella quotidianità”.
Albesiano ha ripercorso la sua esperienza umana e professionale, spiegando che per diventare capo di un reparto corse bisogna prima vincere le gare nello studio:
“Ho studiato tanto per arrivare fin qui. Mi sono laureato in ingegneria aeronautica a Torino e, per fortuna ma anche per caparbietà, sono riuscito subito ad entrare nel mondo della moto. In quest’avventura si fondono la passione ed il lavoro. Non è scontato. Ci poniamo sempre nuovi obiettivi, continuando a studiare per scoprire cose nuove perché non si finisce mai d’imparare. Siamo italiani con pregi e difetti: è un momento difficile, vedo attorno ai giovani un clima di pessimismo ma so che abbiamo la forza e le qualità per aprirci a nuove sfide e prospettive”.
Sacchi, infine, che nella sua vita ha incrociato le carriere di tutti i migliori piloti del mondo e si è sempre preso dei rischi imprenditoriali in nome della passione per le moto, ha messo la sua esperienza a disposizione degli studenti:
“Se c’è una cosa che lo sport insegna è che il senso della sfida completa un percorso di vita che dà il piacere di essere vissuta. Chi ha paura di perdere non avrà una grande soddisfazione davanti: il bello e il sale della vita è provarci, sempre. Ho visto i migliori piloti vincere il campionato del mondo, ma ne ho visti anche tanti che non ci sono riusciti. Però ci hanno provato. Non abbiate il timore di sbagliare. Bisogna sempre provarci e pensare bene alle proprie scelte”.
AL termine dell’evento Melandri si è sottoposto al fuoco di fila delle domande da parte dei giovani e delle giovani presenti. Eccone alcune:
Come è stata l’esperienza in MotoGP?
“È durata dal 2003 al 2010. Credo di avere cavalcato l’onda degli anni più belli, dove guidavamo moto potenti senza gli aiuti dell’elettronica. Quando ha preso il sopravvento la tecnologia ho deciso di passare alla Superbike per ritrovare quell’adrenalina e la competitività che mi mancavano. Mi diverto molto, ora”.
Come è stato il rapporto con Biaggi?
“Posso dire che siamo due generazioni un po’ diverse. È impensabile avere le stesse idee. Comunque c’è stato sempre rispetto reciproco e correttezza. Il rimpianto è quando ho perso il mondiale 2012, proprio con lui”.
Quanto ti alleni?
“Questo è uno sport molto faticoso, e bisogna lavorare tanto. I piloti di moto rischiano di più rispetto ad altri, perché se si sbaglia si rischia di farsi molto male. Lavorare con metodo e continuità porta ad avere una sicurezza mentale. Non c’è una settimana tipo come nel calcio. Io mi alleno tanto in palestra, tre volte alla settimana circa, ed in bicicletta, almeno una volta alla settimana. Cerco di potenziare molto le gambe, che uso molto nei cambi di direzione. Non essendo alto, devo essere forte muscolarmente per indirizzare la moto nel punto che desidero”.
Come si gestiscono il successo e la popolarità?
“Il primo anno che arrivai terzo al mondiale è stato un periodo particolare: pensavo di poter fare quello che volevo. Quando l’anno dopo è andò male, capii che bisogna sempre rimanere umili”.
Come ti aiuta la squadra?
“È importante la comunicazione, essere in grado di spiegare di cosa hai bisogno per sfruttare le tue potenzialità. La squadra è fondamentale soprattutto nei momenti più difficili, quando c’è poco tempo per pensare”.
A chi ti sei ispirato? Chi era il tuo idolo?
“Ammiravo un po’ tutti i piloti, anche quelli che navigavano nelle retrovie quelli dietro. Apprezzavo il loro impegno ed il loro coraggio”.
Cosa hai provato per la scomparsa di Simoncelli?
“Il nostro è uno sport pericoloso ma penso che il nostro destino sia già scritto. Noi piloti stiamo lavorando per migliorare la sicurezza delle moto. Siamo arrivati già ad un livello molto alto ma non bisogna smettere di lavorare”.