MotoGP, Suzuki: l’exploit delle qualifiche di Montmelò viene… da lontano
L’exploit della Suzuki che a Montmelò entra nella storia del motociclismo.
:format(webp)/www.autoblog.it/app/uploads/sites/3/2015/06/suzuki-hugh-anderson-1963.jpg)
L’exploit della Suzuki che a Montmelò conquista nelle qualifiche della MotoGP la pole position con Aleix Espargarò e il secondo miglior tempo con Mavarik Vinales entra nella storia del motociclismo.
Questo perché sono oltre tre anni che la Casa di Hamamatsu è assente dalla premier class (di fatto fuori dal motomondiale Grand Prix) e perché dopo solo sette presenze centra una doppietta, pur “solo” per il cronometro, significativa sul piano dell’immagine oltre che su quello tecnico e organizzativo.
Non è facile piegare, con moto praticamente … “in rodaggio”, i bolidi di Case quali Honda e Yamaha nonchè le Ducati, cioè le moto dagli stessi regolamenti, motori non contingentati, utilizzo di maggior benzina, gomme più soffici ecc. Non si gira a Montmelò in 1’40.546 se non con un pilota di valore qual è Aleix (ex Aprilia ART) e con un mezzo dotato di motore e ciclistica al top, dopo i severissimi test (non sempre positivi) in questi ultimi due anni portati avanti da un Team via via affinato grazie anche al direttore d’orchestra Davide Brivio.
Certo, un conto è il giro secco delle qualifiche e un conto è la gara: fatto sta che il segnale di Montmelò e chiaro, con la Suzuki attesa protagonista anche in corsa. In una giornata di festa per la Suzuki è giusto ricordarne i tratti salienti, almeno in riferimento alle moto e in particolare alla corse di velocità.
Fondata oltre 100 anni fa, nel 1909, la Suzuki solo nei primissimi anni 60, emulando Honda e tirandosi poi dietro Yamaha e Kawasaki, tenta la via del motomondiale centrando nel 1962 la sua prima vittoria al TT inglese nei microbolidi di 50 cc. grazie al tedesco Ernst Degner, pilota ingegnere della Casa tedesco-orientale MZ che fuggì in Giappone portandosi dietro i segreti, i disegni e i … motori della 2 tempi monocilindrica costruita oltrecortina. Vittoria eclatante, battendo gli squadroni di Honda e Kreidler e le moto spagnole e italiane.
Per dirla più chiaramente, la prima Suzuki 50 (monocilindrica) e la prima 125 (bicilindrica) due tempi a disco rotante scese in pista nel 1962, erano la copia esatta delle MZ (Motorradwerk Zschopau) del “mitico” Ing Walter Kaaden, il tecnico che nella seconda guerra mondiale aveva fra l’altro progettato componenti importanti per i razzi del Terzo Reich (poi V1 e V2) con un propulsore jet in grado di utilizzare le onde di risonanza prodotte dai gas di scarico.
Nel 1962 Degner fece suo il titolo iridato delle 50 cc. aprendo la strada al neo zelandese Hugh Anderson, il pilota/ponte della Suzuki, l’erede del geniale e discutibilissimo Ernst Degner e il “padre” di quello che diventerà uno dei più forti e amati campioni di tutti i tempi: Barry Sheene.
Anderson – ci si passi il paragone – fu un Casey Stoner ante litteram. La Suzuki bussò alla sua porta nel 1963 regalandogli il … paradiso. Così Hugh incassò soldi e titoli ma accontentandosi troppo in fretta della nuova situazione, salutando la compagnia a soli 30 anni.
Così lo descrive egregiamente il compianto Ezio Pirazzini: “Uno zingaro della moto, pallido, viso da ragazzo, spericolato con la mascella piccola e tirata, Hugh Anderson porta un nome già reso celebre da altri. In particolare da quel Fergus Anderson campione con la Guzzi e avveduto direttore sportivo prima di perire tragicamente a Florette con una BMW…”.
Così scrivevamo su Motoblog: “Biondino dal lungo ciuffo ribelle, timido ma capace di sorridere con gli occhi, taciturno anche sul gradino più alto del podio, gentile fuori pista e mai scorretto in corsa, dove pure non lesinava attacchi alla baionetta. Chi scrive queste note ne ricorda (a Imola, Monza, Spa, Assen, Ulster ecc) lo stile pulito, con il corpo in curva leggermente inclinato all’interno, capace di sfruttare come nessun altro le sibilanti e scorbutiche bicilindriche blu-metalizzate del Sol Levante. Viveva nel paddok ma subiva l’ambiente e quindi legava poco e, di fatto, parlava solo con le sue moto. Fu così che, fatti due conti, con quattro titoli e parecchi soldi in tasca, fisicamente integro, chiuse con le grandi corse, divertendosi poi in patria. Il motomondiale perdeva un grande protagonista e una persona gentile”.
Accostamenti impropri? Chissà. Fatto sta che, fatte le debite proporzioni, la storia sembra ripetersi. Almeno nel motociclismo. La Suzuki corse e vinse in ogni cilindrata e oggi il segnale di Montmelò la dice lunga su una Casa che viene da lontano e va lontano.
Ultime notizie
:format(webp)/www.autoblog.it/app/uploads/sites/3/2025/02/Jorge-Martin.jpg)
:format(webp)/www.autoblog.it/app/uploads/sites/3/2025/02/jorge-martin-incidente-aprilia.jpg)
:format(webp)/www.autoblog.it/app/uploads/sites/3/2025/02/motogp-test-sepang.jpg)
:format(webp)/www.autoblog.it/app/uploads/sites/3/2025/02/aprilia-2025-1_f-scaled.jpg)