Ducati (e Rossi) a caccia della riscossa

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 24 mar 2011
Ducati (e Rossi) a caccia della riscossa


Davanti alla Ducati e a Filippo Preziosi ci si toglie il cappello. La Casa di Borgo Panigale ha da sempre una forte vocazione per le corse. E’ sempre stata una fabbrica di vittorie. Dalle cavalcate trionfali delle “Marianne” nel Motogiro 1955 (dieci moto bolognesi classificate ai primi dieci posti di classe), al motomondiale con le Ducati 125 ai primi cinque posti del GP delle Nazioni a Monza (1958), agli esordi della desmodromica 125 dell’Ing. Fabio Taglioni con gli acuti di Spaggiari e Gandossi, al trionfo della prima 200 Miglia di Imola (1972) con Paul Smart e Bruno Spaggiari in sella alle bicilindriche 750 SS, su su fino alle perle in SBK che hanno formato una indelebile collana dorata, e all’iride superlativo di Casey Stoner in MotoGP.

Questo il tratto di una grande Casa, cui il motociclismo e l’Italia devono molto. Oggi si tenta di nuovo l’assalto vincente alla MotoGP, con Valentino Rossi valore aggiunto di questa nuova fase che, partita con il settimo posto a Losail, cerca da subito la via della riscossa. Almeno è quanto trapela dall’intervista di Guido Meda su Sport Mediaset all’ing. Filippo Preziosi, progettista sopraffino e, non fa male ribadirlo, persona di forte temperamento e di indiscusse qualità umane.

La delusione del debutto è forte, anche perché le forti aspettative alimentate dalla strategia di marketing si erano concentrate esclusivamente sulla logica dell’immagine legata al business. In altre parole si pensava che l’arrivo di Rossi potesse equivalere a vittoria sicura. Per una serie di coincidenze, anche legate alla sfortuna, il miracolo non c’è stato.

Preziosi fa bene a ricordare il gap per “la moto nuova provata pochissimo e la spalla di Valentino messa come è messa”. Ma quando sul quadrato il gong suona, sul ring bisogna salire. E lì, i “se” e i “ma” non contano più: vale solo il risultato. Perché chi vince dimentica anche i propri “guai” e chi perde i suoi “guai” li ripropone e li … ingigantisce, per attutire il colpo della sconfitta. E’ così per tutti ed è legittimo. La differenza sta solo nello stile che, come la classe, non si compra.

Preziosi guarda (giustamente) al dopo Losail e promette cambiamenti: “”Sì, saranno anche radicali. Diciamo che alcuni cambiamenti saranno appariscenti e visibili ed altri appariscenti e non visibili. Dove per appariscenti intendo dei cambiamenti che modificano in modo importante il comportamento della moto”. Alla domanda: “Sul telaio. Quindi ”? “Non necessariamente – risponde Preziosi – ma anche lì. Però non abbiamo in mente di cambiare la struttura che stiamo utilizzando. Si può modificare profondamente il comportamento della moto senza cambiare la forma degli elementi che la compongono ma magari cambiandone la struttura. E poi in realtà conta moltissimo anche quello che faremo sul motore, che è uno degli elementi su cui lavorare di più per addolcire la guida della moto in piega. Ci piace moltissimo come stiamo lavorando con Valentino ed è molto chiaro quello che dobbiamo provare ad ottenere. Se il motore è aggressivo, soprattutto a moto piegata, quando vai a chiamarlo il sistema si scompone e si perde tempo”.

E’ positivo che la “botta” di Losail pare smaltita e si lavori a testa bassa. Tutto bene, quindi. No. Il gap attuale della Desmosedici richiede una “rivisitazione” nel cuore del progetto. A campionato iniziato e con il secondo appuntamento che batte già alle porte, non sembra una soluzione facile. A dirla tutta, sembra una impresa disperata.

La storia delle corse insegna che i rivoluzionamenti in corso d’opera non pagano e rischiano l’inserimento in un tunnel senza uscita. La Ducati e Rossi dimostreranno il contrario? Speriamo. Ma che succederà se a metà campionato il binomio su cui ruota la MotoGP non rientrerà (almeno) nella lotta per il podio?

Ultime notizie