Headbanger Gamma 2012: il Test di Motoblog

Prova su strada della gamma Headbanger 2012

Di Lorenzo Rinaldi
Pubblicato il 9 mag 2012
Headbanger Gamma 2012: il Test di Motoblog


Sono delle Harley d’epoca restaurate? Questa la domanda classica che ci si sente fare da quei pochi che ancora non conoscono le Headbanger, quindi in pratica i “soliti” quattro vecchietti del paese, che per una volta distolgono lo sguardo dai “soliti” lavori in corso per puntarlo sui colori psichedelici di una HB Summertime o sulle cromature dei motori S&S. Sì perché ormai il marchio Headbanger è oggi riconosciuto da tutti non come quello di un customizer ma bensì come quello di una vera e propria azienda costruttrice, che ha oggi in listino ben 6 modelli.

Non si tratta certo di una multinazionale, ma Headbanger è a tutti gli effetti un costruttore di moto che realizza, nel proprio stabilimento di Rovato (BS), “special di serie” in tiratura limitata e personalizzabili dal cliente. Detto così suona un po’ limitato. E allora rubiamo le parole di Giorgio Sandi, il “folle” ideatore di questo marchio: “Headbanger Motor Company nasce per realizzare un sogno di ragazzo, quello di costruire custom con il fascino della grande tradizione americana, moto semplici e ignoranti (senza software, senza elettronica, senza iniezione), street legal al 100% e omologate Euro 3”.

Già così suona meglio, ma per farsi davvero un’idea di cosa sia una Headbanger, la cosa migliore è provarle! L’occasione è stata la presentazione di tutta la gamma 2012, compresi i due nuovi modelli visti a EICMA, ma non ci siamo fatti sfuggire l’occasione di provarli tutti e sei, compresi quelli presentati al debutto di HB, alcuni anche con configurazioni di manubrio e cerchi diversi. Tutti i modelli HB infatti riportano a libretto diverse misure di pneumatici e cerchi, da 16 a 18 pollici dietro e fino a 23 pollici davanti. A scelta anche lo scarico, 2 in 1 oppure 2 in 2, ma la lista delle personalizzazioni è davvero infinita.

prova gamam Headbanger 2012
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Hollister: Ready to Rally

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Il nome fa riferimento alla cittadina californiana dove, il 4 luglio del 1947, vennero alla ribalta in maniera alquanto burrascosa e un po’ stigmatizzata dalla stampa dell’epoca i gruppi MC; evento raccontato in maniera un po’ romanzesca anche dal film Il Selvaggio (The Wild One) del 1953 con protagonista Marlon Brando, che guidava però una Triumph Thunderbird, ma dove il suo antagonista Chino e diversi coprotagonisti guidavano Harley-Davidson, molte delle quali modificate in stile bobber. Anche il “piccolo” Hollister è un bobber old school molto essenziale, con ruote a raggi da 16”, parafanghi corti, serbatoio peanut da 9 litri, sella monoposto a molle e poco altro.

Il telaio è dell’austriaco Penz, in comune con tutta la gamma, di tipo softail, ossia finto rigido: esternamente gli ammortizzatori non si vedono, perché solo celati in posizione orizzontale sotto al motore, una soluzione già adottata fin dai primi anni Ottanta anche da Harley-Davidson.

Incastonato nel telaio vibra, è il caso di dirlo, un bicilindrico RevTech da 88 pollici cubi, rigorosamente a carburatore! La Hollister Rappresenta il modello d’accesso nella famiglia HB, un po’ come lo Sportster in Casa Harley, anche se il paragone risulta certamente poco calzante. Intanto il motore della Hollister ha una cilindrata che, tradotta in formato europeo, equivale a ben 1450 cc, la stessa dei vecchi Twin Cam H-D; qui però la sostanza è tutta diversa e il motore è decisamente più “ignorante”. La trasmissione, come per tutte le HB, è a cinghia per la primaria, scoperta ma con carter trasparente di sicurezza, e catena alla finale, proprio come si usava un tempo su chopper e bobber.

prova gamam Headbanger 2012
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Su strada si apprezza la semplicità di questo mezzo, unita a un’erogazione tutto sommato non troppo scorbutica del motore. La posizione di guida è altrettanto easy, con pedane avanzate e manubrio dalla piega naturale; anche i biker di statura più alta trovano una sistemazione adeguata, sebbene la moto sembri un tantino “piccoletta”. Per i giganti comunque nessun problema, visto che la Hollister, così come tutte le moto della gamma HB, è disponibile nella versione L (Long).

Non si tratta di poche modifiche, visto che cambiano quasi tutte le misure vitali, con un interasse di ben 1.766 mm, contro i 1.600 della standard, serbatoio da 12 litri, cerchi da 3.50×16” all’anteriore e 5.50×16” al posteriore (3.00 e 5.00 la versione standard) con pneumatici Avon Venom 150/80 davanti e Cobra 200/60 dietro (MT90B16, corrispondente a 130/90, e 180/60 le misure standard). Dulcis in fundo, cambia anche il motore. Sostituito da un RevTech di 100 c.i. (1640 cc).

Al contrario la versione S (Slim), viste le già contenute dimensioni della Hollister, farà la felicità del pubblico femminile. Il telaio è più stretto di 3 cm (270 mm contro i 300 standard), così come lo pneumatico posteriore, identico per dimensioni a quello anteriore, e la cinghia della primaria (1 pollice e ¾ contro 3 pollici standard), mentre le pedane sono in posizione centrale e raggiungibili anche da chi non ha la gamba lunga. Il tutto per un supplemento di 847 euro. A proposito di prezzi, quello della Hollister standard è di 21.500 euro. Certo non è popolare e si pone a livello di una H-D Softail, rispetto alla quale però offre la possibilità di personalizzare il mezzo fin dall’ordine, caratteristica che accomuna tutte le HB.

Foxy Lady: Love Machine

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In ordine di tempo, presentata ormai due anni fa al debutto del marchio HB, la Foxy Lady è il modello che maggiormente si presta a un uso più a 360°, che include anche il turismo a medio raggio, magari in coppia. La moto in prova è una delle tante versioni “factory”, denominata Foxy Bobber, che si differenzia dalla Lady per i parafanghi più rastremati, la sella monoposto e altri numerosi dettagli estetici. Quello che non cambia è la motorizzazione, che anche in questo caso sale di cilindrata a 100 pollici cubi (1.640 cc), mentre le sovrastrutture sono meglio adatte a un utilizzo più rilassato: comoda la sella, capiente ma non troppo ingombrante il serbatoio da 18 litri, manubrio ape hanger non eccessivamente alto e larghe pedane.

La versione Classic è ancora più opulenta e confortevole, mentre la Bobber è in pratica il risultato di un’operazione di alleggerimento come si faceva negli anni Cinquanta. La Foxy sembra il mezzo più equilibrato della gamma e risulta anche la più facile e intuitiva da condurre, grazie all’erogazione piuttosto fluida del motore e a misure tutto sommato non troppo estreme, che comprendono un interasse relativamente contenuto, pari ad esempio a quello di un Softail Blackline di casa H-D. Anche il comfort, pur non regale, è decisamente il migliore di casa HB, con una sella ampia e vibrazioni non troppo fastidiose, più o meno siamo ai livelli di un Softail motore Evolution, sempre per rimanere in tema Harley.

Ultimo paragone con le moto di Milwaukee è sulla stazza; insieme alla Hollister, la Foxy è tra le più leggere di casa Headbanger: 235 kg possono sembrare molti ma in realtà è un peso inferiore di 15 kg a quello di uno Sportster 883. Infine il cambio è migliorato, e questo vale un po’ per tutti i modelli HB: ora è più preciso, anche se la ricerca del folle non è sempre immediata. Non è quindi ai livelli delle moto moderne, ma pure questo contribuisce a rendere le HB delle moto più vere! Il prezzo della Foxy Lady è di 23.600 euro nella versione Bobber e di 24.200 euro nella Classic Edition con sella biposto e borse in pelle.

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High Flyin’: Muscle Bike

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La più cattiva del lotto, una vera muscle bike in stile anni Settanta, piccola nelle dimensioni, grande nella cilindrata. Archiviato il propulsore Total Performance 121 da ben due litri di cilindrata, che davvero staccava le braccia per la coppia vigorosa, tutta la gamma HB si è uniformata ai propulsori S&S e ora la High Flyin’ è disponibile con la versione da 113 c.i., pari a 1.850 cc., alimentato da carburatore Super G. Semplice e al contempo raffinata nell’estetica come tutte le Headbanger, la sua linea è essenziale e scarna con alcuni dettagli custom come la sella in pelle e il tappo serbatoio “crown”.

Accattivanti anche le verniciature, specialmente la versione Indy 500 Anniversary. La posizione di guida è un po’ “appollaiata” e si è completamente esposti all’aria, con gambe e braccia ben distese. Il manubrio “pull down drag-bar” risulta un tantino distante per i più bassi ma dopo qualche accelerata se ne apprezza la solida presa, necessaria quando il bicilindrico spinge con forza.

La cilindrata più elevata si fa sentire, non solo in termini di potenza ma soprattutto nella coppia, vero punto di forza di questo modello, che punta tutto sulle prestazioni dure e pure, per piloti altrettanto duri e puri. La cilindrata elevata consente però di avere un’erogazione priva di buchi e piuttosto lineare. Nonostante la ruota anteriore da 21”, una misura piuttosto frequente sulle custom, e il conseguente maggiore effetto giroscopico che rallenta l’entrata in curva, la High Flyin’ è piuttosto svelta e reattiva, regalando sensazioni uniche alla guida.

Con simili prestazioni, la High Flyin’ è forse l’unico modello HB sul quale si vorrebbe una frenata un po’ più efficace. La moto si ferma, su questo non ci sono dubbi, ma lo sforzo sulla leva appare decisamente eccessivo. Che anche questo dettaglio non sia casuale? Occorre forza infatti anche per azionare la frizione, a comando meccanico e non idraulico. Decisamente la High Flyin’ è tutto fuorché una moto da “fighetto”. Ma visto che sul fronte della sicurezza in casa HB non amano scherzare, a breve saranno disponibili di serie le pinze Beringer, sempre a 4 pistoncini, decisamente più mordenti di quelle PM (Performance Machine) montate fino a oggi. Il prezzo della High Flyin’ è fissato in 25.800 euro.

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Gypsy Soul: Tour Experience

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Presentata al Motor Bike Expo 2011, Gypsy Soul è la risposta di Headbanger a chi ha sempre desiderato possedere una moto old style con propulsore Shovelhead a carburatore, dotato sì di avviamento elettrico ma disponibile anche con kick starter, forcella springer e altri elementi classici come la ruota anteriore da 19” e il manubrio ape hanger. Gypsy Soul è infatti la prima HB a montare un propulsore “d’epoca”, almeno nel nome: l’unità motrice scelta è un S&S Shovel di 93 c.i. (1.530 cc), che richiama indiscutibilmente gli anni Settanta. Gli Shovelhead infatti furono prodotti dalla Motor Company nelle cilindrate di 74 c.i. (1200 cc) e 80 c.i. (1340) nel periodo che va dal 1966 al 1984, quando vennero sostituiti dagli Evolution 1340.

Ovviamente il bicilindrico S&S differisce non solo nella cilindrata ma anche nella tecnica costruttiva, all’avanguardia in termini di sicurezza e affidabilità come un propulsore moderno. L’abbiamo provata in due configurazioni differenti: Chopper e Bobber. Su quest’ultima il manubrio drag bar consente di dirigere più facilmente la grossa ruota anteriore da 130 mm montata su cerchio da 16”, mentre la versione chopper, con ruota da 120, risulta ancora più agile, soprattutto nella versione con cerchio da 19” (disponibile anche il 21), anche con l’altissimo ape hanger.

Caratteristica comune di questi propulsori S&S da 93 pollici cubi è l’erogazione, che risulta un po’ più brusca, accompagnata da qualche scoppio di smagrimento in rilascio, il prezzo da pagare per rientrare nella Euro 3 con il caro e vecchio carburatore. Peccati davvero veniali e per alcuni dei veri e propri pregi, soprattutto per chi considera i moderni Twin Cam Harley a iniezione troppo perfetti e quasi “giapponesi”. La Gypsy Soul è proposta a 25.800 euro, disponibile anche in Bobber Edition senza sovrapprezzo.

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Woodstock Boogie: Amazing Journey

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E arriviamo finalmente alle novità assolute del 2012, che hanno nomi molto evocativi: Woodstock Boogie e Summertime: la prima è un camaleontico chopperino che, a seconda della configurazione scelta, può diventare un più “fisicato” bobber, ispirato chiaramente agli anni Sessanta, minimale nella forma ma non nella sostanza. È spinto infatti da un motore S&S Panhead sempre di 1.530 cc, dove spiccano non solo le teste a padella che hanno reso celebre questo motore prodotto originariamente dal ’48 al 65, ora ripreso nel design dalla casa di Viola, nel Wisconsin, ma anche la finitura della superficie, disponibile satinata o cromata.

Enfatizzano l’anima ribelle la verniciatura opaca (splendido il nero Silk & Black Mat, più audace l’Embossed & Raw Metal, che ricorda l’alluminio spazzolato), l’immancabile ape hanger, l’avantreno scarno, che si può avere anche privo anche del parafango, la sella triangolare in pelle e il serbatoio peanut da 9 litri.

Opzionali sono invece il serbatoio fat-size da 18 litri e il più tradizionale manubrio drag-bar, di serie sulla versione Bobber. Salire in sella alla Woodstock Boogie significa tornare indietro negli anni Sessanta, quando si “choppavano” o “bobbavano” le moto per renderle più veloci, come le celebri Captain America e Billy Bike di Easy Rider, che erano entrambi dei Panhead. Come per tutti i propulsori della gamma HB, all’avviamento occorre dare un pizzico di gas e il “Pan” si mette in moto trasmettendo tutte le sue “good vibrations” che si fanno sentire anche in movimento, diventando fastidiose solo ai regimi più alti.

Nella configurazione Chopper la Woodstock Boogie è piuttosto intuitiva alla guida e stabile in rettilineo, mentre in curva occorre aggrapparsi un po’ con le braccia all’alto ape hanger. Le cose cambiano radicalmente con la versione Bobber, e altrettanto si può dire per la posizione di guida con il manubrio, che nella piega ricorda più un beach bar di un dritto drag bar, che non facilita molto l’inserimento in curva della ruota anteriore da 16” con gomma più cicciona (Continental K112 MT 90 o Coker 5.00), rendendo l’avantreno un po’ più pesante e meno reattivo della sua omologa chopper, che invece monta un più stretto 120 su cerchio da 21” . Il largo serbatoio poi risulta piuttosto ingombrante in larghezza e a occhio sembra contenere molti più litri di 18 dichiarati.

A questo si aggiungano la forcella springer meno elastica di quella tradizionale da 41 mm montata sulla versione chopper e le pedane larghe, comuni a entrambe le versioni, che toccano terra con più facilità. Sembrano due modelli differenti, ognuno con le proprie caratteristiche dinamiche, oltre che diversità estetica, ma questa è anche la chiave di successo della gamma HB, che monta infatti lo stesso telaio su tutti i modelli, i quali sono tutto fuorché uguali uno all’altro. Il prezzo della Woodstock Boogie è di 27.900 euro.

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Summertime: Acid Queen

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Se con la Woodstock si torna indietro agli anni Sessanta, con la Summertime si fa un ulteriore balzo nel passato più o meno di una decina d’anni, precisamente al periodo del secondo dopoguerra quando i biker “choppavano” le vecchie Harley con motore Knucklehead, il bicilindrico prodotto dal ’36 al 47 nelle cilindrate di 61 e 74 c.i. (1000 e 1200 cc) caratterizzato dalle teste a forma di nocche (knuckle appunto).

Il motore della Summertime è ovviamente un moderno S&S che replica fedelmente nelle forme (ma non nella scarsa affidabilità) quei bicilindrici leggendari ed è proposto nella cilindrata di 93 c.i., (1.530 cc) come quasi tutti i propulsori “replica” della casa americana. Dai chopper americani la Summertime riprende l’estetica “psichedelica”, a dire il vero più legata agli anni Sessanta, e tutta la semplicità di quei mezzi.

Il serbatoio “high-neck” è davvero stretto e ha la solita capienza ridotta a 9 litri. Esteticamente è sicuramente la più vintage della gamma e non solo per il propulsore, ma anche per le sensazioni di guida. Il manubrio T-bar su alti riser e le manopole che spingono verso l’esterno non sono molto confortevoli, obbligando a una posizione un po’ innaturale con il busto piuttosto avanzato, che inficia però solo il comfort e non la guidabilità.

Non sarebbe male provarla con un manubrio opzionale, magari in versione bobber. Sulla Summertime ci si può infatti sbizzarrire con le sue innumerevoli configurazioni e colorazioni, tra cui esteticamente la più evocativa è senza dubbio la Frisco Style, il cui nome richiama lo stile di chopper nato appunto nella città di San Francisco a cavallo degli anni Sessanta. Opzionali gli pneumatici MT90 (130) davanti e 180 dietro, entrambi su cerchi da 16”, per la versione bobber.

Ma la Summertime nasce con le ruote strette e pneumatici 100 su cerchi da 19 davanti e 130 su cerchio da 16” dietro. Così si facevano i chopper un tempo. L’esclusività si paga: la Summertime è la più cara della gamma con un prezzo base di 29.700 euro, ma si fa presto a superare i 30.000 per le versioni Frisco Style (32.900 euro) e Green & Orange (33.900 euro).

Con le Headbanger si riscopre davvero il gusto di andare in moto come si faceva una generazione fa, con il motore che borbotta e che ogni tanto trasuda pure qualche minuscola goccia d’olio, niente a che vedere comunque con le “pozze” lasciate dai vecchi propulsori H-D. Tutto sembra essere studiato alla perfezione, anche i difetti, che sicuramente non mancano a queste moto, costruite per palati fini e non per tutti.

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