Motociclismo non fa rima con terrorismo

Il Motociclismo è contro il terrorismo ma avrebbe dovuto prendere le distanze contro i fatti che sono accaduti in questi giorni in Francia come è accaduto in altri sport. Noi lo facciamo.

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 11 gen 2015
Motociclismo non fa rima con terrorismo

Essere motociclisti e appassionati di motociclismo non vuol dire essere “fuori dal mondo” e disinteressarsi di quel che succede in Italia e altrove.

Anche in moto o sugli spalti di un circuito o davanti alla tv a tifare per i nostri campioni restiamo comunque tutti cittadini del mondo, più o meno attenti ai fatti “extra”, che comunque, volenti o no, ci coinvolgono nel bene e nel male.

Non riteniamo qui di essere “fuori tema” o di andare “oltre il seminato” se gridiamo “no” al terrorismo, “no” alla violenza – sempre e comunque – e se ci associamo al cordoglio delle vittime e dei loro famigliari e amici per il sangue innocente di questi giorni a Parigi.

Non facciamo politica e non vogliamo fare politica ma semplicemente stare dalla parte di chi è colpito, innocente, e non solo dal piombo delle armi da fuoco di un terrorismo cieco e abietto. Si può avere qualunque idea sulla religione – sulle religioni – e anche sul Papa.
Ma qui ricordiamo Bergoglio, voce alta contro i terroristi che uccidono nel nome di Allah: “Oltre ad affidare a Dio le vittime di questa crudeltà – ha detto celebrando la messa a Santa Marta giovedì scorso – invito tutti di tutte le religioni ad intercedere anche per i crudeli affinché il Signore cambi il loro cuore”. Accanto al Papa c’erano i quattro imam francesi che hanno diffuso con lui una dichiarazione comune che sottolinea la necessità di promuovere con ogni mezzo una cultura di pace e di speranza capace di vincere la paura e di costruire ponti tra gli uomini. Infine hanno ribadito che “il dialogo interreligioso è la sola via da percorrere insieme. Il bene fondamentale è la convivenza pacifica tra le persone e i popoli superando le differenze di civiltà, di cultura e di religione”.

Commenta Eugenio Scalfari: “Questa è la via. Per i laici questa via si identifica con la democrazia, per le religioni con il Dio unico che nessuno può ipotizzare come proprio: due parallele che convergono verso lo stesso obiettivo”. Come non condividere?

Molti sport e molti sportivi, campioni famosi e non, in queste ore hanno lanciato ovunque il loro grido: “Je suis Charlie!”. Tante volte il motociclismo – i nostri campioni davanti a tutti – si sono schierati per le giuste cause. Forse ci è sfuggito qualcosa, ma non abbiamo udito la “nostra” voce.

Stavolta quella voce di democrazia e di libertà deve essere più forte del rombo dei nostri motori.

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