Moto3: Bulega e i “giovani leoni”, conta più la conoscenza dei circuiti o la voglia di vincere?
Nicolà Bulega ha impressionato nei test di Jerez ed ha fatto segnare tempi di grande rilievo, da prima fila virtuale di una gara iridata.
Ha destato interesse l’exploit del rookie Nicolò Bulega che nel recente test ufficiale Irta della Moto3 a Jerez ha fatto segnare tempi di grande rilievo, da prima fila virtuale di una gara iridata. Il 16enne talento dello Sky Racing Team VR46, anche nel precedente test (non ufficiale, con uno schieramento di piloti incompleto) di pochi giorni prima a Valencia, aveva destato meraviglia, segnando il miglior tempo. C’è chi grida al miracolo indicando in Nicolò il nuovo … Valentino Rossi e chi invece ne sminuisce le prestazioni perché in questi due (tosti) circuiti il nuovo talento romagnolo (di adozione) di San Clemente ci ha già corso. Allora?
I test, lo diciamo sempre, vanno presi con le molle, ma non c’è dubbio che l’exploit di Bulega in queste prove conferma il grande potenziale del rookie, con i presupposti di una stagione nel mondiale Moto3 ad altissimo livello. Nessun miracolo, ma classe e determinazione – assieme a moto e team al top – che si traducono in tempi sul giro che mettono in agitazione gli avversari, a cominciare dai compagni di squadra Romano Fenati e Andra Migno, per altro – specie l’attesissimo ventenne ascolano – molto determinati a Jerez.
La conoscenza di Jerez e di Valencia da parte di Bulega non regge con quasi tutti gli altri piloti ben più esperti e più rodati su quei tracciati. Nel mondiale Moto3 2016 ci sono piloti fortissimi e anche gli italiani sono all’altezza della sfida, puntando con Fenati, Bastiani, Antonelli &C al titolo.
A scanso di equivoci, pur convinti del valore di Bulega e del suo notevole potenziale, il tam tam mediatico deriva dal fatto che il 16enne capellone è pilota ufficiale del Team di Rossi con tutti gli annessi e connessi. Nicolò – anche per i consigli paterni di babbo Davide, persona di senno e ottimo ex pilota – sa bene che bisogna stare con i piedi per terra, che bisogna costruire la stagione passo dopo passo, con la stessa umiltà e la stessa determinazione con cui è arrivato fin qui.
Un conto sono i test, il giro secco, un conto è la qualifica di gara, soprattutto la corsa e l’intero campionato dove intervengono mille variabili, compresa la dea bendata. Certo che non conoscere i circuiti del mondiale – e Bulega ne conosce pochi – comporta un gap non da poco. Gap che, però, come dimostra la storia del motociclismo, i … fuoriclasse sono in grado di superare facendo, appunto, la differenza con gli altri.
Nicolò avrà vita molto dura ma anche gli altri dovranno spesso (presto) fare i conti con il suo talento, le sue capacità tecniche, la sua voglia di vincere nel rispetto di tutti ma senza sudditanze di nessun tipo nei confronti di nessuno. Il manico viene sempre fuori, anche alla prima prova che conta.
Un solo esempio, fra i tanti. Nel settembre 1963, al 41° GP delle Nazioni, i 100 mila spettatori accorsi per il duello decisivo del titolo mondiale 250 fra Provini (Morini) e Redman (Honda), fanno la conoscenza di un illustre sconosciuto, certo Giacomo Agostini, ragazzino bergamasco juniores da circuiti cittadini e corse in montagna, cui il Comm. Alfonso Morini dà l’opportunità di debuttare a fianco del grande Tarquinio, con la monocilindrica da Gran Premio in una gara fra i big del campionato del Mondo. Giacomo chiede consigli al proprio compagno di squadra (all’epoca il pilota italiano più carismatico) ma impara presto, con tempi in qualifica da … spavento (due cadute di Provini venerdì e sabato…), e soprattutto con un pronti-via travolgente con la fuga per i primi tre giri e il mesto rientro ai box per l’allentamento del tubo di scarico. L’anno dopo sarà Agostini a dominare il tricolore 250 e il resto è storia con i 15 titoli iridati.
E’ solo un esempio che però, al di là di tempi così diversi, può calzare a pennello per il “rookie” romagnolo. Spetta adesso a Nicolò Bulega dimostrare che nessun traguardo è impossibile.