Rossi-Ducati: i nodi da sciogliere
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Adesso, dopo Losail, Rossi e la Ducati hanno due strade davanti. La prima è quella di non guardare in faccia la realtà, “accontentarsi” perché più veloci in gara con gomma dura, che in prova, aggrapparsi al rosario dei “se” e dei “ma”. La seconda è quella di prendere atto degli attuali livelli di competitività, cosa vale davvero questo settimo posto e cosa pesano realmente 16 secondi e passa di scarto dal vincitore Casey Stoner. Il tutto in una MotoGP con 16 partenti e 13 piloti a fine gara, con l’ottavo classificato (Edwards a – 26 secondi) e con gli altri dietro, sopra al mezzo minuto di gap!
Sarebbe davvero il caso di ricordarsi cos’era la 500 (non solo quella delle due tempi), vera classe regina, per schiarirsi le idee. Tornando a Losail, la Ducati, al di là delle dichiarazioni di prammatica, esce alquanto stordita dal primo verdetto stagionale. Poteva andare (addirittura) peggio? Enzo Ferrari, quando una sua Rossa arrivava seconda, parlava di sconfitta (primi dei perdenti…), e quando non raggiungeva neppure il podio, rigirava come un calzino il reparto corsa di Maranello e il progetto della macchina del momento. Altri tempi, altri uomini. Ogni sconfitta portava a una svolta. E, quando dopo la scomparsa del Drake, anche in Ferrari spuntò la logica dei “se” e dei “ma”, le Rosse passarono da protagoniste a comprimarie.
Idem nel motociclismo, con grandi Case italiane (Guzzi, Gilera, Mondial, MV Agusta, Benelli, Bianchi, Morini, Garelli ecc.) che passarono dagli altari alla polvere per essersi adagiate, in modi e tempi diversi, alla logica dello struzzo. Molti dei bla bla odierni derivano non dal fatto di non aver vissuto quelle epoche ma dal fatto di non avere né modestia né voglia di guardare indietro per trarne lezioni, oggi. Così è. Anzi, così era.
Perché oggi c’è addirittura chi pensa e scrive: “In 22 giri Rossi ha accumulato 16 secondi di distacco da Stoner e non 30 come ci si aspettava in base alle prestazioni in prova”. E’ il vecchio refrain del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, del chi si accontenta gode. Con questa impostazione, il podio diventa una chimera e la vittoria un miraggio.
Che fare? La Ducati deve prendere il toro per le corna! Rossi, al di là di qualche acciacco e di una motivazione un po’ a corrente alternata, non ha perso l’antico smalto. Ma a Borgo Panigale si deve prendere atto che neppure il nove volte campione del Mondo può fare miracoli e che un conto sono le (legittime) esigenze del marketing, un conto è la (dura) legge della pista.
Il nodo non sta solo nella messa a punto: questa Desmosedici resta una gran moto ma questo step di sviluppo è giunto al capolinea. Comunque, al binomio Rossi-Ducati non mancano potenzialità e risorse. La ripresa, almeno per un parziale recupero, oltre che auspicabile, è possibile. A condizione che ci si metta subito a testa bassa, team e pilota, con grande determinazione e con grande umiltà.
E’ sulla seconda condizione che sorge il dubbio. Dopo la gara di ieri Valentino è tornato a lamentarsi della spalla e promette che a Jerez: “Possiamo avvicinarci agli altri”. Bene. Se son rose … Per il bene del motociclismo, un solo grido: “Forza Rossi! Forza Ducati!”.
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