Valentino Rossi “sempreverde”. Ma anche Mike Hailwood….
Il 35enne Valentino Rossi, dopo il trionfo si Misano, è tornato alla vittoria a Phillip Island. Accadde lo stesso anche a Mike Hailwood...
La vittoria di Valentino Rossi di domenica scorsa a Phillip Island ottenuta dopo il trionfo di Misano di poche settimane prima ripropone il tema dei piloti che tornano a vincere dopo lunghi periodi di magra o addirittura dopo l’abbandono dalle competizioni.
In Australia il fuoriclasse pesarese ha centrato la vittoria N° 108 in carriera e non saliva sul gradino più alto del podio di Phillip Island da… dieci anni. Come dire, una seconda giovinezza a 35 anni suonati. Rossi è una eccezione? Il nove volte campione del mondo dimostra di essere un “vincente”, al di là della data di nascita ma nel motociclismo si trova in buona compagnia. Un esempio? Quello di un altro nove volte iridato: il mitico Mike Hailwood.
Il fuoriclasse inglese, nel 1968, con il forfait della Honda, aveva chiuso “ufficialmente” con le moto, dopo aver conquistato una stupenda doppietta iridata nel 1967 (titolo della 250 e della 350) e aver sbancato al TT con tre primi posti nella 250, 350 e 500 e aver piegato Giacomo Agostini in una corsa memorabile. A dire il vero Hailwood, dopo una scialba prova a Riccione con una Honda 500 spompata, si era fatto tentare ancora dalle due ruote nel 1971, a Daytona con la BSA Rocket 3 750 e con una clamorosa e strombazzata rentree con le Benelli 350 e 500 nella famosa sfida (persa) con Agostini a Villa Fastiggi di Pesaro. Ma per un decennio il fuoriclasse inglese nato a Oxford il 2 aprile 1940 era diventato un pilota automobilistico a tempo pieno, raggiungendo grandi risultati anche in F 1, ma non la vetta.
Nella primavera del 1978 – quindi dieci anni dopo l’addio ufficiale alle corse di moto – Mike decide di disputare la F1 del Tourist Trophy all’Isola di Man in sella alla… Ducati, con un bicilindrico 4 tempi a V di 90° desmo 900 ss di derivazione stradale. In pochi giorni la moto fu rivoluzionata. Il propulsore si avvalse delle sapienti “cure” del guru della Ducati britannica Steve Wynne e alla fine l’”inedito” 883 (sui 75 CV a 7500 giri), chiuso in un traliccio a tubi d’acciaio, fu ritenuto idoneo a dar battaglia ai ben più potenti quattro cilindri ufficiali di Honda e Suzuki collocati su telai squisitamente racing.
Quel 2 giugno 1978 “Mike the Bike” e la Ducati misero a segno una storica impresa. Un trionfo tanto clamoroso quanto inatteso che costituì le basi per il grande lancio dei bicilindrici bolognesi in tutto il mondo. Solo un Phil Read in stato di grazia, in sella a una Honda preparata apposta per il Montain Circuit, tentò di resistere all’azione prepotente del nove volte campione del Mondo.
Scrivemmo in un precedente Amarcord: “Con la sua nuova tuta bianco-rossa, Mike guidava la straordinaria moto preparata in poco tempo e con pochi mezzi, come se “indossasse” un vestito tagliato su misura. La “cavalcatura” potente e agile, con i colori della bandiera italiana, bianco-rosso-verde, eseguiva perfettamente i comandi di un sapiente e implacabile fantino, che per un giorno tornava a far sognare e a dettare ancora la legge del più forte.
E fu l’apoteosi: Davide batteva Golia! Persino un fuoriclasse “duro” come Phil Read alla fine abbracciò Mike e chiese di salire (da fermo) sul bolide italiano. Trecentomila persone si tolsero il cappello, in silenzio per ascoltare l’inno di Mameli. Il rombo del bicilindrico Made in Italy li aveva conquistati. Hailwood consegnava se stesso alla leggenda del grande sport”.
Tutto era iniziato quasi per scherzo. Una serata in un pub inglese quando Mike, alticcio, mise in palio una birra per il suo ritorno al TT. Grazie alla Ducati quella birra è diventata una icona. A volta, come quel 2 giugno 1978, i sogni diventano realtà. Così la Ducati costruì la Mike Hailwood Replica. Una magia per 3000 felici appassionati, un’opera d’arte da ammirare ancora oggi.
Succederà la stessa cosa con Valentino Rossi?