Stoner e Bayliss, il “balletto” dei rientri

Se a tenere banco in questo avvio stagionale di corse sono stati prima il rientro in corsa di Troy Bayliss (Sbk) e poi quello annunciato ma svanito di Casey Stoner (MotoGP) dimostra che il motociclismo vive più di “amarcord” che di quel che è oggi in pista.

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 6 apr 2015
Stoner e Bayliss, il “balletto” dei rientri


Intendiamoci, nessuno può disconoscere il valore e il carisma di due “mostri sacri” quali Troy e Casey, ma le corse non sono solo un ritorno all’indietro nell’album dei ricordi e non si fanno solo per il tam tam mediatico e per lo show.

Bayliss è tornato in pista a 46 anni e dopo 7 anni di stop dimostrando di andare ancora forte ma non fino al punto di lottare per la vittoria, anche per i limiti della sua Ducati. Se fosse stato davvero in grado di battersi per la vittoria Troy sarebbe oggi ancora in pista. Ma così non è. Tanto di cappello a lui e un po’ meno alla Ducati che con questa trovata ha avuto un gran riscontro mediatico ma che resta con un gap tecnico da recuperare e con un pilota davvero in grado di sostituire al top l’infortunato Giugliano.

Di Stoner non è certo in discussione il manico – uno dei più forti e talentuosi piloti in assoluto – ma la sua “fragilità” psicologica e la sua bassa coerenza nelle scelte in una altalena “corro-non corro” che può tenere col fiato sospeso i tifosi ma non può piacere a una casa come la Honda impegnata a fare risultati, a vincere gare e titoli, a non “fare ombra” al proprio pupillo Marc Marquez, diamante fra i diamanti del top della Premier class.

Il problema non è tanto quello della preparazione di Stoner, pilota capace di recuperare in tempi ristrettissimi la forma, il ritmo, l’occhio e la … “zampata” del fuoriclasse.

La Honda non ha alcun interesse a destabilizzare la situazione, certa, dopo la falsa partenza di Losail, di riportare Marquez al vertice di corse e campionato. Il rientro di Stoner dopo due anni di stop non avrebbe dato alcuna “vera” preoccupazione a Marquez, oggi attrezzato e forgiato psicologicamente, tecnicamente e agonisticamente per affrontare in pista chiunque.

A piloti come Marquez (così come allo stesso Stoner o a Rossi, Lorenzo e come una volta a Surtees , Duke, Hocking, Hailwood, Agostini, Saarinen, Pasolini, Roberts, Sheene ecc) non interessa minimamente chi c’è in pista, qual è l’avversario. E’ gente che scende in pista per vincere, sempre e contro chiunque.

Altro discorso è quello del “clima” dentro il Team: i due galletti nello stesso pollaio, invece di rafforzare la squadra hanno sovente creato il caos, facendo solo danni ai piloti e alla Casa. Le (poche) eccezioni confermano la regola.

Tutto il can can mediatico su questi due rientri dimostra che, almeno in Italia, non è la pista a fare notizia: ciò non fa bene al motociclismo, specie dopo la grande notte di Losail con tre italiani, primi, secondo e terzo in MotoGP.

I sogni svaniscono, le classifiche restano.

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