Amarcord: Moto Morini 3½

Amarcord: Moto Morini 3½

Di Lorenzo Rinaldi
Pubblicato il 15 ago 2012
Amarcord: Moto Morini 3½


La nostra e vostra rubrica amarcord non va in vacanza, nemmeno il giorno di ferragosto. Se quando tornate dalle vacanze avrete voglia di vedere una moto o anche un ciclomotore che vi sono rimasti nel cuore o volete raccontarci la vostra storia, mandate una mail a suggerimenti@motoblog.it allegando se possibile qualche vostra immagine d’epoca. E già che siamo in tema di vacanza tuffiamoci in questa atmosfera e tornando indietro alle torride estati degli anni Settanta non era difficile vedere sulle autostrade o nei luoghi di villeggiatura diverse moto italiane di cilindrata 350.

Erano altri tempi e questa cilindrata andava davvero forte tra i giovani, ma non solo tra loro. Il motivo è presto spiegato: a 18 anni si potevano guidare motocicli con questa cilindrata massima, mentre ne occorrevano 21 per quelli di cubatura superiore; inoltre dal 1976 le moto con cilindrata superiore a 350 cc furono gravate da un’IVA al 38%, che scendeva al 18% sui veicoli più piccoli. Tra le case italiane che andavano per la maggiore c’era sicuramente la Moto Morini, fondata nel 1937 per la produzione di motocarri e motori da Alfonso Morini, che dal 1946 iniziò a produrre motocicli.

La Moto Morini 3½ nacque in un periodo di cambiamenti per il mercato motociclistico italiano e mondiale, ma anche per la stessa azienda di Casalecchio di Reno. La concorrenza giapponese si stava facendo sentire, anche se in Italia erano contingentate e vigeva ancora il divieto di importazione per le moto di cilindrata inferiore a 380 cc (ciò spinse ad esempio la Suzuki a modificare, espressamente per il mercato italiano a partire dal 1975, la cilindrata della sua GT380 da 371 a 384 cc portando l’alesaggio da 54 a 55 mm), ma la concorrenza più forte veniva dai marchi italiani. Tra l’altro nel 1969 era morto il fondatore Alfonso Morini e la figlia Gabriella, che prese le redini dell’azienda, decise di chiamare il tecnico Franco Lambertini (lo stesso che trent’anni più tardi progettò i moderni 1200 Corsa Corta delle nuove Morini), proveniente dalla Ferrari, per progettare una nuova serie di modelli che potessero aver presa sul pubblico e che fossero semplici da produrre.

Amarcord: Moto Morini 350
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Amarcord: Moto Morini 350
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Amarcord: Moto Morini 350
Amarcord: Moto Morini 350
Amarcord: Moto Morini 350
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Il primo prototipo di questa nuova serie di moto fu realizzato molto presto ed esposto al Salone di Milano nel 1971, entrando in produzione due anni dopo. Il cuore di questa nuovo moto era il suo bicilindrico a “V” longitudinale con un angolo tra i due cilindri di 72°, un compromesso tra la classica soluzione di 90°, utilizzata ad esempio da Ducati, e quella con V più stretta che consentiva ingombri contenuti. Questa configurazione consentiva di ottimizzare vibrazioni, ingombro e peso del motore, contenendo anche l’interasse della moto, a tutto vantaggio della guidabilità; inoltre il disassamento tra i due cilindri, con quello posteriore sfalsato di 5 centimetri, ne favoriva il raffreddamento.

La distribuzione era monoalbero ad aste e bilancieri con valvole parallele, che consentiva di sviluppare una buona potenza; inoltre il nuovo motore Morini vantava soluzioni innovative per l’epoca come la frizione multidisco a secco o il rubinetto della benzina a comando elettromagnetico e fu anche il primo propulsore motociclistico della storia a impiegare la cinghia dentata di distribuzione. Altre particolarità erano le testate Heron piatte con camera di scoppio ricavata nel cielo del pistone, che utilizzavano lo stesso disegno di quelle utilizzate sulla Brabham da Formula 1, e inoltre la modularità stessa del propulsore, che consentiva di essere utilizzato come monocilindrico nelle cilindrate 125 e 250 e bicilindrico in quelle 350 e 500. Era inoltre abbastanza parco nei consumi, con 4,1 litri ogni 100 km, che consentiva un’autonomia di quasi 400 km, grazie al serbatoio da 16 litri.

La moto venne battezzata semplicemente “3½”, a indicare la cilindrata, che era 344 cc (alesaggio 62 mm x 57 mm di corsa). Il cambio, con il comando a pedale sul lato destro, era a 6 rapporti, altra particolarità su una moto di serie dell’epoca, e l’alimentazione era affidata a due carburatori Dell’Orto VHB 25 BS da 25mm. Al suo debutto nel 1973 era disponibile nella sola versione Standard, con il motore che sviluppava una potenza di 35 CV a 8200 giri, una coppia massima di 3.28 Kgm a 5900 giri, e aveva un rapporto di compressione di 10:1, per una velocità massima di 166 km/h.

Amarcord: Moto Morini 350
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La ciclistica si avvaleva di un telaio doppia culla chiusa in tubi d’acciaio, forcella Marzocchi davanti e ammortizzatori Ceriani dietro, mentre i freni erano entrambi a tamburo (200 mm davanti, 160 dietro) e i cerchi a raggi da 18 pollici con pneumatici 3.25 davanti e 4.10 dietro. L’interasse era di 1390 mm, mentre il peso a vuoto era di appena 144 kg. L’anno successivo debuttò la versione Sport, che differiva per i semimanubri, la sella in stile café racer, il freno anteriore a tamburo a quattro ganasce di 230 mm, i cerchi in lega Borrani, sempre a raggi, ma soprattutto per il motore potenziato a 39 CV, sviluppati a 8.500 giri, e il rapporto di compressione portato a 11:1, che portava la 3½ Sport a raggiungere i 175 orari, mentre la versione Standard venne ribattezzata GT per differenziarla dalla Sport.

Negli anni seguenti entrambe le versioni subirono degli importanti aggiornamenti: nel 1976 venne montato il freno anteriore Grimeca a disco da 260 mm e la Morini venne dotata di indicatori di direzione, con alcune lievi modifiche estetiche; successivamente nel ‘77 arrivarono i cerchi in lega a sette razze, l’ammortizzatore di sterzo per la Sport e nel 1978 l’avviamento elettrico e infine il cupolino, sempre per la Sport, per l’ultima versione del biennio 82/83. Tra le concorrenti della 3 ½ Standard c’erano all’epoca moto come Moto Guzzi V35, Ducati GTL 350, Benelli/Moto Guzzi GTS 350 e Honda CB 350, mentre la Sport doveva vedersela con Moto Guzzi V35 Imola, Benelli 350RS, MV Agusta 350 S “Ipotesi”, Laverda 350 e con le performanti giapponesi Honda CB 350 Four, Suzuki GT 380 e soprattutto Yamaha RD 350. Fu sostituita nel 1983 dalla 350 K2.

Amarcord: Moto Morini 350
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