Rossi battuto (in tv) da Cairoli. Quando (e perché) il Motocross vince sulla MotoGP

Domenica scorsa la gara italiana del Mondiale MXGP ha battuto come ascolti la MotoGP. La Premier Class come sport d'elite funziona?

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 20 giu 2014
Rossi battuto (in tv) da Cairoli. Quando (e perché) il Motocross vince sulla MotoGP

Con una fretta molto discutibile si è voluto archiviare il dato dell’audience televisiva di domenica scorsa, con il motocross iridato di Maggiora che ha superato gli ascolti della MotoGP a Montmelò. Questi i numeri: diretta gara uno della MXGP su Italia Uno ore 14 con 973.000 telespettatori (6,06% di share) più lo 0,47% e 85.000 telespettatori di Italia Due con totale di 1.058.000 persone e 6% di share. Diretta (a pagamento) stessa ora MotoGP Montmelò su Sky con il 4,8% e 863.000 telespettatori. I dati parlano chiaro: non è il motocross che “vola” ma è la MotoGP che non decolla.

Nella storia del motociclismo, in Italia e altrove, mai una gara iridata di motocross ha avuto più spettatori in pista e più gente davanti alla tv di un Gran Premio di velocità. Perché allora domenica c’è stato questo fatto “storico”? Lo spettacolo di Maggiora con il trionfo di Tony Cairoli è stato superbo ma come non dire altrettanto del GP di Barcellona con il settimo centro di Marc Marquez in lotta con Rossi, Pedrosa, Lorenzo?

A pari condizioni – cioè diretta televisiva in chiaro e “gratuita” della corsa – non c’è storia, come dimostrano i numeri degli ultimi anni, a favore della MotoGP, dati di ben 5-6 volte superiori. Il motocross era e resta uno sport affascinante ma era e resta uno sport di nicchia, con una presenza di appassionati e tifosi a macchia di leopardo sul territorio nazionale. Ciò vale anche a livello internazionale.

Va anche detto, però, che (quanto meno) in Italia il motocross non ha mai avuto una adeguata copertura dei media, neppure con gli italiani protagonisti, come è negli ultimi tempi con il super Cairoli. A dirla tutta, il motocross è stato ed è ingiustamente snobbato da giornali e tv. Per una serie di motivi il grande pubblico ha sempre privilegiato il motomondiale (non solo nell’era di valentino Rossi, cui va il merito di avere ampliato il target degli appassionati): vuoi per il fascino della velocità e delle tecnologie, vuoi per la forte presenza di grandi piloti-personaggi (da Agostini a Rossi) e di grandi Case italiane, vuoi per l’effetto dato anche dai grandi circuiti con tutti gli annessi e connessi legati allo show-business.

Evidentemente, se uno di questi motivi – o più motivi – viene a mancare, alla fine qualcosa di negativo succede: in questo caso calano le presenze negli autodromi e gli ascolti tv. Il motivo principale (non solo in Italia) dei numeri in discesa è la pay-tv. Solo uno su cinque (circa) di italiani che seguiva (gratis) fino all’anno scorso la MotoGP in tv ha continuato a farlo pagando l’abbonamento a chi detiene i diritti. Una posizione (anche) … “ideologica”, ma soprattutto dettata dai morsi delle crisi economica che obbliga tutti a tirare la cinghia e a selezionare le proprie spese. Il pubblico del motociclismo, composto in gran parte di giovani e giovanissimi, è quello più penalizzato e fra sborsare soldi per la pay tv o per il nuovo telefonino, sceglie quest’ultimo.

Tutto qui? No, c’è altro. E riguarda il motomondiale e la MotoGP come sono oggi. Non che la classe regina non desti interesse e non offra spettacolo (le ultime gare lo dimostrano, impreziosite anche dal ritorno ai vertici di Rossi) ma l’impostazione data dalla DORNA all’intero motomondiale (completamento snaturato) lascia quanto meno perplessi per i regolamenti altalenanti e incomprensibili, regole mal digerite da tutti.

L’obiettivo di ridurre i costi (e i rischi) non è stato raggiunto e – così come è stato per la Formula uno automobilistica – il privilegiare la riduzione dei consumi, dell’inquinamento (anche acustico), la riduzione di motori, di test, il pasticcio fra Open e Factory, presto la centralina unica ecc, in poche parole, strozzando lo sviluppo, la MotoGP ha perso appeal, ha perso quell’emozione che solo “prototipi” veri sanno dare.

Poi si è fatta una Moto2 monomarca inutile e una Moto3 molto interessante ma già lontana dal suo spirito originario, quanto meno rispetto ai costi. In Italia, inoltre, fra i piloti il nostro portabandiera resta sempre il mitico ma non più verde Valentino Rossi e fra le Case è la sola Ducati a resistere. E l’ingresso di Marquez fa il doppio effetto: quello positivo del nuovo fenomeno che fa la storia e quello negativo che sbaraglia il campo lasciando agli altri solo la lotta per il secondo posto.

Per fortuna, a differenza della F1, in MotoGP il pilota conta ancora, eccome! E fa spettacolo (anche) da solo, vedi Marquez. Ma ciò non basta. Perché il calo di interesse c’è e la tendenza è negativa. La Dorna gira attorno al pero, impegnata esclusivamente a preservare il proprio giocattolo acchiappa soldi dimenticandosi che la gente segue le corse per le emozioni che suscitano.

Chi oggi, davanti alla tv, sa della differenza fra Open e Factory? Chi si chiede perché in qualifica ci sono piloti e moto da prima-seconda fila che poi in corsa “scompaiono” quindi con una griglia di partenza di fatto “drogata” dai regolamenti al limite del bluff?

Dice bene Montezemolo criticando la F1: “Nessuno guarda le gare per la loro efficienza” in termini di consumi di carburante ecc. Le gare devono avere una forte motivazione tecnica-tecnologica ma devono soprattutto divertire. Nessuno vuole guardare un pilota risparmiare benzina o le gomme: una corsa di velocità deve restare tale e si deve decidere in pista, non nel giochino del pit-stop o di altri marchingegni ad uso e consumo della tv, pro sponsor.

È uno sport ma è anche uno show. Già. Il rischio è che il motomondiale, MotoGP in testa, sia sempre meno sport e sempre meno show.

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