MotoGP, il “segreto” del trionfo di Rossi: il manico non basta, ci vuole il … “traction control”

MotoGP Silverstone 2015 | Valentino Rossi vince ed allunga nel Mondiale grazie al manico, all'esperienza ed al... Traction Control

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 2 set 2015
MotoGP, il “segreto” del trionfo di Rossi: il manico non basta, ci vuole il … “traction control”

Non accennano a diminuire gli strascichi polemici dopo il GP d’Inghilterra a Silverstone dove Valentino Rossi ha trionfato sul bagnato allungando in classifica su Jorge Lorenzo, con Marc Marquez out per caduta, con le Ducati di Petrucci e Dovizioso sul podio tutto “tricolore”.

Nel commento a caldo dell’altro ieri abbiamo posto l’accento sulle qualità “straordinarie” di Rossi, nuovo “re” della pioggia, pilota fra i più “completi” della storia del motociclismo, fuoriclasse diamantino in grado di interpretare al meglio la corsa e adattarsi nel modo più proficuo all’evolversi delle situazioni in pista, in questo caso particolarmente difficili per le bizze del meteo.

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Sul bagnato, per andare forte e vincere occorrono indubbiamente doti non comuni di coraggio, alta sensibilità di guida, capacità di concentrazione dall’inizio alla fine, grande esperienza, per girare molto veloci ma senza oltrepassare il limite. Insomma il pilota deve avere “mani d’acciaio in guanti di velluto”.

In passato era sostanzialmente il “manico” del pilota a fare la differenza: chi aveva più pelo sullo stomaco e apriva di più e rischiava di più stava davanti e spesso, quando non volava via, vinceva. Negli anni ’60 e ’70, chi ha visto gare sul bagnato a Monza, Spa, Salzburgring, Nurburgring, Assen, Abbazia ecc, con i piloti ad alta velocità a filo dei micidiali guard-rail sa di cosa stiamo parlando. E’ ancora così oggi in questa MotoGP super tecnologica, con questi motori, questa elettronica, queste gomme, queste sospensioni, questi telai?

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Non c’è dubbio che anche oggi, specie sul bagnato, il “dominus” resta il pilota, con la sua capacità di prendersi alti rischi ma senza commettere l’errore che trasforma un successo in una debacle. Ma ciò non basta perché il trionfo di Rossi, l’exploit di Petrucci, il ko di Marquez ecc. hanno (anche) una spiegazione di carattere tecnico dovuta alle caratteristiche delle attuali MotoGP.

A Silverstone, Rossi guidava con passo potente ma in… scioltezza, come se la moto, super bilanciata, corresse liscia sui binari, sia in accelerazione che in staccata. Idem Petrucci, con una rimonta quasi da miracolo. Marquez, invece, era costretto a numeri acrobatici per domare la sua Honda scorbutica, fino alla catapulta del 13esimo giro. Il passo di Lorenzo era visibilmente inadeguato, con la sua M1 che quasi “puntava” in entrata di curva, spigolando in uscita: la questione della visiera viene dopo ed è secondaria.

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Perché questa differenza? La risposta sta nella “tecnica” delle odierne MotoGP in cui, oltre alle usuali regolazioni delle sospensioni e alla scelta delle gomme prima della gara (e oltre alle scelte sul motore, sui rapporti cambio-pignone- corona, sui freni, sulle appendici aerodinamiche ecc.), c’è soprattutto la possibilità da parte del pilota di intervenire anche in corsa sull’elettronica per regolamentare direttamente il “traction control”, cioè scegliere la mappatura della trazione in tempo reale, in funzione dello stato della pista, dell’usura delle gomme, del consumo carburante ecc.

La mappatura del “traction control” e la sua gestione è di grande importanza perché riguarda sostanzialmente due aspetti fondamentali: l’anti saltellamento in staccata con il freno motore e l’anti pattinamento in accelerazione con la gestione della potenza “utile” (tagliandola…) a percorrere nel minor tempo possibile e nel miglior modo possibile quell’uscita di curva in quelle determinate condizioni.

Il pilota può anche intervenire in corsa su altri fattori importanti, ad esempio “smagrendo” o “arricchendo” la miscela benzina-aria per una carburazione più o meno “grassa” in modo di poter disporre di un motore più o meno “dolce”. Torneremo presto sull’argomento. La capacità di settaggio della mappatura da parte del pilota mentre corre è quindi fondamentale per girare forte dall’inizio alla fine e rischiare di meno. Non è facile premere – senza fare danni – i vari pulsantini mentre si viaggia a 300 Kmh e si lotta con gli avversari.

A Silverstone, Rossi ha avuto (anche) questa capacità di scegliere nel modo migliore fra le 5 possibilità di regolazione del “traction control” in funzione della pista diversa durante la gara per la diversa intensità della pioggia e conseguentemente della diversa aderenza delle gomme, specie di quella posteriore. Idem Petrucci, meno Dovizioso e ancor meno Iannone, pur disponendo questi ultimi due di moto ufficiali più performanti.

E Marquez? Ha guidato – come da indole – di forza, alla … Mrquez, confidando più nella propria sensibilità che nel supporto offerto dai vari livelli di “traction control” a sua disposizione. Il risultato è noto: quando Marc ha aperto in uscita di curva, la potenza è arrivata troppo bruscamente facendogli pattinare la ruota posteriore, che, quando ha poi ripreso aderenza, lo ha sbalzato dalla sella.

La controprova dell’importanza del “traction control” viene dalla Moto3, con la metà dei piloti a terra sul bagnato, piloti veloci e coraggiosi ma “digiuni” di tecnica, forse ancora a disagio nel regolare al volo le diavolerie dell’elettronica. Anche in Moto3 il prezioso sistema elettronico Dell’Orto consente l’utilizzo di differenti livelli di mappature (in questo caso 3), ma un conto è l’uso da parte di piloti esperti e “freddi” come quelli della MotoGP e un conto e la gestione dei “giovani leoni”, agonisticamente sempre con la baionetta in canna ma ancora “acerbi” con l’uso delle mappature elettroniche.

Rossi, quindi, a Silverstone non ha vinto per fortuna: è stato capace di guidare meglio dei suoi avversari, con uno straordinario controllo mentale, districandosi alla grande anche con le lucine dei segnali sul ponte di comando della sua M1. Una dote in più. E i risultati si vedono.

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