Dalla Moto3 alla MotoGP, salto nel buio? Jack Miller, azzardo o “centro”?

Jack Miller è passato dalla Moto3 alla MotoGP. Passaggio azzardato o necessario? Parliamone...

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 12 nov 2014
Dalla Moto3 alla MotoGP, salto nel buio? Jack Miller, azzardo o “centro”?

Il passaggio del 19enne pilota australiano Jack Miller dalla Moto3 alla MotoGP ha riproposto l’interrogativo se oggi è possibile (o opportuno?) fare direttamente il salto dalla cilindrata più piccola del motomondiale alla premier class.

Come tutti sanno, a differenza della Moto2, le moto della categoria più piccola e di quella più grossa, sono “prototipi” a tutti gli effetti: la Moto3 è una GP 250 cc monocilindrica 4 tempi sui 55 cavalli di potenza (motore soggetto a regolamenti molto restrittivi), mentre la MotoGP è una GP 1000 cc quattro cilindri 4 tempi sui 240 cavalli.

Non è questa la sede per entrare nei dettagli tecnici ma è evidente la profonda differenza fra le moto delle due cilindrate del motomondiale, non solo per la potenza, ma anche per l’insieme del mezzo: peso, ciclistica, elettronica, sospensioni, gomme, aderenza, freni, trazione, accelerazione, velocità di punta ecc.

Miller è salito per la prima volta sulla MotoGP RC213V-RS Open l’altro ieri a Valencia, dopo aver vinto l’ultimo round iridato Moto3, dimostrando un buon adattamento, pur con il 22° tempo che, in questo caso, non va preso in considerazione. Per il vice campione del mondo della Moto3 sarà, ovvio, una stagione di apprendistato ma se il buon giorno si vede dal mattino Jack sarà presto in grado di dimostrare anche qui il suo valore.

In effetti stiamo parlando non di uno dei tanti buoni piloti, ma di un giovane di talento, un “vincente” (se pur fino ad ora in sella alle “piccole”), di un vero e proprio mastino sorretto da una classe e da una capacità tecnico-agonistica di grande valore dimostrata soprattutto nella Moto3 di quest’anno, campionato durissimo, estremamente selettivo, spettacolare, dove si lotta dal primo all’ultimo giro con la baionetta in canna e si finisce sempre in volata, spesso anche a terra.

A dirla tutta, Miller, così come il neo iridato Alex Marquez (fratellino del fenomeno Marc) e come altri 5-6 piloti (non facciamo nomi per non attizzare polemiche) della attuale Moto3 iridata hanno il potenziale per crescere in fretta e ben figurare anche nella massima categoria del motomondiale. Ovviamente ci vuole (almeno) una stagione di “rodaggio”, ma poi questi ragazzini terribili possono bruciare le tappe e puntare davvero in alto. Siamo convinti che Miller&C, già al secondo anno di MotoGP, sarebbero in grado di mandare in pensione almeno la metà degli attuali piloti della MotoGP. Eresia? Aspettare per credere.

Si è portati a credere che per decenni nel motomondiale i piloti facevano il passaggio di categoria in modo lineare: dalla 125 alla 250-350, poi alla 500. Ad esempio il 15 volte campione del Mondo Giacomo Agostini, dopo il debutto juniores a 19 anni con il 175 Morini Rebello aste e bilancieri e con solo tre gare al primo anno nel mondiale 1964 nella 250 GP (Morini 4 T mono bialbero sotto i 40 CV) passò nel 1965, 23enne, alle 350 e 500 con le 4 cilindri 4 T MV Agusta quando la mezzo litro di Cascina Costa aveva oltre 80 CV e permetteva a Monza e a Spa medie sul giro ben oltre i 200 Kmh!

Due star del firmamento motociclistico quali John Surtess e Geoff Duke debuttarono invece con le 500, così come in epoca quasi … “ attuale “, fecero con moto “grosse” gli americani, a cominciare da Kenny Roberts&C.

I nostri “moderni” – Biaggi, Capirossi, Rossi – hanno fatto pazientemente la trafila, cilindrata su cilindrata, così come lo stesso Marc Marquez, trionfatore in 125, Moto2, MotoGP.

Tornando all’attualità, Miller è uno che sa il fatto suo, così come – pur con caratteristiche diverse – Alex Marquez. Si faranno sentire presto. E, subito dopo, arriveranno anche altri dalla Moto3, la categoria oggi capace di forgiare piloti proiettandoli nell’arena dei big. Di certo, visto il mondiale Moto3, ma anche il Cev e il Civ 2014, fra queste giovanissime promesse pronte a diventare solide certezze, non mancheranno gli italiani under 20, impegnati a recuperare i ritardi e le difficoltà degli ultimi anni. Non può essere sempre e solo Rossi a far suonare l’inno di Mameli….

Certo, si sa, ci vuole anche l’aiutino giusto e la fortuna. Ma senza passione, classe, volontà, dedizione, voglia di competere e di vincere non si va da nessuna parte.

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