Cadute fuori stagione e fuori pista. Oggi come ieri

Anche i piloti del Motomondiale di ieri si allenavano con le moto da cross e cadevano come quelli di oggi

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 9 gen 2012
Cadute fuori stagione e fuori pista. Oggi come ieri

Non è la prima volta che la pausa invernale “colpisce” i piloti del motomondiale (e non solo loro), con cadute più o meno gravi durante sedute di allenamento con moto da cross o anche moto da strada, da motard, dirt-track, go kart, auto da rally, mountain bike ecc. La guigne non guarda in faccia nessuno e, abbiamo visto, dopo Nicky Hayden mette momentaneamente ko Andrea Dovizioso. Solo “sfiga” o i piloti se le vanno proprio a cercare?

Forse la risposta sta a metà strada: la sfortuna evidentemente ci mette lo zampino, ma spesso anche fior di campioni si fanno prendere la mano, con sedute di allenamento da far sembrare passeggiate l’ultimo giro di un GP vinto in volata. In un certo senso è come se un campione di pugilato esagerasse in allenamento sul ring e venisse messo ko dal proprio “sparring partner”, magari a pochi giorni da un incontro per il titolo.

Anche in altre epoche noti campioni di velocità si allenavano con moto da cross: uno su tutti Renzo Pasolini (per altro già valente crossista). Più volte chi scrive queste note ha … “assistito” l’occhialuto fuoriclasse riminese – all’epoca driver ufficiale Benelli- impegnato con una MotoBI 250 trasformata, sul campo cross di Vallugola, nel pesarese a ridosso di Gabicce Monte. Il Paso faceva davvero i numeri tant’è che alla fine la moto veniva caricata su un furgone della Casa e riportata malconcia in fabbrica.

A quei tempi, ma anche prima, i piloti d’inverno si allenavano su strade libere. A fine anni ’60, lo stesso Pasolini, insieme al compagno di squadra Silvio Grassetti – due manici impegnati nel mondiale contro Agostini, Hailwood, Read e compagni- macinavano chilometri “a manetta” con potenti moto di serie (inglesi) su strade aperte al traffico, specie sui vicini passi appenninici, con sommo gaudio dei tifosi e i saluti degli … agenti della polstrada.

C’è, purtroppo, un lungo elenco di corridori feriti o addirittura deceduti in incidenti stradali in sedute di allenamento. Come non ricordare Libero Liberati, campione del Mondo 1957 della 500 (Gilera 4 cilindri), morto il 5 marzo 1962 causa una scivolata del suo Saturno in allenamento sulla strada Valnerina bagnata?

Altri tempi. Ma, come abbiamo visto, pur in tutt’altre situazioni e condizioni, anche oggi i piloti sono soggetti a infortuni fuori corsa. Limitare o addirittura proibire al pilota allenamenti più rischiosi di altri, come il motocross? E’ il pilota, solo lui, che decide come meglio prepararsi e tenersi in forma e non può certo essere messo sotto una campana di vetro.

Non correvano rischi Kenny Roberts e i “riders” americani nel dirt-track? Ho visto nel 1971 Jarno Saarinen fare pazzie su una pista di ghiaccio: peggio che nei curvoni di Spa o del Salzburgring! Che dire delle performances di Valentino Rossi nella “Cava”? Geoff Duke si arrampicava come uno stambecco con la moto da trial e alla Gilera “storcevano” il naso. Umberto Masetti preferiva altri tipi di allenamenti. Eugenio Lazzarini passava ore notturne invernali steso su un manichino di legno posto nella camera da letto. Alla MV, se un pilota si fratturava extra corse riceveva subito il benservito dal Conte Agusta. Mike Hailwood, zitto zitto, d’inverno andava a vincere con la sua Norton al sole del Sud Africa, poi a marzo saliva sulla MV 500 a Monza, ed era subito record. Anche il “primo” Giacomo Agostini non scherzava sui tornanti attorno al lago d’Iseo spremendo un Morini 175 Tresette come fosse alla Bologna-San Luca.

Ci sono tuttora noti piloti che fanno i “numeri” sui tornanti appenninici. Per fortuna tute e caschi senza sponsor ne celano l’identità. Chi corre rischia. Anche fuori dalle piste. Noi continuiamo a preferire il pilota che “tira” in pista ma non esagera mai fuori. Anche in allenamento.

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