Motociclismo in lutto. Arturo Magni, addio

E' morto Arturo Magni, uno dei personaggi leggendari del motociclismo de “I giorni del coraggio” per decenni la punta di diamante del reparto corse MV Agusta, uomo di fiducia del Conte Domenico Agusta

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 2 dic 2015
Motociclismo in lutto. Arturo Magni, addio

Se ne è andato all’età dei suoi 90 anni portati magnificamente bene, Arturo Magni, uno dei personaggi leggendari del motociclismo de “I giorni del coraggio”, valentissimo tecnico, manager, talent scout, per decenni la punta di diamante del reparto corse della MV Agusta, l’uomo di fiducia del Conte Domenico. Il motociclismo perde uno dei simboli delle corse a livello internazionale, una personalità di grande prestigio e di grande umanità, insuperabile per tenacia ed esperienza, sempre aperto, disponibile, affabile con tutti, in pista e fuori.

In un certo senso, Magni può anche essere un degno rappresentante dell’italiano che nel dopoguerra si rimbocca le maniche, sacrificando il meglio di sè all’impegno professionale, per una sfida nelle corse, simbolo della sfida – non solo sportiva – di un intero Paese. Nel reparto corse-bunker della brughiera varesina di Cascina Costa, Magni non era solo ufficialmente il “capo”, era sui circuiti di tutto il mondo il traduttore in vittorie della passione per le corse del conte Domenico Agusta, gran capitano d’industria aeronautica che aveva solo un obiettivo: il trionfo delle sue moto non accontentandosi neppure del gradino più alto del podio, ma – spesso – chiedendo alla sua squadra di fare l’en plain, primo secondo terzo.

Ventisei anni di trionfi con i piloti che hanno scritto le pagine più significative del motociclismo, 75 titoli mondiali e titoli italiani a iosa, un palmares che nessun’altro può vantare sul piano personale, come Magni, la cui passione iniziale era l’aeronautica, riparando da ragazzo, in piena guerra, motori dei nostri caccia e imparando così le finezze tecniche dell’ingegneria, dell’aerodinamica, dei materiali leggeri ecc. Quando nel 1947 la Gilera affida all’ing. aeronautico Pietro Remor la progettazione delle inedite 4 cilindri bianco-rosse Magni va con il suo capo ed entra nel reparto corse di Arcore, seguendo ancora Remor nel 1950 a Cascina Costa, alla MV Agusta, diventandone in breve il number one, fino al ritiro della Casa di Gallarate nel 1976.

Scrivevamo tempo fa su Motoblog: “Magni non era solo il “mago” sul piano tecnico ma aveva il fiuto nell’individuare il pilota vincente da portare in squadra e la capacità di gestire la squadra, specie quando i galletti diventavano due o più di due: Graham, Surtees, Hocking, Hailwood, Ubbiali, Provini, Mendogni, Shephard, Agostini, Read e Bandirola, Venturi, Grassetti, Pagani, Bergamonti, Toracca, Bonera ecc. e le decine di piloti sulle MV nelle categorie “cadette”, trionfatori di centinaia e centinaia di corse.”

Magni, lo ripetiamo, è espressione dell’italiano che si butta in silenzio nella ricostruzione del dopoguerra: spirito di sacrificio, un passo dopo l’altro, la ricerca del miglioramento costante, passione, volontà di capire, mai mollare, poche parole, sorrisi parchi anche nel trionfo, rispettando gli altri, per primo gli avversari. Per Magni i “suoi” piloti erano tutti uguali, sotto ogni profilo, ma il “suo” pilota è stato Giacomo Agostini, l’unico coccolato, l’unico che meritava una lacrimina di gioia anche da parte dell’impassibile Arturo.

In un mondo difficile e astioso come quello delle corse, Arturo Magni è stato una delle pochissime persone rispettate da tutti. Domenico Agusta, così come Enzo Ferrari, era personaggio geniale ma non facile e pretendeva da Magni – così come il Drake dall’Ing Mauro Forghieri – l’impossibile. Arturo, semplicemente, l’accontentava. Un modo come un altro per appagare il “Signor Conte” e per regalare al motociclismo mondiale il meglio di se stesso. Un sogno irripetibile. Grazie, Arturo.

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