Fermare le Corse? Risponde Enzo Ferrari

Approfondimento sull'ipotesi di chiudere le corse dopo l'incidente mortale di Marco Simoncelli

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 26 ott 2011
Fermare le Corse? Risponde Enzo Ferrari


La tragedia di Marco Simocelli a Sepang ha ridato forza, nei media, ai detrattori delle corse motociclistiche. Un esempio su tutti il titolo in prima pagina di ieri sul quotidiano La Repubblica: “Basta con la velocità. Fermate i Gran premi”. Lo stesso titolo apparso negli anni precedenti sui giornali dopo le tragedie di Angelo Bergamonti a Riccione (1971), di Renzo Pasolini e Jarno Saarinen a Monza (1973). Sulla spinta dell’emotività e del dolore, si è sempre cercato e si cerca tutt’ora la via più semplice, quella di infierire, di lanciare anatemi, di chiedere la fine delle corse.

Giovanni Valentini, firma prestigiosa di Repubblica, scriveva: “Forse si può commemorare la morte in pista del pilota Marco Simoncelli con un’elementare domanda: a che cosa servono, al giorno d’oggi, le gare di motociclismo e di automobilismo?” . La risposta pare scontata: “… Non c’è più ragione di rischiare la vita in una gara di velocità, se non per alimentare lo show business delle corse, dal vivo o in tv, con relativo sfruttamento commerciale e pubblicitario”.

La vita umana va sempre e comunque salvaguardata. Ciò vale evidentemente anche per i piloti e per chi rischia nello sport come nella vita. Abbiamo più volte affrontato il tema della sicurezza, non sottovalutando i grandi passi avanti ma non sottacendo i limiti di una organizzazione del motomondiale ancora sbilanciata nelle priorità: si privilegia la parte più esteriore dello show a danno di altre componenti più “nascoste”, come la professionalità sulla sicurezza come dimostra anche la triste vicenda di Sepang.

Serve, evidentemente, una coralità dell’impegno a tutti i livelli, con i piloti che devono far sentire di più la loro voce. I motori, la sfida, il rischio si fondono, esaltandoli, nel motociclismo Ciò detto, non può restare senza risposta la domanda: perché si corre?

La parola a Enzo Ferrari: “Siamo nati con un’ansia di superamento e l’ambizione ci porta a tentare di primeggiare. La rivalità, anche crudele, è già agli inizi della vicenda umana: Caino e Abele e nel racconto dei miti, le fatiche immani che può sopportare Ercole o nelle favole dove c’è sempre una fanciulla che chiede allo specchio chi è la più bella del reame. Fin da piccoli incontriamo il più bravo della classe, quello che si arrampica meglio in palestra, quello che pattina con più eleganza. E dal primo contatto con gli altri emerge l’istinto del confronto, della emulazione”.

Sarà anche per questo che il motociclismo ha superato tutte le bufere e vive anche dopo 100 tragedie, senza mai rinunciare ad andare alla ricerca del tempo perduto, come nel libro di Proust.

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