Corsa bagnata, corsa ... "fortunata"?
Le condizioni meteo avverse come quelle viste fin qui nelle prove e qualifiche del Miller Motorsport Park ripropongono il tema delle gare sul bagnato e la solita domanda: correre o no quando la pista diventa uno specchio d’acqua e piove a dirotto? Non c’è dubbio che il “bagnato” distorce i “valori” in campo. Ma quali valori? Solitamente in certe condizioni i tempi sul giro si alzano di molto, il rischio per i piloti aumenta, c’è una tendenza a diminuire le distanze fra i concorrenti. Ma non è il … “più matto” ad emergere, bensì il più equilibrato, il più completo, chi guida con “mano d’acciaio in guanto di velluto”.
E’ vero: sotto l’acqua ci sono specialisti che danno paga a piloti molto più blasonati e con mezzi più competitivi. Ma i fatti dimostrano che il fuoriclasse resta fuoriclasse in ogni condizione, e alla fin fine il pilota che vince di più con l’asciutto è quello che sa ripetersi anche sul bagnato. Valeva agli albori per i Nuvolari. i Varzi, i Tenni, valeva ieri per Hailwood, Agostini, Read, Saarinen, Roberts, Sheene, Spencer, Fogarty, Bayliss ecc, vale ancora oggi per Rossi, Biaggi e i big della Motogp e della WSBK. Le eccezioni confermano la regola.
La corsa sul bagnato, salvaguadando le regole della sicurezza, sono una componente ineliminabile delle competizioni di moto, fanno parte del metro di misura del “manico” che divide il campione dal fuoriclasse. “Guida come sull’asciutto”, si diceva di Jarno Saarinen, ad avvalorare quel qualcosa di più che il finlandese sicuramente aveva sempre e ovunque. Con l’acqua, le diavolerie della tecnologia di oggi e lo strapotere delle gomme attenuano la loro funzione: protagonista assoluto ritorna ad essere il pilota, funambolico e straordinario atleta, che lotta ancor più con se stesso che contro i suoi avversari, per non oltrepassare quella sottile linea di equilibrio che divide una impresa da una rovinosa caduta.
Quel che conta, alla fine, è lo spettacolo. E se l’acqua è una delle variabili delle corse che esaltano il pilota, ciò significa che lo spettacolo è assicurato. Certe immagini del Miller riportano a un motociclismo del passato, meno sofisticato e con meno luminarie, ma più da “baionetta”, più vicino a quello de “ i giorni del coraggio”; quel motociclismo, ieri come oggi, sempre in bilico fra la realtà e il sogno, dove i centauri diventano miti e alcuni assurgono ad eroi.
Correre sotto l’acqua non è un tornare indietro, caso mai il contrario, a dimostrazione che le corse, con il loro fascino e il loro rischio, vivono in una dimensione “particolare”, fuori dal tempo e dallo spazio.
E’ anche per questo che tutti i piloti, nessuno escluso, impegnati in queste prove bagnate del Miller meritano il plauso incondizionato per il loro coraggio e per la loro bravura. Il futuro delle corse sta nel mantenerne l’identità ideale e storica: il cuore dell’appassionato batterà sempre per le gesta del proprio idolo, meno per le performance di una centralina.