La “duemmezzo”, dai primordi alla Moto3: la Guzzi “mono” per 30 anni sugli scudi. Enzo Ferrari … l’avversario
Primo capitolo della storia di moto e motori da corsa spinte da monocilindrici 250. Dagli anni ‘20 in poi, il Motomondiale dal 1949 alla Moto3 250 di oggi
Qui, più che ai piloti si fa riferimento alle moto, ai motori in particolare. Dal 1937 la Guzzi, sempre antesignana di nuove tecniche, adottò un compressore Cozette del tipo volumetrico a palette montato sopra il cambio con infrapposizione di una camera di compensazione (il famoso polmone compensatore) fra compressore e valvola di aspirazione. La moto salì di peso fino a quasi 135 Kg ma anche la potenza crebbe fino a 38 Cv a 7.800 giri con una velocità di punta di 200 Kmh. Era la prima volta che una 250 da corsa giungeva a questi limiti!
La moto stabilì numerosi record mondiali: 188 di media sui 5 Km; 180,502 nell’ora; 182,629 sui 50 Km, 141,676 sul Km da fermo; 213 Kmh sul Km lanciato ecc. La 250 sovralimentata dominò in lungo e in largo piegando le velleità dell’industria tedesca, inglese, francese, americana e lottando alla pari con l’altra grande Casa italiana, la pesarese Benelli dal 1925 forte di una superba 175 (poi 250) e di campioni quali Tonino Benelli, Baschieri, Soprani, Martelli, Alberti, Rossetti, Serafini, l’olandese Ivan Goor e l’inglese Ted Mellors, quindi Marten, Graham e Duke fino all’arrivo, dopo la guerra, del mitico Dario Ambrosini. Ma questa è un’altra storia che riprenderemo poi.
Tornando alla Guzzi, la 250 ad alimentazione normale, il famosissimo “Albatros”, fu impiegato nelle gare “minori” diventando – con la Benelli – anche la miglior moto per i corridori privati. Quando le “Aquile” di Mandello stavano volando sui circuiti ad ali spiegate, sui cieli d’Europa s’addensarono le nubi minacciose che presto porteranno altri rombi, quelli del cannone.