Piloti con o senza “valigia”: Kevin Sabatucci, una storia come tante

Parecchi piloti dei campionati minori, come CIV e CEV, sono in cerca di un manubrio per il 2016. E torna in auge la storia dei piloti con la valigia

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 11 dic 2015
Piloti con o senza “valigia”: Kevin Sabatucci, una storia come tante

Solo i big del motomondiale sono già “a posto” per la stagione 2016 mentre sono ancora tanti i piloti del CIV e del CEV e di altri campionati alla ricerca di una moto e di un team. Per correre in moto – si sa – ci vogliono passione, talento, tecnica, coraggio ma ci vogliono anche montagne di soldi.

Nei decenni di corse tutto è cambiato: agli albori c’è stato il motociclismo leggendario dell’”epoca degli eroi”, poi quello dei “giorni del coraggio” e oggi quello dello show-business, a due facce: da una parte luminarie e montagne di soldi e dall’altra molte ombre, tanti rischi, molti debiti.

Se si esclude la MotoGP, dove tutti i piloti sono profumatamente pagati – alcuni con contratti faraonici – e se si escludono pochissimi altri “fortunati” in Moto2 e Moto3, sono come “mosche bianche” i drivers impegnati nei campionati nazionali (CIV) o anche internazionali (CEV) che per correre non devono metter mano al portafoglio. Per i più, o sei un pilota con la “valigia” o stai a piedi.

Una realtà ben conosciuta anche dal 16enne pilota ascolano Kevin Sabatucci che dopo la non facile stagione 2015 avara di risultati in Moto3 con il Team Sic 58 San Carlo di Paolo Simoncelli ed esserne stato… “scaricato” si trova oggi a scrivere sul proprio profilo Facebook:

“Sapete tutti quello che è successo nel 2015 ed è inutile ripeterlo, ma come tutte le sconfitte bisogna andare avanti, specialmente se si tratta di un sogno… Devo dire che sono stati in molti a cercarmi per far sì che io l’anno prossimo sia regolarmente in moto e questo mi fa piacere, però fra queste offerte, quelle più interessanti e che mi hanno reso orgoglioso sono state quella del team MTR per disputare il CIV (team vicecampione italiano 2015) e quella del team Leopard per correre nel mondiale junior (team campione del mondo moto3 2015). In entrambi i casi però devo contribuire economicamente (cifre abbordabili) e la mia famiglia non ce la fa a sostenermi come a loro piacerebbe! In questi tre anni con la SIC 58 Squadra Corse sono consapevole di aver sempre dato il massimo non avendo nulla da rimproverarmi! È vero, ho sbagliato molto, ma anche questo fa parte della crescita sportiva, però ho anche lottato spesso con i primi ottenendo podi e vittorie! Ma sono certo che ho imparato di più dagli errori che dalle vittorie e ora come ora mi sento pronto per una nuova sfida con un bel bagaglio alle spalle, convinto delle mie potenzialità! Purtroppo senza sponsor il mio sogno finisce qui e se così fosse io comunque ne esco a testa alta ma amareggiato. Siccome però io non voglio che finisca in questo modo, chiedo a chiunque abbia voglia, di aiutarmi a trovarli! So che è difficile ma ce la possiamo fare”.

Ecco, potremmo chiuderla qui. Quanti sono oggi i piloti nelle stesse condizioni di Kevin? Quasi tutti, e parliamo di centinaia di giovani – per lo più ragazzini molto al di sotto dei 18 anni – che fanno del motociclismo la propria ragione di vita. Ma oggi è davvero così diverso dal passato?

I piloti (italiani e non) accasati – cioè quelli su moto ufficiali e pagati per correre – si sono sempre contati sulle dita delle due mani. La differenza è che una volta i “primi passi” (comunque sempre sopra i 18 anni di età) nella categorie nazionali juniores erano molto meno costosi (Morini, Bianchi, MotoBi, Aermacchi ecc. erano davvero derivate di serie, spesso la moto aveva il fanale coperto dalla targa porta numero) – idem per i Trofei monomarca – e nello stesso mondiale si correva da “privat” con moto di poco costo (sia d’acquisto sia di manutenzione) con le quali addirittura puntare al podio, o comunque, con tali moto (Norton nella 500, Yamaha e Aermacchi in 250, Morbidelli e Mba in 125 ecc.) farsi … “vedere”.

Nessun pilota è nato su una Guzzi, Gilera, MV Agusta, Bonelli, Honda, Yamaha, Suzuki, Aprilia, Ducati ufficiale! Bisogna essere chiari, sgombrando il campo da facili illusioni. Sempre, le migliori moto ufficiali sono state affidate ai migliori piloti che se le sono guadagnate … in pista. Le rare eccezioni confermano la regola.

Chi scrive queste note sta (quasi) sempre dalla parte del pilota, l’artefice principale delle corse, quello che rischia. Ma il pilota (oggi per primi i genitori quando accompagnano i propri figli per i primi giri in pista) deve essere cosciente – come pare esserlo Kevin, pilota già di buon livello e ragazzo attento e intelligente – di cosa le corse comportano, sotto ogni aspetto, compreso quello economico.

Oggi, un Team competitivo – che non è una succursale delle Dame di San Vincenza ma una vera e propria azienda, con bilanci (anche economici) che devono quadrare – spende per un pilota circa 15 mila euro a gara nel CIV, (con trasferte a due passi da casa), cioè almeno 150 mila euro a stagione. Ovviamente queste cifre aumentano non di poco per il Cev e si moltiplicano per il mondiale.

Da dove far uscire questi soldi? Dal mercato, sponsor compresi, ma non solo: nel mondiale la grossa torta Dorna è divisa fra i Team grazie ai grandi introiti dei diritti televisivi. Più scendi di campionato e meno numerosi e munifici sono gli sponsor e i diritti tv scompaiono. Non sono pochi nell’ambiente gli imbonitori, i tuttologhi, chi fa delle corse un limone da spremere per propri interessi, non sempre legittimi e legali. E’ un discorso complesso, con il classico cane che si morde la coda. Ci torneremo presto.

Servono gare e campionati di primo ingresso molto meno costosi. Qualcosa si sta facendo ma è ancora poco. Poi, però, salendo, servono mezzi e strutture adeguate e piloti all’altezza: la selezione (brutale) non può che farla la pista, con i risultati. E’ il manico che fa la differenza!

E non è vero che in pista ci siano tutti “fenomeni”. Si dirà: ma c’è quel tal pilota inferiore ad altri che va avanti non per capacità ma per … appoggi, perché corre con la valigia gonfia. Sì, ma torniamo alle eccezioni. La regola è sempre la stessa: da Nuvolari e Agostini ieri, a Rossi, Lorenzo, Marquez oggi. C’è il fuoriclasse, c’è il campione, c’è il campioncino, c’è la schiappa.

Le corse non sono obbligatorie e non sono una incurabile malattia, pur se la passione incendia. Se hai la stoffa sfondi. Tutti i piloti puntano al podio, alla vittoria: vince uno solo. Ma ci sono anche gli altri, fondamentali pur se solo comprimari. Come diceva l’arguto (e sempreverde) Paolo Campanelli al number one stravincente Giacomo Agostini: “Chi saresti tu se non ci fossimo noi dietro, da battere, che valore avrebbero le tue vittorie senza di noi?”.

Ecco, Caro Kevin e cari pilotini in fieri: avanti con decisione e con umiltà, mai mollare, credere sempre e fino in fondo in ciò che fate e volete fare. Il sogno va perseguito e coltivato. Ma, parafrasando Gianni Morandi: “Uno su mille ce la fa!”.

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