Amarcord: Honda VF750F

Dopo aver trattato qualche settimana fa la “piccola” Honda VF500F e diverso tempo fa la supersportiva VF100R, oggi cercheremo di scoprire qualcosa di più sulla loro antenata, nata nel 1982 con il nome di VF750F. Il suo motore V4 è ancora oggi largamente utilizzato in casa Honda.

Di Lorenzo Rinaldi
Pubblicato il 29 ott 2014
Amarcord: Honda VF750F


Come già accennato quando abbiamo descritto la VF500F, all’inizio degli anni Ottanta Honda stava studiando uno schema tecnico che fosse in grado di coniugare le doti di maneggevolezza dei bicilindrici a V con la potenza dei quattro cilindri in linea. Così al Salone di Milano del 1981 presentò i primi modelli dotati del suo nuovo motore V4 a 90°, raffreddato ad acqua, con distribuzione bialbero 4 valvole: la VF750S e la custom VF750C, conosciute negli Stati Uniti con i nomi rispettivamente di Sabre e Magna.

Entrambe le moto erano dotate di questo V4 da 78 CV a 9500 (75 a 9500 per la VF 750 C), quattro carburatori Keihin a depressione da 30 mm, accensione elettronica transistorizzata e frizione idraulica, accoppiata a un cambio a 6 marce e a una trasmissione finale a cardano.
A livello ciclistico le due moto sfoggiavano due freni a disco davanti, mentre dietro c’era un tamburo.

L’anno successivo, al Salone di Colonia del 1982, Honda presentò la nuova VF750F, dal look decisamente più sportivo. Venne infatti pensata per il campionato AMA Superbike, il cui regolamento aveva da poco imposte nuove regole, tra cui la cilindrata massima, che passava da 1.000 a 750 cc, e l’obbligo di utilizzare moto derivate dalla produzione di serie.

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Il motore era strettamente derivato da quello dei modelli precedenti: quattro cilindri a V di 90° da 748 cc (70×48,6 mm le misure di alesaggio e corsa) con distribuzione bialbero a camme in testa DOHC (Dual Overhead Cams) a 16 valvole, alimentato da quattro carburatori Keihin CV da 32 mm. La potenza all’albero saliva a 86 CV a 10.000 giri (72 CV a 9.500 giri quella alla ruota), mentre la coppia era di quasi 63 Nm a 7.500 giri, per una velocità massima di quasi 225 km/h. La trasmissione venne però rivista: la finale passò da cardano a catena e il cambio da sei a cinque marce.

Il telaio era di tipo perimetrale realizzato in tubi d’acciaio a sezione quadrata. Le ruote erano da 16 pollici l’anteriore e da 18” il posteriore, ancorato a un forcellone in alluminio. Montavano pneumatici 120/80-16 e 130/70-18.

I freni erano a disco su entrambe le ruote, con i due anteriori da 270 mm e il posteriore da 288 mm. All’avantreno agiva una forcella Showa con steli da 38 mm regolabile nel precarico su 3 posizioni, mentre dietro un ammortizzatore sempre Showa anch’esso regolabile nel precarico, su 4 posizioni.

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Il peso a secco era di 240 kg; la sella era alta da terra 820 mm. Optional erano il guscio posteriore coprisella e i tubolari di protezione cromati, accessorio che a dire il vero si vide solo negli Stati Uniti, dove questo modello veniva identificato con la sigla di V45 Interceptor, dove 45 era la cilindrata espressa in pollici cubi.

Da questo modello derivarono in seguito la VF1000F e la sportivissima VF1000R. Alla fine del 1985, dopo la vittoria al Bol d’Or, la Honda VF750F cedette il passo alla nuova VFR750F.

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