MotoGP Argentina, Marquez “pole” con le campane. Iannone, Dovizioso, Rossi risponderanno in gara?
Il più contento di tutti è Aleix Espargarò (Suzuki), non tanto e non solo per il suo bel tempo (1’38.316) che gli fa guadagnare la prima fila della MotoGP del GP d’Argentina ma perché lo colloca quale primo dei “terrestri” dopo l’alieno Mar Marquez.
Il giovane spagnolo campione del mondo non fa sconti e, anche in qualifica, fa corsa per proprio conto, una partita giocata fra se stesso e il cronometro, disinteressandosi di chi c’è dietro.
Marc e tutti zitti. Anzi, Marc, tanto di cappello!
Questo oggi passa il convento. Marquez il “cannibale” fa battere forte le sue campane, mette le ali alla sua Honda… alata (a proposito, chi ha visto il sostituto di Pedrosa, Aoyama?), lascia agli altri – nessuno escluso – le briciole per la battaglia dei secondi, cioè dei battuti ante litteram.
Dove sono le Yamaha? Lorenzo, settimo tempo, con gap pesante di 0,683 ma con l’attenuante di aver “rovinato” l’ultimo giro per il fine benzina fuori programma e Rossi, ottavo tempo, peggio che andar di notte: + 1.088.
Dove sono le Ducati? Iannone ci prova (1’38.467 + 0.665) e si tiene d’un soffio la prima fila bruciando il sempre arrembante e sempre incavolato Cal Crutchlow (1’38.485 + 0.683) che si gonfia il petto tenendosi dietro Lorenzo (sfortunato) a sua volta davanti a Dovizioso (1’38.520) – atteso domani a una gran corsa – e al sempre più presente e bravo Danilo Petrucci (1’38.786) cui va fatto un monumento non solo perché si tiene dietro sua Maestà Valentino Rossi ma perché apre forte, mette in riga il cronometro, lavora duro e parla poco.
Aprilia? Non pervenuta.
Che succede? Tutto e niente. Nel senso che davanti, si sa, c’è Marquez e … basta. Dietro è una tombola, non sempre legata ai veri valori in campo.
Cosa vogliamo dire? Che a forza di voler lo show a tutti i costi, l’aiutino dei regolamenti spariglia le carte. Almeno in qualifica. Poi in corsa la storia cambia. Ma non sarà per niente facile scalzare Marquez dall’alto della sua superiorità.
Tutto ciò senza nulla togliere ai miglioramenti “reali” Ducati e Suzuki, tanto meno ai loro piloti. E Rossi? Mai dire mai: il nove volte campione del Mondo gioca sempre a modo suo tirando fuori l’asso solo in corsa. Sarà così anche domani nel GP d’Argentina?