Valentino Rossi, secondo: il primo dei "perdenti" o il vero anti-Marquez?

La MotoGP è in pista a Valencia per la prima sessione di Test IRTA in previsione del 2015. Ma com'è stato il bilancio della stagione di Valentino Rossi?

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 11 nov 2014
Valentino Rossi, secondo: il primo dei

Sono già tutti in pista a Valencia per i test MotoGP in proiezione della stagione 2015 ma l’ultimo round del 2014 dell’altro ieri lascia lo spazio a ulteriori riflessioni e commenti. Quando si torna sull’analisi dei fatti, possono riaccendersi anche polemiche vecchie e nuove, sempre benvenute nel nostro sport, se mantenute nella legittimità e nel rispetto di tutti e di tutte le posizioni.

Ci sarà tempo e modo, nel lungo inverno, per gli approfondimenti: qui si vuole partire non dal trionfatore e campione del mondo in carica Marc Marquez, già nella leggenda a 21 anni e non solo perché l’unico nella storia ad aver vinto 13 GP nella stessa stagione, ma da Valentino Rossi, neo vicecampione del mondo a quasi 36 anni, dopo 9 titoli iridati conquistati in 125, 250, 500 e MotoGP in questi primi … 19 anni di carriera nel motomondiale.

Chi da anni scrive queste note non ha cambiato idea su Rossi, considerato da sempre un fuoriclasse nato, con le corse nel sangue, affamato di titoli e costruttore di vittorie, di rara intelligenza tecnico-agonistica, dall’ego smisurato fino alla strafottenza, psicologicamente imbattibile, uomo e pilota-immagine capace di portar fuori il motociclismo dai suoi angusti confini degli aficionados, furbo, ammaliatore e … fortunato, il che non guasta.

Abbiamo criticato Valentino, anche aspramente, nel biennio Ducati (moto problematica, superata negli step evolutivi da Honda e Yamaha, pur con gli straordinari exploit precedenti dell’immenso e controverso Casey Stoner) non perché non ci sono state vittorie, ma perché il “dottore” era convinto (con il suo capo tecnico Jeremy Burgess e il suo staff su misura) di avere la bacchetta magica in grado di trasformare un bel cavallo da tiro in un purosangue imbattibile. E bluff fu.

Vista la malaparata, Valentino all’epoca tirò i remi in barca entrando nella zona grigia che di solito anticipa la fine carriera di un campione. E qui viene il bello. Cioè la capacità di Rossi di fare autocritica, di cambiare strada, di rimettersi in gioco, di tornare a credere in se stesso, preparandosi meticolosamente sotto ogni profilo (specie di testa) per una nuova, ennesima sfida.

Nella storia del motociclismo altri assi si erano trovati nella medesima condizione, ma alla prova del fuoco, fallirono, alcuni miseramente, altri facendosi male, o peggio. Le due nuove vittorie di quest’anno, i tanti podi, la ritrovata competitività ai vertici, il passo di gara e persino l’ultima pole nell’ultimo GP, dimostrano che la classe non è acqua e che la lotta fra il “giovane leone” Marquez e la “vecchia volpe” Rossi ha tenuto in piedi e tiene in piede la baracca. In pista, oltre al nuovo extraterrestre Marc, c’è gente del calibro di Lorenzo, Pedrosa assieme ad altri fior di campioni.

Rossi ha avuto e ha gli stessi (grandi) mezzi di un pilota finisseur come Lorenzo, considerato ad inizio 2014 l’unico in grado di battere Marquez, o comunque di battagliare alla pari con lui. E’ vero: ma il maiorchino è uscito sconfitto perché ha perso la battaglia contro il suo giovane rivale spagnolo ma ha perso anche (o soprattutto?) la .. guerra contro il veterano pesarese, suo compagno di squadra. Limiti di sopravvalutazione di se stesso e di sottovalutazione dei suoi avversari? Fatto sta che Lorenzo, gran pilota (e gran signore), esce da questa stagione con le pive nel sacco, forse più per il “gran rientro” di Valentino che per il super bis iridato di Marc.

Scrivevamo tempo fa su Motoblog: “ Rossi non è un superman, ma, se sono discutibili certi suoi modi di fare e di comunicare se stesso, è indiscutibile la sua classe e la sua volontà di restare protagonista: la sua forza – un vero e proprio valore aggiunto – è quella di “contestualizzare”, cioè soppesare la situazione, cercare ogni volta il punto debole degli altri, dare in quel momento che conta tutto se stesso, per ottenere il massimo possibile. Il binomio Marquez-Honda è oggi fuori portata? No problem, non è affar suo, ma di Lorenzo e di Pedrosa. La tattica da guerriglia si salda con la strategia soft, attendista: correre alla giornata, spremere tutto il possibile in ogni week end, fare di ogni corsa una storia a sé, togliendosi di dosso (psicologicamente) il fardello del mondiale, mirando più in basso, ma da gran protagonista, sgretolando le certezze agli avversari. Nella speranza del “colpaccio”, difficile ma non impossibile se i tre moschettieri spagnoli arrivano a beccarsi l’un l’altro, come i capponi di Renzo”.

Così, a fine stagione il vice campione del mondo MotoGP è Rossi. E’ vero, Enzo Ferrari, sempre tagliente, ammoniva (i suoi) con la proverbiale frase: “Il secondo è il primo dei perdenti”. L’appellativo del Drake vale oggi anche per Rossi, secondo in questo mondiale alle spalle di uno come Marquez?

Dopo il podio di Valencia, Rossi scherzava: “Se non ci fosse stato Marquez avrei vinto il mondiale vincendo anche un sacco di gare. Ma Marquez c’è… E per cercare di dargli fastidio bisogna fare un passo avanti importante”. Ecco, Rossi, più realista del “re”, lancia il nuovo guanto di sfida per l’ultimo traguardo: il titolo iridato numero dieci. La vera forza di Rossi – ripetiamo – è la sua capacità di divertirsi, di reinventarsi, con un meticoloso e instancabile lavoro tecnico e psicologico, contagioso per tutto il Team e oltre.

Visto chi è Marquez il “ciclone” e di cosa è capace quale insaziabile cannibale, a Valentino serve un miracolo. Comunque andrà bisognerà dirgli: “bravo, Vale!”. Per averci provato ancora.

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