Stoner "ammazzacorsa". Pedrosa s'inchina, Lorenzo s'arrende. Rossi-Ducati, un altro campionato ...
Non c’è storia. Torna a dettar legge Casey Stoner, sul filo della perfezione, uno spettacolo a parte, un passo da martello, un mondiale sempre più a portata di mano.
Il “canguro” della super Honda è al top, non perdona, costringendo il proprio compagno di marca Dani Pedrosa nel ruolo di semplice scudiero (+8.162) e l’avversario più insidioso per il titolo iridato, Jorge Lorenzo (+14.209) ad accettare il gradino più basso del podio. Non c’è trippa per gatti e non c’è corsa.
Dopo il podio, agli altri resta ben poco. Si salva Simoncelli, mai domo, quarto, ma il cui ennesimo errore priva la Honda dell’en plein. Si salva Spies, quinto, dopo uno svarione ma anche dopo virtuosismi di guida da grande protagonista. Si salva Bautista, sesto, oramai abituato a fare molto bene nel trenino che conta. E poi?
Dai 35 ai 40 secondi di gap troviamo Hayden, Barbera, Crutchlow. Infine Rossi, decimo, (+39.832). Partito, per le note questioni, dalla pit line, il binomio Rossi-Ducati si è ripetuto in un film già visto, quello del calvario. Stavolta, però, al di là del gap della moto di Borgo Panigale, è parso evidente anche il limite del pilota.
Come un consumato attore di teatro, Valentino ha cercato di tenere la scena del gruppo … finale , ma poi, anche nei vagoni di coda, ha dovuto accettare la realtà subendo avversari più giovani e più motivati. Tant’è. Chi s’accontenta gode e, in mancanza d’altro, si trova sempre il modo per arrampicarsi sugli specchi. Ma non si troverà la vittoria e si perderà la faccia.
Con la caduta Dovizioso dà l’addio alla Honda factory. Con un tamponamento non commentabile ai danni di Elias Capirossi dà l’addio al suo nobile palmares. La MotoGP chiude con tredici piloti. Se va avanti così, chiude.