MotoGP, perché “grazie” a Valentino Rossi …
Valentino Rossi, tutt'altro che finito, torna a catalizzare su di sé l'interesse l'interesse del pubblico e dei media. Anche se...
A pochi importa oggi, specie alla vasta platea di non “specialisti” delle corse davanti alla tv, che la MotoGP sia più o meno noiosetta, da sbadigli, o esaltante, da brividi. Ciò che interessa davvero – specie a titolo iridato assegnato – è come corre Valentino Rossi, se riesce a fare il tris dopo i due (inaspettati?) successi stagionali di Misano e Phillip Island, se in classifica generale il nove volte campione del Mondo arriverà secondo dietro al fenomeno Marquez ma davanti al suo compagno di squadra Lorenzo e al “grigio” Pedrosa.
E’, insomma, sempre il “dottore” a tenere il pallino in mano, a portare il lunedì mattina al bar il tifoso di calcio a fare la domanda: “E Valentino come è andato ieri?”. Tutto questo fa bene o fa male al motociclismo?
Realisticamente, sgombrando i panni del… tifoso viscerale, la stagione 2014 che sta per chiudersi ha avuto in Marquez la (piacevole) conferma del number one ma anche in Rossi la (altrettanto piacevole) ri-conferma di un campione così competitivo, da avere davanti in classifica solo il nuovo extraterrestre Marc ma con tutti gli altri in fila, dietro, a cominciare da Jorge, gran classe e gran signore, ma il vero sconfitto, lasciando a Dani la maglia nera del poker d’assi.
La classifica generale – se finirà così come è oggi dopo Sepang – rispecchia i reali, attuali valori in campo. Piaccia o no, è questa la realtà. Il resto è il solito arrampicarsi sugli specchi, pro o contro questo e quello. Alla fin fine, il “giovane leone” Marquez – pilota fenomeno e ragazzo acqua e sapone davvero straordinario sotto tutti i profili – ha avuto nella “vecchia volpe” Rossi l’avversario più ostico, mai rassegnato, sempre pronto a utilizzare le alterne evoluzioni della pista.
Quando bisognava esserci, Rossi c’era. Così Rossi si è guadagnato con i denti – grande capacità di sacrificio invernale e di adattamento, anche di tipo stilistico, alle caratteristiche delle nuove moto – questo ruolo di essere, se non più il number one, comunque il number two. E non è poco.
Valentino ha ampliato e fortificato, come resuscitando, la sua già vasta platea di aficionados perché è andata in scena ciò che tutti, in tutti gli sport, cercano: cioè la battaglia (vera) fra il campione di ieri e il campione di oggi, dove il passato si fonde con il presente e uno sport come il motociclismo trova la propria ragion d’essere tramutandosi in epopea, con una identità che travalica lo sport e che diventa cultura.
Il ciclismo (non solo italiano) vive ancora oggi nel mito della lotta fra Coppi e Bartali ed è così per altri sport alimentati dal dualismo fra due grandi campioni capaci di interpretare il vecchio e il nuovo, cioè il senso della vita di tutti e di tutti i giorni.
Questo, schematicamente, il succo della vicenda sportiva e umana della battaglia fra Marquez e Rossi, due grandi interpreti capaci di “menarsi” in pista e sorridere insieme sul podio. Chi non è capace, paga. Non solo in corsa.