BMW S1000RR Racing Family: le Superbike e Superstock tedesche a confronto sul circuito di Jerez

Abbiamo avuto il piacere di provare sullo spettacolare circuito di Jerez De La Frontera i sei esemplari della famiglia racing BMW S1000RR. Ecco come e quanto cambia una moto, a seconda del campionato in cui corre!

Di Emanuele Macaluso
Pubblicato il 22 ott 2014
BMW S1000RR Racing Family: le Superbike e Superstock tedesche a confronto sul circuito di Jerez


Non so se sia capitato anche a voi, ma una volta, poco tempo fa, ho assistito ad una conversazione tra due motociclisti che mi ha fatto scaturire alcune riflessioni. Ero nello spogliatoio della piscina dove faccio nuoto e, mentre mi asciugavo e rivestivo, due tipi hanno dato vita a questo dialogo:

“- Hai visto?! Michael Dunlop ha vinto il TT di Man su una BMW S1000RR… Certo è proprio una famiglia di fenomeni quelli… La BMW, poi… Gran moto!!!
– Mah sì… Però quello c’è praticamente nato sull’isola di Man e poi è il nipote di Joey Dunlop… La BMW, mi dirai… Gran moto… Hai visto quella di Barrier del Team Motorrad Italia in SBK o quella di Kiyonari nel campionato inglese BSB?! È proprio un mostro la S1000RR!
– Davvero!!! Infatti è per questo che se l’è comprata Sandro: ha visto come va in pista, ha parlato con due tipi che ce l’avevano e non c’ha pensato su due volte…”

Così, mentre i due appassionati continuavano a dissertare sulle eroiche imprese di questo tale Sandro, m’è sorto un quesito: “ma è lecito dedurre che una moto sportiva di produzione rispecchi in toto le caratteristiche della stessa moto preparata per piloti professionisti?”. E non solo! M’è anche venuto da chiedermi: “ma ci saranno differenze tra moto uguali che corrono in campionati diversi?”.

Liberissimi di non credere al caso, ma proprio mentre mi gingillavo con queste domande, in redazione è arrivato l’invito di BMW per andare a Jerez de la Frontera a provare ben sei allestimenti diversi della loro S1000RR, in pratica le migliori sei che corrono in altrettanti campionati.

Il nostro miglior pilota ha preso borsa, tuta e casco e s’è precipitato sul circuito spagnolo, felice come un bimbo a cui hanno appena detto di essere diventato il proprietario del più grande negozio di giocattoli in città. Al suo ritorno, abbiamo tirato le somme ed analizzato le sei variazioni su tema BMW S1000RR, quelle che appunto andiamo ad illustrarvi. Lo scorso anno abbiamo avuto la possibilità di testare, sempre sul circuito di Jerez, la potentissima HP4 in compagnia del leggendario Troy Corser, mentre ad Imola abbiamo testato la S1000RR che ha accompagnato Marco Melandri lungo la sua esperienza col marchio bavarese nella WSBK.

Prima di addentrarci nel tecnico, però, facciamo una breve carrellata delle sei moto provate. Cominciamo con la S1000RR EWC del Team Penz13.com, impegnata nel campionato Endurance, poi vedremo la HP4 IDM STK del Team Wilbers, guidata da Lucy Gloeckner e la S1000RR IDM SBK del Team Van Zon, guidata da Markus Reitenberger, entrambe impegnate nel campionato Superbike tedesco. Poi passeremo alla più nota S1000RR EVO del Team BMW Motorrad Italia, guidata da Sylvain Barrier nel campionato EVO SBK, ancora la S1000RR del Team Buildbase, codotta da Ryuichi Kyionari che prende parte allo spettacolare campionato britannico BSB. Per concludere, l’esemplare che ha vinto l’ultima edizione del leggendario Tourist Trophy dell’Isola di Man, guidata da Michael Dunlop: la S1000RR IOMTT.

Il nostro pilota conosce bene il circuito di Jerez, quindi usa i primi 3 giri di pista, a bordo di una S1000RR omologata per uso in strada, giusto per rinfrescarsi la memoria sulle traiettorie e per avere un metro di paragone, un livello zero diciamo, a cui accostare le moto che via via va provando. La prima è sicuramente la più simile al modello venduto in concessionaria, ossia la S1000RR EWC del Team Penz13.com.

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S1000RR EWC del Team Penz13.com

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Per chi non lo sapesse, nel campionato Endurance si corre in qualsiasi condizione meteo, per minimo otto ore consecutive. Non esiste lo stop per la pioggia, non ci si ferma se una densa nebbia impedisce la vista, men che mai quando cala il sole: si dà il gas costantemente per ore ed ore.

Questo comporta che, più di prestazioni da marziani, conti la costanza e soprattutto l’affidabilità, perché una sosta ai box in più o in meno, fa molta più differenza sull’economia della gara che non 5 o 6 chilometri orari in più di velocità massima. Per questi motivi, la moto del Team Penz13.com è la più simile a quella originale: monta i fari, come quella di serie ed anche le prestazioni non si discostano poi tanto nonostante disponga di 200 cavalli per 173 chili di peso.

Il serbatoio è da 24 litri, per consentire appunto meno soste possibili e, nonostante la capienza aumentata, mantiene più o meno inalterato il design dell’originale. La posizione in sella è ovviamente comoda, così come comodo è il manubrio largo, mentre il cambio risulta essere l’argomento più controverso di questa moto.

Se infatti è stata adottata una rapportatura più corta rispetto al modello di serie, più adatta alla guida in pista ed a Jerez nello specifico, risulta comunque un po’ duro l’azionamento del pedale, cosa che ha un po’ stupito su una moto che, per sua natura ed utilizzo, dovrebbe invece essere fluida e comoda per tutto il corso della lunga gara.

Agilissima nei cambi di direzione e molto scattante si comporta bene in pista, richiedendo un po’ d’energia nelle frenate, dal momento che l’adozione di pastiglie dalla lunga durata (possono infatti durare fino a sei ore di gara) porta ad un tipo di frenata meno aggressiva e violenta rispetto a quanto si è abituati a trovare su una moto da gara.

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HP4 IDM STK Team Wilbers

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La seconda moto che proviamo è la Stock 1000 di Lucy Gloeckner che prende parte al campionato tedesco IDM. Come dovrebbe facilmente far capire il nome, Lucy è un’amabile ragazza tedesca, piccolina e dal viso dolce, una che se la incontraste al di fuori di una pista, non immaginereste mai il gas che riesce a dare.

Non tanto l’essere donna, quanto l’essere piccolina, è una delle due variabili che caratterizzano tanto la sua moto. L’altra, lo diciamo subito, sono le gomme Dunlop, presenti solo su questo esemplare delle sei provati. Il motivo per cui l’altezza di Lucy condiziona la moto è presto detto: le pedane sono altissime. Bisogna avere la gamba corta per stare in sella alla Stock tedesca, oppure essere un po’ pratici di yoga, ma, una volta riusciti a prendere le misure, nel vero senso della parola, la musica cambia ed è una sinfonia travolgente.

Grazie anche alla seconda caratteristica, la gommatura Dunlop, la HP4 del Team Wilbers saetta tra i cordoli ad una velocità impressionante, precisa e scattante sembra di guidare una delle moto di Tron, con 206 cavalli pronti a sprigionarsi e con le sospensioni dinamiche DDC che ottimizzano il comportamento fluido e rapido. Potenza e controllo.

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S1000RR EVO Team BMW Motorrad Italia

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Scavalchiamo le Alpi e torniamo in Italia. L’esemplare del Team BMW Motorrad Italia rappresenta un netto salto di qualità rispetto alle S1000RR provate fin qui. Il motore, a differenza di quello adottato da Melandri e Davies nello scorso anno, torna alla configurazione classica e non “da bicilindrico”, cosa che permette ai 198 cavalli dichiarati, per 168 chili di moto totale, di prodursi in accelerazioni mozzafiato.

Come si usa in MotoGP e in SBK ultimamente, l’assetto della moto è più “seduto”, per permettere così un maggior grip della ruota posteriore e quindi di scaricare meglio la potenza sull’asfalto, con l’anteriore che, anche a causa della sua altezza, tende spesso a volersi sollevare da terra.

Ottimo l’impianto frenante che, unitamente alla distribuzione dei pesi, permette a Sylvain Barrier, e a chi se la sente, di effettuare delle staccate da cardiopalmo. Precisissima la forcella ed eccellente l’elettronica: con un’impostazione come quella della EVO si va fortissimo e le emozioni sono veramente degne del campionato del mondo delle derivate di serie. Questa è decisamente la S1000RR che abbiamo apprezzato di più, quella più completa e performante, una moto precisa e settata per dare il massimo in qualsiasi situazione.

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S1000RR BSB Team Buildbase

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208 cavalli per 168 chilogrammi, ciclistica prevalentemente italiana e niente elettronica: così si potrebbe sinteticamente riassumere la moto con cui Ryuichi Kyionari tallona a breve distanza il leader della classifica britannica Shane Byrne. La BSB (British Super Bike) è forse uno dei campionati più avvincenti, con piste difficili, piene di salti ed avvallamenti e condizioni meteo spesso avverse, motivo per cui i piloti che vi partecipano sono considerati tra i più tosti, esattamente come le moto che cavalcano.

La dice lunga già il semplice fatto che sull’enorme piastra di sterzo campeggi la scritta “NO TC” – niente traction control. L’informazione non è da prendere alla leggera, perché 208 cavalli sono sufficienti a spedire un uomo su Marte, se si spalanca troppo velocemente il gas una volta passata la corda di una curva.

Eppure, nonostante non ci sia elettronica, vietata nel rigoroso campionato inglese, ad eccezione della strumentazione interamente digitale come fosse una MotoGP, la moto di Kyionari risulta essere equilibratissima. È incredibile quanto sia sempre affidabile, con lo sterzo granitico e stabile, e le sospensioni, affidate all’italiana Bitubo, che coprono perfettamente la strada anche nelle condizioni più estreme. Di italiano troviamo anche i tubi dell’impianto frenante, realizzati dalla torinese Accossato.

Questo mix di caratteristiche, unitamente ad un’erogazione che spinge di più agli alti regimi che non ai medi, rende la S1000RR del Team Buildbase simile, per guidabilità, a quella di Markus Reitenberger: agile, stabile e velocissima, ma che esige una guida fisica ed attiva, non ci si può sedere e guardare, bisogna viverla col corpo e diventare un tutt’uno con lei, condizione che, se rispettata, consente risultati eccellenti, proprio come quelli che il giapponese sta ottenendo nella BSB.

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S1000RR IOMTT Team Hawk

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Ovviamente la ciliegina arriva per ultima e, nella fattispecie, la ciliegina è quella moto che ha portato Michael Dunlop sul gradino più alto del leggendario TT dell’isola di Man, lo scorso 6 giugno 2014. Una moto fatta per correre, ma soprattutto per vincere, come testimonia il fatto che usi il motore della BMW di Marco Melandri, ma senza l’elettronica che limita i pistoni.

Oltre 220 cavalli per 180 chilogrammi che hanno stracciato il vecchio record del TT, finendo la gara in 01 ora, 45 minuti e 33.291 secondi, con una velocità media di 207,090 km/h. A differenza delle altre presenta un cupolino più alto ed una sella più accogliente, con un setting completamente unico.

Sì, perché il TT non si corre in pista, ma in strada, motivo per cui tutto è studiato appositamente su questa S1000RR. Le sospensioni, che solitamente se la devono vedere con un banalissimo manto stradale e non con il perfetto strato d’asfalto d’una pista, sono leggermente più morbide in compressione, rispetto alle altre S1000RR provate a Jerez, così come i rapporti del cambio sono più lunghi e permettono al motore di esprimersi su rettilinei che sembrano non finire mai.

Anche il motore, sembra spesso non finire mai: mentre ai medi e bassi spinge con un certo corpo, arriva letteralmente ad esplodere nella seconda metà d’erogazione, spingendo sempre fortissimo e dando l’impressione che non smetta mai di farlo, perfino se non si cambiasse marcia.

E’ sicuramente la più stabile tra quelle provate. L’avantreno risulta molto caricato, proprio per evitare violente sbacchettate. In staccata infatti, prima di rilasciare i freni, si può avvertire il posteriore scodare un po’, ma questa S1000RR rimane comunque gestibilissima e precisa nelle traiettorie. Veloce, agile ed estrema: queste le caratteristiche che servivano ad un grande pilota come Dunlop per entrare nella leggenda del TT, esattamente ciò che la sua BMW S1000RR gli ha garantito.

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