Motociclismo, la passione “resiste”. Nel calcio stadi vuoti e tv spente
Il Calcio è in crisi, stadi vuoti e tv spente perché considerato sport poco credibile. Cosa succede invece nel Motociclismo?
In epoche di “vacche magre” anche lo sport, motociclismo compreso, deve fare i conti con una congiuntura internazionale sfavorevole, pagandone le conseguenze sotto tutti gli aspetti. La torta economica via via si rimpicciolisce e quindi si riducono le fette da distribuire, rimanendo spesso solo le briciole. Ma non c’è solo una crisi relativa al “business” perché, forse ancora più profonda ampia e preoccupante, c’è – in Italia – una crisi della “passione sportiva”, con i fan – o semplici appassionati – che disertano i luoghi dove lo sport si svolge (in primis, gli stadi) e che spengono pure la tv.
La tendenza negativa colpisce tutti gli sport, pur se con motivazioni diverse fra loro e con diversa intensità. Lo sport più amato dagli italiani, il calcio, è l’iceberg di questa crisi, con gli stadi sempre più vuoti e con gli ascolti tv in caduta libera. Oggi su Repubblica Ilvo Diamanti fotografa la situazione: “Complessivamente, dal campionato 2012-13 a quello 2014-15 – e quindi in tre stagioni – la platea televisiva di Sky e Mediaset Premium si è ridotta del 4% medio annuo e complessivamente di 32 milioni di unità. Il declino degli ascolti non si arresta. Neppure nel campionato in corso. Prosegue, invece, e sembra perfino aumentare. Considerando le prime 25 giornate, il pubblico cala dell’11%. Cioè, oltre 25 milioni di spettatori in meno. Certo, alcuni incontri suscitano ancora grande interesse”.
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Quali i motivi di fondo di queste debacle? Scrive Diamanti: “Il declino del pubblico non dipende (sol)tanto dall’interesse, ma anche dalla credibilità – molto bassa dello spettacolo e dei suoi attori. Accostati a scandali e sospetti – sempre più frequenti. Un’idea rafforzata dai dati dell’Osservatorio di Demos- coop (settembre 2015). Il 53% dei tifosi ritiene, infatti, che il campionato, rispetto a 10 anni fa, sia maggiormente condizionato dalle scommesse, il 42%: dalla criminalità e dalla corruzione. Per contro, solo il 15% pensa che sia divenuto più credibile. Il 45%: di meno”.
E il motociclismo? Gli autodromi italiani fanno (ancora?) il pieno di sportivi (che pagano un biglietto d’ingresso salatissimo) con le due tappe del motomondiale (grazie alla MotoGP), non lo fanno più (il pieno) con il mondiale Sbk, sono completamente vuoti nelle tappe degli altri campionati, a cominciare dal pur validissimo CIV. Sulla tv, dai record di ascolti (oltre 6 milioni di telespettatori a gara) ai “bei tempi andati” su Mediaset gratis, si è passati a ben altri numeri (poco più di un milione) con Sky a pagamento. Insomma, passando dal tutto gratis al tutto a pagamento, si sono persi (molti) milioni di telespettatori. Ribadiamo quanto già scritto su Motoblog: “Sborsare soldi per servizi extra con canali dedicati è più che giusto, ma l’imposizione dell’abbonamento per il servizio “standard” della corsa in diretta, oltre che ingiusto, è un errore che si ritorce per primo contro il motomondiale e contro chi – come Sky – paga profumatamente i diritti per gestire in esclusiva il segnale”.
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La baracca del motomondiale (così come quella della F1) si regge sostanzialmente sull’audience televisiva: più gente davanti alla Tv più sponsor che investono somme pesanti, incrementando la torta da dividere fra organizzatori, team, piloti ecc. Ciò però vale anche all’incontrario: meno spettatori, meno sponsor e tariffe più basse. Perché una azienda sponsor deve oggi pagare la stessa cifra di prima quando i telespettatori sono 4 o 5 volte di meno? E se gli sponsor investono 4 o 5 volte meno, chi paga i contratti milionari di certi piloti e l’ambaradan sfavillante del paddock (hospitality, van, personale vario ecc) da mille e una notte? Gli interrogativi sono tanti e altrettante le possibili risposte.
Qui ne rilanciamo solamente una. evidentemente i 4 o 5 (anche 6) milioni di telespettatori delle stagioni precedenti erano spettatori reali davanti alla tv (gratis) ma… “virtuali” sul piano della passione per il motociclismo e per il motomondiale, prevalentemente “tifosi” di un singolo pilota. In altre parole il motociclismo non gode nel Belpaese di così tanti appassionati: quei dati “gonfiavano” una passione che c’è ed è forte in Italia ma non così estesa e non così a prova di bomba. Ciò vale anche per altri sport: quanta gente seguirebbe il ciclismo se diventasse a pagamento? Quanti italiani hanno seguito lo sci del dopo Tomba?
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Nel nostro caso, nel momento in cui si doveva metter mano al portafoglio, si è preferito passare dai virtuosismi in pista di Valentino&C alla telenovela da pennichella. Le eccezioni confermano la regola. Il motociclismo ha vissuto periodi alti e bassi e questa fase – chiamiamola di assestamento – può sfociare in una rinascita delle corse o in un ritorno allo sport di nicchia. La politica dei “pochi e buoni” non ha mai portato bene, neppure nello sport. Tanto vale, quindi, modificare oggi per migliorare ciò che resta di uno sport complesso e costoso ma unico sul piano tecnico e agonistico. Il rischio è che si voglia spremere il limone puntando tutto sul business perdendo in credibilità e passione. Così facendo, cosa rimarrà del grande motociclismo del (prossimo) dopo Rossi?