MotoGP, ascolti tv a picco. Tutta colpa di Sky?
Gli ascolti della MotoGP sono in calo. Era prevedibile. Non è certo solo colpa di SKY. La nostra analisi
C’è chi prova ad arrampicarsi sugli specchi per coprire o addirittura negare la fuga di telespettatori italiani (e non solo) in occasione dei primi tre Gran Premi della MotoGP 2014. E c’è chi s’accontenta o gode nel fare distingui fra il mondiale MotoGP e quello SBK (entrambi di proprietà Dorna) riguardo all’audience televisiva oramai allo stesso (basso) livello dei due massimi campionati di motociclismo.
La realtà è inequivocabilmente negativa per la MotoGP, tornata ad essere, quanto meno sul piano degli ascolti televisivi, uno sport di elite. Non serve arrovellarsi sugli zero virgola: qui dopo i primi tre Gran Premi siamo attorno a un milione di telespettatori contro i 4 o 5 (anche 6) milioni degli ultimi anni quando Mediaset trasmetteva il motomondiale in chiaro.
La crisi economica incide e sborsare altri soldi per seguire in diretta dal salotto di casa il motomondiale di velocità non è cosa di poco conto. Poi ci sono anche le prese di posizione “ideologiche” di quelli che “a pagamento mai”, anche se costasse un solo euro. Ma un solo euro non costa – pur se il valore medio mensile è quello di un paio di pizze con birra – e pesa anche il gap psicologico del passaggio dal tutto “gratis” al (quasi) tutto a pagamento.
Sborsare soldi per servizi extra con canali dedicati è più che giusto, ma l’imposizione dell’abbonamento per il servizio “standard” della corsa in diretta, oltre che ingiusto, è un errore che si ritorce per primo contro il motomondiale e contro chi – come Sky – paga profumatamente i diritti per gestire in esclusiva il segnale.
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La baracca del motomondiale (così come quella della F1) si regge sostanzialmente sull’audience televisiva internazionale: più gente davanti alla Tv più sponsor che investono somme pesanti, incrementando la torta da dividere fra organizzatori, team, piloti ecc. Ciò però vale anche all’incontrario: meno spettatori, meno sponsor e tariffe più basse. Perché una azienda sponsor deve oggi pagare la stessa cifra di prima quando i telespettatori sono 4 o 5 volte di meno? E se gli sponsor investono 4 o 5 volte meno, chi paga i contratti milionari di certi piloti e l’ambaradan sfavillante del paddok (hospitality, van, personale vario ecc) da mille e una notte?
L’obiettivo di ridurre i costi è fallito perché le spese sono aumentate di anno in anno. Il giocattolo si è inceppato e rischia di rompersi definitivamente. La domanda è una sola: perché per almeno 4 milioni di telespettatori italiani la corsa non vale i soldi chiesti da Sky?
La MotoGP, disumanizzata e da luna park, non attira più? Valentino Rossi non è più la star vincente? L’unica Casa italiana arranca? I giovani “tricolori” sono solo comprimari? Il dominio di Marquez toglie appeal alla corsa, dando per scontato il risultato? I commentatori non solo all’altezza? Non è facile rispondere a questi interrogativi e in ogni risposta c’è una doppia verità che dice una cosa e il suo contrario.
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Così come la F1 auto anche il Motomondiale ha perso interesse (cosa è la Moto2?) e la stessa MotoGP super elettronica, pseudo-ecologica-strozzata vive alla giornata in balia di regolamenti ballerini, incomprensibili, al limite dell’assurdo e del … “truffaldino”. La MotoGP è dominata da Case giapponesi e sarebbe manna dal cielo l’ingresso di Case italiane (oltre Ducati) ed europee, per nulla incentivate a fare il gran passo.
C’è confusione su cosa devono essere le corse mondiali di velocità, manca una strategia credibile e una visione unitaria fra i soggetti dominanti, Dorna e Case in primis. Senza business non c’è sport professionistico, ma di solo business lo sport non può vivere, rischia di esserne soffocato. Così facendo anche gli investimenti in questo sport non producono il business desiderato e si riducono, con conseguente impoverimento generale: è il classico gatto che si morde la coda.
Non solo: evidentemente i 4 o 5 (anche 6) milioni di telespettatori delle stagioni precedenti erano spettatori reali davanti alla tv (gratis) ma… “virtuali” sul piano della passione per il motociclismo e per il Motomondiale, prevalentemente “tifosi” di un singolo pilota. In altre parole il motociclismo non gode nel Belpaese di così tanti appassionati: quei dati “gonfiavano” una passione che c’è ed è forte in Italia ma non così estesa e non così a prova di bomba. Ciò vale anche per altri sport: quanta gente seguirebbe il ciclismo se diventasse a pagamento? Quanti italiani hanno seguito lo sci del dopo Tomba?
Nel nostro caso, nel momento in cui si doveva metter mano al portafoglio, si è preferito passare dai virtuosismi in pista di Valentino&C alla telenovela da pennichella. Quei 4-5 passa milioni erano davvero tanti: nessuno vuole mettere in discussione la veridicità dei numeri Mediaset sugli ascolti passati anche se, come ammoniva il cardinale Mazzarino (e come amava ripetere Giulio Andreotti) “A pensare male si fa peccato ma spesso ci si azzecca”.
Il motociclismo ha vissuto periodi alti e bassi e questa fase di assestamento può sfociare in una rinascita delle corse o in un ritorno allo sport di nicchia. La politica dei “pochi e buoni” non ha mai portato bene, neppure nello sport. Tanto vale, quindi, modificare oggi per migliorare ciò che resta di uno sport complesso e costoso ma unico sul piano tecnico e agonistico. Il rischio è che si voglia spremere le pietre puntando tutto sul business. Finchè la barca va. Così facendo, del grande motociclismo resterà solo il ricordo.